Il saggio si propone di affrontare il rapporto tra religione e stato a partire dai due luoghi delle opere sistematiche che Hegel vi dedica: le Anmerkungen al § 270 dei Lineamenti di filosofia del diritto e al § 552 dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche (1830). Ovviamente Hegel ritorna sul tema anche nelle lezioni di tutto il periodo berlinese, evidenziando la tensione costante tra sviluppo sistematico e analisi della contingenza storica. La dislocazione stessa del tema suggerisce i due vettori argomentativi che supportano la riflessione hegeliana. Il § 270 si colloca nel passaggio dei Lineamenti in cui Hegel analizza la relazione tra stato e cittadini. Posizionare qui il tema della relazione tra stato e religione significa quindi mettere in evidenza il peso attribuibile a quest’ultima – accanto alla Bildung – in termini di fondazione soggettiva e motivazionale, ovvero nella delineazione di una corretta delineazione della Gesinnung politica: «La religione ha per suo contenuto la verità assoluta, e quindi rientra in essa anche il sommo della disposizione d’animo (Gesinnung)» (Lineamenti, § 270 Anmerkung). La Gesinnung deve plasmarsi come risposta all’azione che le istituzioni svolgono sui cittadini, all’interno di una relazione con l’intero etico nella quale il soggetto riconosce la propria realizzazione e libertà mediate «nell’interesse e nel fine di un altro (qui dello stato)» (ivi, § 268). La Gesinnung esige però un’educazione, all’interno della quale la religione – in particolar modo il momento dell’Andacht – riveste un ruolo fondamentale nell’offrire un modello per il superamento della scissione tra la soggettività del credente e l’assolutezza del suo oggetto: «Tra le forme di questa unione consapevole [unione tra l’idea assoluta di libertà è la libertà soggettiva, ndr] la religione ha il posto più alto. In essa lo spirito esistente, lo spirito mondano acquista in sé coscienza dello spirito assoluto, e in questa consapevolezza dell’essenza che è in sé e per sé la volontà dell’uomo rinuncia al suo singolo interesse: egli lo mette da parte nella devozione (Andacht), in cui non può più aver che fare col particolare» (Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di Calogero e Fatta, vol. I, pp. 120-121). Il § 552 dell’Enciclopedia, invece, costituisce il passaggio dalla sfera dello spirito oggettivo a quella dello spirito assoluto. Qui si esprime – tramite il ribaltamento della dinamica di fondamento/risultato per la quale inizialmente lo stato risulta il presupposto per lo sviluppo della «vera religione» – una dinamica che concerne il fondamento oggettivo, ontologico, che la religione offre allo stato: «Poiché la religione è la coscienza della verità assoluta, ciò che deve valere come diritto e giustizia, come dovere e legge, cioè come vero nel mondo della volontà libera, può valere solo in quanto ha parte in quella verità, è sussunta sotto di essa, e segue da essa» (Enciclopedia, § 552 Anmerkung). Lo stato, «l’incedere di Dio nel mondo» (Lineamenti, § 258 Zusatz), trova fondamento nella teologia cristiana e nel dogma dell’incarnazione in quanto costituisce la più compiuta ipostasi del farsi finito, dell’autoalienarsi, dell’assoluto. Processo nel quale l’assoluto si manifesta pienamente come spirito (cfr. Enciclopedia, § 384 Anmerkung), come realtà capace di autocoscienza e di negatività generatrice. La compresenza, intrecciata, di questo duplice ruolo fondativo (duplicità non simmetrica, in quanto il fondamento oggettivo fonda a sua volta quello motivazionale) permette ad Hegel sia di specificare in cosa consista la realtà effettiva dello stato, la sua Wirklichkeit, sia di enucleare il concetto di «vera religione»: «perché ciò che è veramente etico sia conseguenza della religione, si richiede che la religione abbia il contenuto vero, cioè l’idea di Dio saputa in essa sia la