Gli studi su esorcismo e possessione in epoca medievale partono in genere da definizioni emiche e parafrastiche tutte interne al sistema culturale esaminato tagliandosi qualsiasi possibilità (e sollevandosi pertanto dalla responsabilità) di una comprensione da parte nostra di cosa possa essere stata l’esperienza della possessione. Questo obiettivo implica un approccio tendenzialmente comparativo e la presa in carico degli interrogativi che anche sulla possessione nel mondo cristiano e cattolico, e non soltanto sulle altre culture, le scienze umane e sociali hanno iniziato a porre da due secoli in qua. Se si abbracciasse questa prospettiva integrandola all’altra, si capirebbe quanto sia discutibile e fuorviante non tanto la contrapposizione fra possessione e sciamanesimo (lo sciamanesimo medievale non è tanto quello conosciuto in Mongolia e travisato in chiave demonologica da un Guglielmo di Rubruck bensì quello autoctono dei mistici dei sognatori e dei visionari, anche se qui purtroppo non potrò occuparmene), quanto l’idea che nel cristianesimo sia esistita di fatto soltanto la possessione come esperienza subita ossia negativa e perciò stesso diabolica. La sfida, allora, per quanto ardua sia da raccogliere poiché le testimonianze sono oltremodo reticenti su questo punto, è quella di interrogare le fonti medievali su quanto lasciano affiorare circa l’eziologia mitica della possessione ovvero sugli scarti rispetto ai modelli teologici e clericali predominanti della possessione diabolica, paradigmi a loro volta implicitamente basato sul grande mito della caduta angelica e i suoi ben noti epifenomeni demonologici, e al quale tendenzialmente i cosiddetti posseduti erano indotti a conformarsi per la forza culturale stessa che riplasmava la loro crisi di identità trasformandoli in demoniaci e quindi sottoponendoli a quel trattamento esorcistico che, a sua volta, scatenando ritualmente il parossismo della crisi, non faceva che confermare e rafforzare il paradigma esplicativo ufficiale delle possibili esperienze di incorporazione dell’Altro.

Presenza e incorporazione dell’Altro: scenari della possessione diabolica

Luigi Canetti
2021

Abstract

Gli studi su esorcismo e possessione in epoca medievale partono in genere da definizioni emiche e parafrastiche tutte interne al sistema culturale esaminato tagliandosi qualsiasi possibilità (e sollevandosi pertanto dalla responsabilità) di una comprensione da parte nostra di cosa possa essere stata l’esperienza della possessione. Questo obiettivo implica un approccio tendenzialmente comparativo e la presa in carico degli interrogativi che anche sulla possessione nel mondo cristiano e cattolico, e non soltanto sulle altre culture, le scienze umane e sociali hanno iniziato a porre da due secoli in qua. Se si abbracciasse questa prospettiva integrandola all’altra, si capirebbe quanto sia discutibile e fuorviante non tanto la contrapposizione fra possessione e sciamanesimo (lo sciamanesimo medievale non è tanto quello conosciuto in Mongolia e travisato in chiave demonologica da un Guglielmo di Rubruck bensì quello autoctono dei mistici dei sognatori e dei visionari, anche se qui purtroppo non potrò occuparmene), quanto l’idea che nel cristianesimo sia esistita di fatto soltanto la possessione come esperienza subita ossia negativa e perciò stesso diabolica. La sfida, allora, per quanto ardua sia da raccogliere poiché le testimonianze sono oltremodo reticenti su questo punto, è quella di interrogare le fonti medievali su quanto lasciano affiorare circa l’eziologia mitica della possessione ovvero sugli scarti rispetto ai modelli teologici e clericali predominanti della possessione diabolica, paradigmi a loro volta implicitamente basato sul grande mito della caduta angelica e i suoi ben noti epifenomeni demonologici, e al quale tendenzialmente i cosiddetti posseduti erano indotti a conformarsi per la forza culturale stessa che riplasmava la loro crisi di identità trasformandoli in demoniaci e quindi sottoponendoli a quel trattamento esorcistico che, a sua volta, scatenando ritualmente il parossismo della crisi, non faceva che confermare e rafforzare il paradigma esplicativo ufficiale delle possibili esperienze di incorporazione dell’Altro.
2021
Presenza-assenza. Meccanismi dell'istituzionalità nella «societas christiana» (secoli IX-XIII)
113
135
Luigi Canetti
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/837448
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact