Alcuni anni fa proponevamo una lettura di Brian Harley, uno dei primi autori che abbiano lavorato a uno statuto disciplinare della storia della cartografia al di fuori di una visione positivista (Ferretti, 2007a). Dopo aver applicato alla cartografia di età moderna gli strumenti critici del post-strutturalismo mutuati dalla sociologia dei saperi di Michel Foucault e dal decostruzionismo di Jacques Derrida, il suo lavoro è entrato nel più generale dibattito sulle «postmodern geographies» . La successiva critica dei Sistemi Informativi Geografici (GIS), ispirata da Harley e da John Pickles, ha dato origine a un ambito di ricerca poi definito Critical GIS, affrontato in un lavoro successivo (Ferretti, 2007b). Nel frattempo i contributi su queste problematiche hanno continuato a uscire con una sorprendente vivacità, soprattutto nelle riviste anglofone. Questa letteratura forma ormai un corpus di oltre un centinaio di articoli e opere collettive inerenti al dibattito sul GIS e alle nuove tecnologie – un materiale che è auspicabile sia trattato più approfonditamente da tesi o monografie specifiche. Negli ultimi anni l’avvento del GIS qualitativo, del GIS partecipativo, del GIS di genere, sembra avere ristretto il fossato che aveva diviso i «geografi critici» dai «tecnici»: fra i primi hanno giocato fin dall’inizio un ruolo centrale le geografe femministe e, in tempi più recenti, anche alcuni queer geographers sono intervenuti nel dibattito su posizioni simili. Fino a che punto la querelle fra pratica del GIS e geografia critica si può considerare risolta? E all’interno di questa recente letteratura, qual è l’apporto della geografia femminista e della queer theory al dibattito epistemologico sulle nuove tecnologie e sul problema della rappresentazione?

Conflitti epistemologici nella rappresentazione dello spazio

Federico Ferretti
2011

Abstract

Alcuni anni fa proponevamo una lettura di Brian Harley, uno dei primi autori che abbiano lavorato a uno statuto disciplinare della storia della cartografia al di fuori di una visione positivista (Ferretti, 2007a). Dopo aver applicato alla cartografia di età moderna gli strumenti critici del post-strutturalismo mutuati dalla sociologia dei saperi di Michel Foucault e dal decostruzionismo di Jacques Derrida, il suo lavoro è entrato nel più generale dibattito sulle «postmodern geographies» . La successiva critica dei Sistemi Informativi Geografici (GIS), ispirata da Harley e da John Pickles, ha dato origine a un ambito di ricerca poi definito Critical GIS, affrontato in un lavoro successivo (Ferretti, 2007b). Nel frattempo i contributi su queste problematiche hanno continuato a uscire con una sorprendente vivacità, soprattutto nelle riviste anglofone. Questa letteratura forma ormai un corpus di oltre un centinaio di articoli e opere collettive inerenti al dibattito sul GIS e alle nuove tecnologie – un materiale che è auspicabile sia trattato più approfonditamente da tesi o monografie specifiche. Negli ultimi anni l’avvento del GIS qualitativo, del GIS partecipativo, del GIS di genere, sembra avere ristretto il fossato che aveva diviso i «geografi critici» dai «tecnici»: fra i primi hanno giocato fin dall’inizio un ruolo centrale le geografe femministe e, in tempi più recenti, anche alcuni queer geographers sono intervenuti nel dibattito su posizioni simili. Fino a che punto la querelle fra pratica del GIS e geografia critica si può considerare risolta? E all’interno di questa recente letteratura, qual è l’apporto della geografia femminista e della queer theory al dibattito epistemologico sulle nuove tecnologie e sul problema della rappresentazione?
2011
Federico Ferretti
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