Il Bosso (Buxus sempervirens) è un arbusto talmente noto da costituire una presenza quasi irrinunciabile in ogni giardino. E’ bello sia piantato per formare una siepe, comunemente sagomata, sia lasciato in forma libera, ma anche come pianta da vaso da esterno o in appartamento. Non ha infatti molte esigenze: predilige terreni sassosi e ghiaiosi, sia aridi che freschi, basta solo che non vi sia costipamento superficiale. Le sue foglie, piccole ed arrotondate, sono superiormente di un bel colore verde lucente; ma, sugli individui cresciuti all’aperto, durante la stagione fredda può verificarsi un cambiamento di colore anche assai appariscente: tutta o parte della chioma assume una colorazione gialla, arancio o rosso intenso. Perché avvengono queste “fluttuazioni di colore”? Partiamo dalle nozioni più semplici: sappiamo che la colorazione rossa delle foglie di diverse specie in autunno od in inverno è dovuta alla sintesi di composti fenolici (come gli antociani), oppure di pigmenti noti col nome di carotenoidi. A dire il vero, la sintesi improvvisa di carotenoidi non è molto frequente: la si deve piuttosto intendere come una risposta immediata della pianta ad una situazione di stress luminoso. Proprio studiando il comportamento del bosso, ci si è accorti che la sintesi in inverno di questi pigmenti è una risposta di “fotoinibizione”. Occorre infatti considerare che questa specie sempreverde, più di ogni altra, è diffusa a tutte le latitudini e cresce fino ai 2000 m. (la troviamo, ad esempio, anche sui Pirenei). Ciò significa che deve essere in grado di sopportare un’ampia gamma di fattori di stress, soprattutto relativamente all’intensità luminosa. Nel caso di un eccesso di luminosità in concomitanza di basse temperature (cosa che da noi può verificarsi in inverno), all’interno delle cellule i cloroplasti intrappolano una quantità di energia luminosa tale da non potere essere poi sufficientemente “consumata” dai processi fotosintetici. Vista l’impossibilità di dissipare adeguatamente l’energia accumulata dai cloroplasti, occorre mettere in funzione un meccanismo ad hoc: le foglie iniziano a produrre carotenoidi (in quantità più o meno elevata secondo la necessità) in modo da “mascherare” i cloroplasti e diminuire di conseguenza la quantità di luce intercettata. Se il bosso quindi arrossisce, sta solo difendendo le proprie foglie da un accumulo eccessivo di energia luminosa. Il fenomeno di fotoprotezione è del tutto reversibile.
M.G.Bellardi (2010). Quando il bosso arrossisce. GIARDINI, 240, 60-60.
Quando il bosso arrossisce
BELLARDI, MARIA GRAZIA
2010
Abstract
Il Bosso (Buxus sempervirens) è un arbusto talmente noto da costituire una presenza quasi irrinunciabile in ogni giardino. E’ bello sia piantato per formare una siepe, comunemente sagomata, sia lasciato in forma libera, ma anche come pianta da vaso da esterno o in appartamento. Non ha infatti molte esigenze: predilige terreni sassosi e ghiaiosi, sia aridi che freschi, basta solo che non vi sia costipamento superficiale. Le sue foglie, piccole ed arrotondate, sono superiormente di un bel colore verde lucente; ma, sugli individui cresciuti all’aperto, durante la stagione fredda può verificarsi un cambiamento di colore anche assai appariscente: tutta o parte della chioma assume una colorazione gialla, arancio o rosso intenso. Perché avvengono queste “fluttuazioni di colore”? Partiamo dalle nozioni più semplici: sappiamo che la colorazione rossa delle foglie di diverse specie in autunno od in inverno è dovuta alla sintesi di composti fenolici (come gli antociani), oppure di pigmenti noti col nome di carotenoidi. A dire il vero, la sintesi improvvisa di carotenoidi non è molto frequente: la si deve piuttosto intendere come una risposta immediata della pianta ad una situazione di stress luminoso. Proprio studiando il comportamento del bosso, ci si è accorti che la sintesi in inverno di questi pigmenti è una risposta di “fotoinibizione”. Occorre infatti considerare che questa specie sempreverde, più di ogni altra, è diffusa a tutte le latitudini e cresce fino ai 2000 m. (la troviamo, ad esempio, anche sui Pirenei). Ciò significa che deve essere in grado di sopportare un’ampia gamma di fattori di stress, soprattutto relativamente all’intensità luminosa. Nel caso di un eccesso di luminosità in concomitanza di basse temperature (cosa che da noi può verificarsi in inverno), all’interno delle cellule i cloroplasti intrappolano una quantità di energia luminosa tale da non potere essere poi sufficientemente “consumata” dai processi fotosintetici. Vista l’impossibilità di dissipare adeguatamente l’energia accumulata dai cloroplasti, occorre mettere in funzione un meccanismo ad hoc: le foglie iniziano a produrre carotenoidi (in quantità più o meno elevata secondo la necessità) in modo da “mascherare” i cloroplasti e diminuire di conseguenza la quantità di luce intercettata. Se il bosso quindi arrossisce, sta solo difendendo le proprie foglie da un accumulo eccessivo di energia luminosa. Il fenomeno di fotoprotezione è del tutto reversibile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.