La Postfazione confronta la metodologia seguita dal Gruppo di Lavoro coordinato da Sarrazac ai criteri della storiografia teatrale e all'influente modello costituito dalla Teoria del dramma moderno di Peter Szondi. Mantre la storiografia teatrale tematizza i mutamenti intervenuti al livello delle pratiche sceniche, le voci del Lessico e, prima e dopo queste, anche la produzione saggistica di Sarrazac da L’Avenir du Drame (1981) alla Poétique due drame moderne (2012), affrontano soprattutto le dinamiche interne alla scrittura drammatica. E cioè analizzano le spinte endogene che portano il dramma a rigenerarsi sulla base della propria processualità specifica, restando in rapporto di sostanziale autonomia e indipendenza rispetto alle spinte esogene che provengono dalle manifestazioni del rinnovamento teatrale come la regia, le avanguardie, le tendenze, i gruppi, la svolta tecnologica eccetera. Più stretti i legami del Lessico con la Teoria del dramma moderno di Peter Szondi. Numerose le analogie che connettono storicamente i due studi: l’uno nella posizione dell’iniziatore, l’altra in quella del prosecutore critico. Entrambi privilegiano le spinte endogene della composizione drammatica rispetto a quelle esogene. Entrambi attribuiscono la crisi del dramma alle conflittualità fra la forma drammatica e le tematiche epiche, che incrinano le originarie corrispondenze della prima col concetto di ‘dramma assoluto’. Entrambi ricavano le dinamiche rigenerate della drammaturgia testuale dalle infrazioni condotte dai drammaturghi innovatori nei riguardi di tale modello. Entrambi approfondiscono analiticamente le crisi, le svolte e le invenzioni delle forme drammatiche, inquadrandole all’interno d’un orizzonte culturale dominato dal testo letterario, sicché è ancora una volta il linguaggio verbale – e non il teatro – che applica e rinnova, adatta e radicalizza le caratteristiche emerse dalla dissoluzione della letteratura drammatica di genere. Su questo tappeto di capillari condivisioni, Sarrazac e il Gruppo di Ricerca impostano, però, sostanziali varianti che, pur conservando i paradigmi analitici coniati dallo studioso ungherese, definiscono una storiografia delle poetiche drammatiche originale e largamente autonoma. Szondi, ligio alla forma mentis dialettica del materialismo storico, individua nella disgregazione del concetto di dramma ad opera di Ibsen, Čechov, Strindberg, Maeterlinck e Hauptmann, la necessaria premessa di drammaturgie radicalmente nuove in cui «i contenuti con funzione formale precipitano definitivamente in forma, e spezzano così la forma antica». Tutto all’opposto, gli autori del Lessico si guardano bene dal considerare le grandi drammaturgie della crisi come esempi restati a metà strada fra Antico e Nuovo. Per loro, le invenzioni che, in Ibsen, sostituiscono al predominio del presente quello del passato, in Čechov, disseminano i dialoghi di considerazioni monologiche, in Maeterlinck, dissolvono i sostrati narrativi dell’azione e, in Strindberg, affermano la soggettività dell’autore a discapito dei rapporti intersoggettivi fra i personaggi, non preparano il nuovo, ma lo sono. Mentre la Teoria del dramma moderno vede in questi primi artisti riformatori gli artefici d’una messa in crisi del concetto di dramma, alla quale sarebbero seguite ulteriori fasi di compromesso («i tentativi di salvataggio») e sintesi («i tentativi di soluzione»), il Lessico equipara le drammaturgie della crisi ad una linea di confine oltre la quale la composizione dei testi reagisce a modalità e dinamiche radicalmente mutate.

Ripensare Sarrazac

Guccini Gerardo
2020

Abstract

La Postfazione confronta la metodologia seguita dal Gruppo di Lavoro coordinato da Sarrazac ai criteri della storiografia teatrale e all'influente modello costituito dalla Teoria del dramma moderno di Peter Szondi. Mantre la storiografia teatrale tematizza i mutamenti intervenuti al livello delle pratiche sceniche, le voci del Lessico e, prima e dopo queste, anche la produzione saggistica di Sarrazac da L’Avenir du Drame (1981) alla Poétique due drame moderne (2012), affrontano soprattutto le dinamiche interne alla scrittura drammatica. E cioè analizzano le spinte endogene che portano il dramma a rigenerarsi sulla base della propria processualità specifica, restando in rapporto di sostanziale autonomia e indipendenza rispetto alle spinte esogene che provengono dalle manifestazioni del rinnovamento teatrale come la regia, le avanguardie, le tendenze, i gruppi, la svolta tecnologica eccetera. Più stretti i legami del Lessico con la Teoria del dramma moderno di Peter Szondi. Numerose le analogie che connettono storicamente i due studi: l’uno nella posizione dell’iniziatore, l’altra in quella del prosecutore critico. Entrambi privilegiano le spinte endogene della composizione drammatica rispetto a quelle esogene. Entrambi attribuiscono la crisi del dramma alle conflittualità fra la forma drammatica e le tematiche epiche, che incrinano le originarie corrispondenze della prima col concetto di ‘dramma assoluto’. Entrambi ricavano le dinamiche rigenerate della drammaturgia testuale dalle infrazioni condotte dai drammaturghi innovatori nei riguardi di tale modello. Entrambi approfondiscono analiticamente le crisi, le svolte e le invenzioni delle forme drammatiche, inquadrandole all’interno d’un orizzonte culturale dominato dal testo letterario, sicché è ancora una volta il linguaggio verbale – e non il teatro – che applica e rinnova, adatta e radicalizza le caratteristiche emerse dalla dissoluzione della letteratura drammatica di genere. Su questo tappeto di capillari condivisioni, Sarrazac e il Gruppo di Ricerca impostano, però, sostanziali varianti che, pur conservando i paradigmi analitici coniati dallo studioso ungherese, definiscono una storiografia delle poetiche drammatiche originale e largamente autonoma. Szondi, ligio alla forma mentis dialettica del materialismo storico, individua nella disgregazione del concetto di dramma ad opera di Ibsen, Čechov, Strindberg, Maeterlinck e Hauptmann, la necessaria premessa di drammaturgie radicalmente nuove in cui «i contenuti con funzione formale precipitano definitivamente in forma, e spezzano così la forma antica». Tutto all’opposto, gli autori del Lessico si guardano bene dal considerare le grandi drammaturgie della crisi come esempi restati a metà strada fra Antico e Nuovo. Per loro, le invenzioni che, in Ibsen, sostituiscono al predominio del presente quello del passato, in Čechov, disseminano i dialoghi di considerazioni monologiche, in Maeterlinck, dissolvono i sostrati narrativi dell’azione e, in Strindberg, affermano la soggettività dell’autore a discapito dei rapporti intersoggettivi fra i personaggi, non preparano il nuovo, ma lo sono. Mentre la Teoria del dramma moderno vede in questi primi artisti riformatori gli artefici d’una messa in crisi del concetto di dramma, alla quale sarebbero seguite ulteriori fasi di compromesso («i tentativi di salvataggio») e sintesi («i tentativi di soluzione»), il Lessico equipara le drammaturgie della crisi ad una linea di confine oltre la quale la composizione dei testi reagisce a modalità e dinamiche radicalmente mutate.
2020
Lessico del dramma moderno e contemporaneo
167
183
Guccini Gerardo
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/802882
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact