“É camminando che l’uomo ha iniziato a costruire il paesaggio che lo circondava […] Da questa semplice azione si sono sviluppate le più importanti relazioni che l’uomo intesse con il territorio.” Con queste parole, Francesco Careri nel suo “Walkscapes. Camminare come pratica estetica”, individua al meglio l’importanza del cammino nella storia dell’uomo. Dalle erranze di caccia alle vie del commercio, dai pellegrinaggi alla transumanza, sono queste le azioni principali che hanno portato allo sviluppo e alle trasformazioni dei nostri territori. È lungo queste arterie che si sono sviluppate le nostre città e la nostra storia, ed è proprio partendo da questi percorsi che nel 2016 il Ministero dei Beni Culturali ha individuato i “Cammini d’Italia”, un elenco di itinerari che, ripercorrendo le antiche vie di comunicazione e di pellegrinaggio, porta alla riscoperta del territorio, lontano dalle mete tradizionali, incentivando un turismo più consapevole e sostenibile. I Cammini attraversano boschi e parchi nazionali, paesaggi di campagna, costeggiano laghi e fiumi, e raggiungono santuari, abbazie, castelli e piccoli borghi. Questi itinerari diventano un’occasione di promozione soprattutto per i territori dei “Piccoli comuni”, depositari di un patrimonio artistico e culturale ad oggi ancora troppo poco conosciuto. Si definiscono “Piccoli Comuni” quelli con una popolazione pari o inferiore ai 5000 abitanti, che ad oggi sono 5498, rappresentando il 69,5% del totale. La Valle d’Aosta è la regione con maggiore incidenza (73 su 74 comuni), mentre il Piemonte ne conta il maggior numero: 1.045 piccoli comuni (su 1.181), l’88,5% del totale. Molti di questi comuni conservano ancora l’integrità del tessuto urbano originario e presentano qualità artistico-storiche del patrimonio edilizio pubblico e privato. Il 31,1 % dei luoghi della cultura di proprietà dello stato si trova proprio all’interno dei territori dei piccoli comuni. È quindi dalla stretta relazione fra i quasi 30000 km di cammini e questi territori che può svilupparsi un nuovo modo di scoprire e valorizzare il paesaggio urbano e naturale del nostro Paese, condizioni fondamentali per ripopolare questi territori con adeguate strutture e servizi che potrebbero aiutare ad invertire una tendenza che ormai continua da molti anni, quella relativa al progressivo abbandono di queste zone. I piccoli comuni stanno andando incontro a un progressivo spopolamento. La maggior parte di questi territori, il 72,9% secondo stime dell’Anci, Associazione Nazionale Comuni, è in contrazione demografica. Nei comuni al di sotto dei 5000 abitanti vivono circa dieci milioni di italiani, il 17% dell’intera popolazione. I comuni della fascia media tra i 1000-3000 abitanti, sono quelli che concentrano la maggior parte della popolazione. Gli stessi hanno registrato negli ultimi cinque anni il calo demografico più evidente (-4%), seguiti dai centri tra i 3000-5000 abitanti (-2,4%) e infine dai più piccoli al di sotto dei 1000, sorprendentemente più stabili (-0,7%). La media generale del 3%, come si è già detto, corrisponde a 300 mila residenti in meno dovuti sia ai trasferimenti verso le grandi città sia da un rapporto negativo fra nascite e morti. L’ANCI, nel suo “Atlante dei Piccoli Comuni” suddivide i comuni in tre fasce in base alla variazione demografica: Piccoli Comuni dell’ “Esodo”, quelli con variazione demografica negativa (< dello 0%); Piccoli Comuni “Stazionari”, quelli con variazione demografica positiva e inferiore alla variazione demografica nazionale (0%-1,77%); Piccoli Comuni del “Controesodo”, quelli con variazione demografica maggiore dell’incremento demografico nazionale (> di 1,77%). I comuni del “controesodo” rappresentano il 17,5% del totale, e sono prevalentemente nella classe demografica compresa tra 3.001 e 5.000 abitanti, si concentrano prevalentemente in collina litoranea o in pianura, nonché fuori dal perimetro delle aree interne del Paese. Mentre i comuni in “esodo” sono in tutto 4008, il 72.9 % del totale. Questi si concentrano principalmente nelle zone interne, in particolare in montagna (41%), ma sono molto diffusi anche a bassa quota nella collina interna (35%), in questo caso specialmente nel Mezzogiorno. Una quota consistente è però presente perfino in pianura (16%). Se ne contano di meno, invece, lungo le coste, sia in collina (7%) che in montagna (1,7%). Mentre non ci sono grandi differenze tra il nord e il sud Italia sembra essere un problema trasversale. Anzi, le prime due regioni per numero di piccoli comuni in via di spopolamento sono il Piemonte (762) e la Lombardia (600) seguite a notevole distanza da Campania (276), Sardegna (262), Calabria (253) e così via. Lo spopolamento di questi paesi porta da un lato alla scomparsa di intere comunità, con il loro patrimonio di costumi e antiche tradizioni, dall’altro rischia di portare ad un impoverimento del paesaggio e alla scomparsa di un patrimonio artistico e culturale di inestimabile valore.