vera» (Enciclopedia, § 552 Anmerkung). Ciò viene esplicitato grazie alla dialettica di risultato/fondamento dispiegata da Hegel nella sua completezza nell’Anmerkung al § 552, dove si istituisce una relazione biunivoca, seppur gerarchicamente (da un punto di vista logico-speculativo) differenziata, tra la capacità fondativa dello stato e quella della religione: «La vera religione e vera religiosità vien fuori soltanto nell’eticità; ed è l’eticità pensante, che cioè diventa consapevole circa l’universalità libera della sua essenza concreta. Solo per mezzo di essa, e da essa, l’idea di Dio vien saputa come spirito libero: fuori dello spirito etico, è vano cercare vera religione e religiosità. Ma questa derivazione si dà insieme anche, – come dappertutto nel processo speculativo, – il significato, che ciò che dapprima è posto come consecutivo e derivato, è anzi l’assoluto “prius” di ciò per mezzo di cui sembra mediato; e qui, nello spirito, è saputo anche come la verità di questo». Solo la vera religione può fare da fondamento allo stato, ma questa, per svilupparsi, necessita, anche in forza del suo lato mondano (che, si è visto, non è in contraddizione con l’assoluto, ma suo momento dirimente), di essere ospitata e formata all’interno delle strutture di un’eticità che è «concetto della libertà divenuto mondo sussistente e natura dell’autocoscienza». (Lineamenti, § 142). Una tale relazione simbiotica, seppur differenziata, può essere colta pienamente solo dalla filosofia – «ma la determinazione essenziale sul rapporto di religione e stato si offre soltanto allorché ci si ricordi del concetto di essa» (ivi, § 270 Anmerkung, corsivo mio) – in forza del comune contenuto che le tre sfere – eticità, religione, filosofia – condividono, seppur mediante formalizzazioni differenti.

La libertà come fine di un altro. Gesinnung, stato e religione nella mediazione hegeliana di particolare e universale

Matteo Cavalleri
2020

Abstract

Il saggio si propone di affrontare il rapporto tra religione e stato a partire dai due luoghi delle opere sistematiche che Hegel vi dedica: le Anmerkungen al § 270 dei Lineamenti di filosofia del diritto e al § 552 dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche (1830). Ovviamente Hegel ritorna sul tema anche nelle lezioni di tutto il periodo berlinese, evidenziando la tensione costante tra sviluppo sistematico e analisi della contingenza storica. La dislocazione stessa del tema suggerisce i due vettori argomentativi che supportano la riflessione hegeliana. Il § 270 si colloca nel passaggio dei Lineamenti in cui Hegel analizza la relazione tra stato e cittadini. Posizionare qui il tema della relazione tra stato e religione significa quindi mettere in evidenza il peso attribuibile a quest’ultima – accanto alla Bildung – in termini di fondazione soggettiva e motivazionale, ovvero nella delineazione di una corretta delineazione della Gesinnung politica: «La religione ha per suo contenuto la verità assoluta, e quindi rientra in essa anche il sommo della disposizione d’animo (Gesinnung)» (Lineamenti, § 270 Anmerkung). La Gesinnung deve plasmarsi come risposta all’azione che le istituzioni svolgono sui cittadini, all’interno di una relazione con l’intero etico nella quale il soggetto riconosce la propria realizzazione e libertà mediate «nell’interesse e nel fine di un altro (qui dello stato)» (ivi, § 268). La Gesinnung esige però un’educazione, all’interno della quale la religione – in particolar modo il momento dell’Andacht – riveste un ruolo fondamentale nell’offrire un modello per il superamento della scissione tra la soggettività del credente e l’assolutezza del suo oggetto: «Tra le forme di questa unione consapevole [unione tra l’idea assoluta di libertà è la libertà soggettiva, ndr] la religione ha il posto più alto. In essa lo spirito esistente, lo spirito mondano acquista in sé coscienza dello spirito assoluto, e in questa consapevolezza dell’essenza che è in sé e per sé la volontà dell’uomo rinuncia al suo singolo interesse: egli lo mette da parte nella devozione (Andacht), in cui non può più aver che fare col particolare» (Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di Calogero e Fatta, vol. I, pp. 120-121). Il § 552 dell’Enciclopedia, invece, costituisce il passaggio dalla sfera dello spirito oggettivo a quella dello spirito assoluto. Qui si esprime – tramite il ribaltamento della dinamica di fondamento/risultato per la quale inizialmente lo stato risulta il presupposto per lo sviluppo della «vera religione» – una dinamica che concerne il fondamento oggettivo, ontologico, che la religione offre allo stato: «Poiché la religione è la coscienza della verità assoluta, ciò che deve valere come diritto e giustizia, come dovere e legge, cioè come vero nel mondo della volontà libera, può valere solo in quanto ha parte in quella verità, è sussunta sotto di essa, e segue da essa» (Enciclopedia, § 552 Anmerkung). Lo stato, «l’incedere di Dio nel mondo» (Lineamenti, § 258 Zusatz), trova fondamento nella teologia cristiana e nel dogma dell’incarnazione in quanto costituisce la più compiuta ipostasi del farsi finito, dell’autoalienarsi, dell’assoluto. Processo nel quale l’assoluto si manifesta pienamente come spirito (cfr. Enciclopedia, § 384 Anmerkung), come realtà capace di autocoscienza e di negatività generatrice. La compresenza, intrecciata, di questo duplice ruolo fondativo (duplicità non simmetrica, in quanto il fondamento oggettivo fonda a sua volta quello motivazionale) permette ad Hegel sia di specificare in cosa consista la realtà effettiva dello stato, la sua Wirklichkeit, sia di enucleare il concetto di «vera religione»: «perché ciò che è veramente etico sia conseguenza della religione, si richiede che la religione abbia il contenuto vero, cioè l’idea di Dio saputa in essa sia la vera» (Enciclopedia, § 552 Anmerkung). Ciò viene esplicitato grazie alla dialettica di risultato/fondamento dispiegata da Hegel nella sua completezza nell’Anmerkung al § 552, dove si istituisce una relazione biunivoca, seppur gerarchicamente (da un punto di vista logico-speculativo) differenziata, tra la capacità fondativa dello stato e quella della religione: «La vera religione e vera religiosità vien fuori soltanto nell’eticità; ed è l’eticità pensante, che cioè diventa consapevole circa l’universalità libera della sua essenza concreta. Solo per mezzo di essa, e da essa, l’idea di Dio vien saputa come spirito libero: fuori dello spirito etico, è vano cercare vera religione e religiosità. Ma questa derivazione si dà insieme anche, – come dappertutto nel processo speculativo, – il significato, che ciò che dapprima è posto come consecutivo e derivato, è anzi l’assoluto “prius” di ciò per mezzo di cui sembra mediato; e qui, nello spirito, è saputo anche come la verità di questo». Solo la vera religione può fare da fondamento allo stato, ma questa, per svilupparsi, necessita, anche in forza del suo lato mondano (che, si è visto, non è in contraddizione con l’assoluto, ma suo momento dirimente), di essere ospitata e formata all’interno delle strutture di un’eticità che è «concetto della libertà divenuto mondo sussistente e natura dell’autocoscienza». (Lineamenti, § 142). Una tale relazione simbiotica, seppur differenziata, può essere colta pienamente solo dalla filosofia – «ma la determinazione essenziale sul rapporto di religione e stato si offre soltanto allorché ci si ricordi del concetto di essa» (ivi, § 270 Anmerkung, corsivo mio) – in forza del comune contenuto che le tre sfere – eticità, religione, filosofia – condividono, seppur mediante formalizzazioni differenti.
2020
Filosofia e critica del dominio. Studi in onore di Leonardo Samonà
67
80
Matteo Cavalleri
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