In virtù delle sue eccellenti proprietà antiossidanti negli studi di laboratorio, la vitamina E (VE) è stata per lungo tempo considerata come un dei più promettenti agenti chemiopreventivi di origine naturale. Tuttavia, le evidenze epidemiologiche più recenti non confermano tale beneficio su larga scala. Inoltre, alcuni trial randomizzati su pazienti sani al momento dell’arruolamento, hanno addirittura evidenziato un rischio d’incidenza di cancro alla prostata (CP) maggiore nel gruppo d’intervento in cui la VE è stata somministrata. È noto come la VE possa indurre alcune isoforme del CYP450 (CYP’s) sia in modelli in vitro che in vivo. L’up-regulation del sistema monoosigenasico P450 dipendente è associato ad un aumento significativo di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Si è ipotizzato quindi che la VE potesse agire, in determinate condizioni, come un agente proossidante mediante l’induzione di alcune isoforme CYP’s. Somministrando VE a ratti Sprague-Dawley giornalmente per 7 o 14 giorni consecutivi ai dosaggi di 100 o 200 mg/kg p.c., è stato osservato una significativa induzione di alcuni CYP’s, a livello epatico. I livelli aumentati di ROS, di marcatori di stress ossidativo congiuntamente alla riduzione dell’attività di alcuni enzimi antiossidanti come catalasi (CAT) e NADPH:chinone reduttasi (NQ01), indicano come la VE possa compromettere l’omeostasi redox epatica. Anche a livello prostatico si osserva un incremento marcato dell’espressione genica di alcuni CYP’s, quindi dell’attività catalitica associata. L’aumento della concentrazione di ROS, in linea con marcatori di danno ossidativo proteico e lipidico, è stato infine confermato anche nella prostata. Utilizzando un modello in vitro basato sull’esposizione di cellule di prostata umana RWPE-1, è stato osservato, ancora una volta, una marcata induzione di alcuni CYP’s, incluse le isoforme responsabili dell’attivazione degli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), accompagnata da un significativo aumento di ROS. Inoltre, il pathway pro-infiammatorio COX-2-dipendente risulta incrementato, caratteristica che si osserva in diverse forme di CP. In vitro, i test di genotossicià hanno rilevato un’aumentata frequenza dei micronuclei (MN), inoltre lo studio della trasformazione cellulare mediante l’uso di cellule BALB/c 3T3 preincubate con VE e successivamente esposte a benzo[a]pirene, ha mostrato un significativo incremento della frequenza di trasformazione. Il presente studio dimostra come la VE possa, in determinate condizioni, agire come cocancerogeno tramite un meccanismo CYP-dipendente, causando un aumento della bioattivazione e dei ROS con conseguente effetto pro-infiammatorio, danno al DNA e promozione della trasformazione cellulare. Tali risultati possono contribuire a spiegare l’aumento dell’incidenza del CP in pazienti che hanno assunto VE a scopo chemiopreventivo.

Perturbazione dell’omeostasi redox, del metabolismo degli xenobiotici ed effetti cocancerogeni della vitamina E

Fabio Vivarelli;Silvia Granata;Moreno Paolini;Donatella Canistro
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2021

Abstract

In virtù delle sue eccellenti proprietà antiossidanti negli studi di laboratorio, la vitamina E (VE) è stata per lungo tempo considerata come un dei più promettenti agenti chemiopreventivi di origine naturale. Tuttavia, le evidenze epidemiologiche più recenti non confermano tale beneficio su larga scala. Inoltre, alcuni trial randomizzati su pazienti sani al momento dell’arruolamento, hanno addirittura evidenziato un rischio d’incidenza di cancro alla prostata (CP) maggiore nel gruppo d’intervento in cui la VE è stata somministrata. È noto come la VE possa indurre alcune isoforme del CYP450 (CYP’s) sia in modelli in vitro che in vivo. L’up-regulation del sistema monoosigenasico P450 dipendente è associato ad un aumento significativo di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Si è ipotizzato quindi che la VE potesse agire, in determinate condizioni, come un agente proossidante mediante l’induzione di alcune isoforme CYP’s. Somministrando VE a ratti Sprague-Dawley giornalmente per 7 o 14 giorni consecutivi ai dosaggi di 100 o 200 mg/kg p.c., è stato osservato una significativa induzione di alcuni CYP’s, a livello epatico. I livelli aumentati di ROS, di marcatori di stress ossidativo congiuntamente alla riduzione dell’attività di alcuni enzimi antiossidanti come catalasi (CAT) e NADPH:chinone reduttasi (NQ01), indicano come la VE possa compromettere l’omeostasi redox epatica. Anche a livello prostatico si osserva un incremento marcato dell’espressione genica di alcuni CYP’s, quindi dell’attività catalitica associata. L’aumento della concentrazione di ROS, in linea con marcatori di danno ossidativo proteico e lipidico, è stato infine confermato anche nella prostata. Utilizzando un modello in vitro basato sull’esposizione di cellule di prostata umana RWPE-1, è stato osservato, ancora una volta, una marcata induzione di alcuni CYP’s, incluse le isoforme responsabili dell’attivazione degli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), accompagnata da un significativo aumento di ROS. Inoltre, il pathway pro-infiammatorio COX-2-dipendente risulta incrementato, caratteristica che si osserva in diverse forme di CP. In vitro, i test di genotossicià hanno rilevato un’aumentata frequenza dei micronuclei (MN), inoltre lo studio della trasformazione cellulare mediante l’uso di cellule BALB/c 3T3 preincubate con VE e successivamente esposte a benzo[a]pirene, ha mostrato un significativo incremento della frequenza di trasformazione. Il presente studio dimostra come la VE possa, in determinate condizioni, agire come cocancerogeno tramite un meccanismo CYP-dipendente, causando un aumento della bioattivazione e dei ROS con conseguente effetto pro-infiammatorio, danno al DNA e promozione della trasformazione cellulare. Tali risultati possono contribuire a spiegare l’aumento dell’incidenza del CP in pazienti che hanno assunto VE a scopo chemiopreventivo.
2021
N/A
Fabio Vivarelli, Silvia Granata, Moreno Paolini, Donatella Canistro
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/838974
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