Cammini d'Italia

Matteo Agnoletto
2020

Abstract

“É camminando che l’uomo ha iniziato a costruire il paesaggio che lo circondava […] Da questa semplice azione si sono sviluppate le più importanti relazioni che l’uomo intesse con il territorio.” Con queste parole, Francesco Careri nel suo “Walkscapes. Camminare come pratica estetica”, individua al meglio l’importanza del cammino nella storia dell’uomo. Dalle erranze di caccia alle vie del commercio, dai pellegrinaggi alla transumanza, sono queste le azioni principali che hanno portato allo sviluppo e alle trasformazioni dei nostri territori. È lungo queste arterie che si sono sviluppate le nostre città e la nostra storia, ed è proprio partendo da questi percorsi che nel 2016 il Ministero dei Beni Culturali ha individuato i “Cammini d’Italia”, un elenco di itinerari che, ripercorrendo le antiche vie di comunicazione e di pellegrinaggio, porta alla riscoperta del territorio, lontano dalle mete tradizionali, incentivando un turismo più consapevole e sostenibile. I Cammini attraversano boschi e parchi nazionali, paesaggi di campagna, costeggiano laghi e fiumi, e raggiungono santuari, abbazie, castelli e piccoli borghi. Questi itinerari diventano un’occasione di promozione soprattutto per i territori dei “Piccoli comuni”, depositari di un patrimonio artistico e culturale ad oggi ancora troppo poco conosciuto. Si definiscono “Piccoli Comuni” quelli con una popolazione pari o inferiore ai 5000 abitanti, che ad oggi sono 5498, rappresentando il 69,5% del totale. La Valle d’Aosta è la regione con maggiore incidenza (73 su 74 comuni), mentre il Piemonte ne conta il maggior numero: 1.045 piccoli comuni (su 1.181), l’88,5% del totale. Molti di questi comuni conservano ancora l’integrità del tessuto urbano originario e presentano qualità artistico-storiche del patrimonio edilizio pubblico e privato. Il 31,1 % dei luoghi della cultura di proprietà dello stato si trova proprio all’interno dei territori dei piccoli comuni. È quindi dalla stretta relazione fra i quasi 30000 km di cammini e questi territori che può svilupparsi un nuovo modo di scoprire e valorizzare il paesaggio urbano e naturale del nostro Paese, condizioni fondamentali per ripopolare questi territori con adeguate strutture e servizi che potrebbero aiutare ad invertire una tendenza che ormai continua da molti anni, quella relativa al progressivo abbandono di queste zone. I piccoli comuni stanno andando incontro a un progressivo spopolamento. La maggior parte di questi territori, il 72,9% secondo stime dell’Anci, Associazione Nazionale Comuni, è in contrazione demografica. Nei comuni al di sotto dei 5000 abitanti vivono circa dieci milioni di italiani, il 17% dell’intera popolazione. I comuni della fascia media tra i 1000-3000 abitanti, sono quelli che concentrano la maggior parte della popolazione. Gli stessi hanno registrato negli ultimi cinque anni il calo demografico più evidente (-4%), seguiti dai centri tra i 3000-5000 abitanti (-2,4%) e infine dai più piccoli al di sotto dei 1000, sorprendentemente più stabili (-0,7%). La media generale del 3%, come si è già detto, corrisponde a 300 mila residenti in meno dovuti sia ai trasferimenti verso le grandi città sia da un rapporto negativo fra nascite e morti. L’ANCI, nel suo “Atlante dei Piccoli Comuni” suddivide i comuni in tre fasce in base alla variazione demografica: Piccoli Comuni dell’ “Esodo”, quelli con variazione demografica negativa (< dello 0%); Piccoli Comuni “Stazionari”, quelli con variazione demografica positiva e inferiore alla variazione demografica nazionale (0%-1,77%); Piccoli Comuni del “Controesodo”, quelli con variazione demografica maggiore dell’incremento demografico nazionale (> di 1,77%). I comuni del “controesodo” rappresentano il 17,5% del totale, e sono prevalentemente nella classe demografica compresa tra 3.001 e 5.000 abitanti, si concentrano prevalentemente in collina litoranea o in pianura, nonché fuori dal perimetro delle aree interne del Paese. Mentre i comuni in “esodo” sono in tutto 4008, il 72.9 % del totale. Questi si concentrano principalmente nelle zone interne, in particolare in montagna (41%), ma sono molto diffusi anche a bassa quota nella collina interna (35%), in questo caso specialmente nel Mezzogiorno. Una quota consistente è però presente perfino in pianura (16%). Se ne contano di meno, invece, lungo le coste, sia in collina (7%) che in montagna (1,7%). Mentre non ci sono grandi differenze tra il nord e il sud Italia sembra essere un problema trasversale. Anzi, le prime due regioni per numero di piccoli comuni in via di spopolamento sono il Piemonte (762) e la Lombardia (600) seguite a notevole distanza da Campania (276), Sardegna (262), Calabria (253) e così via. Lo spopolamento di questi paesi porta da un lato alla scomparsa di intere comunità, con il loro patrimonio di costumi e antiche tradizioni, dall’altro rischia di portare ad un impoverimento del paesaggio e alla scomparsa di un patrimonio artistico e culturale di inestimabile valore.
2020
Matteo Agnoletto
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