L’articolo indaga l’evoluzione dei raccordi tra Stato e Regioni nell’ordinamento costituzionale. Misconosciute dalla separazione ortogonale dei livelli di governo accolta dal Titolo V del 1948, le prime forme di collaborazione (istituite contestualmente al “disgelo regionale”) hanno operato in ambiti settoriali per favorire l’attuazione amministrativa, da parte delle Regioni, delle politiche decise dal centro. Con l’emergere di una cultura autonomista, sono progressivamente affiorati i primi tentativi di configurare i raccordi tra Stato e Regioni in sedi generali e permanenti di coordinamento (il sistema delle conferenze), in grado di innestare le autonomie territoriali nelle scelte di indirizzo politico. La contradditoria riforma del Titolo V della Costituzione, pur avallando una generale valorizzazione dell’autonomia, aggrava l’assetto duale dell’organizzazione regionale. La mancata costituzionalizzazione dei raccordi e, più in generale, l’assenza di adeguati meccanismi di rappresentazione degli interessi territoriali hanno portato alla esplosione della conflittualità tra Stato e Regioni, scaricando sul Giudice delle leggi il compito di trovare il punto di equilibrio degli interessi in gioco. La giurisprudenza costituzionale ha dato origine a una casistica creativa e oscillante, non sempre coerente e lineare nei suoi esiti. Peraltro, alla valorizzazione giurisprudenziale delle attuali sedi di raccordo fanno da contraltare i difetti che queste presentano in termini di efficacia e trasparenza dei meccanismi decisionali, oltre che di adeguata rappresentazione degli interessi territoriali. Simile impressione trova conferma nella problematica gestione dell’emergenza sanitaria: a fronte di un accentramento (costituzionalmente necessitato) delle competenze, che ha indotto il Governo centrale ad agire secondo moduli gerarchici, si è assistito alla fuga dal sistema delle conferenze, alla valorizzazione delle sedi interregionali di raccordo (la Conferenza delle Regioni e il suo Presidente) e della concertazione con la singola Regione interessata. Stretto tra l’adminisrative regionalism degli esordi e il judicial regionalism successivo alla riforma del Titolo V, l’assetto attuale dei raccordi sconta l’incompleta realizzazione di un political regionalism, che affidi a sedi politiche la rappresentazione degli interessi territoriali in vista dell’esercizio di una funzione di governo e dell’assunzione di decisioni politiche unitarie. In conclusione, sono proposti correttivi istituzionali coerenti con tali assunti e con la generale funzione unificante dei raccordi (clausola di supremazia, costituzionalizzazione di un organo di rappresentazione delle istanze territoriali).

Caruso, C. (2021). Cooperare per unire. I raccordi tra Stato e Regioni come metafora del regionalismo incompiuto. GRUPPO DI PISA, 1, 283-316.

Cooperare per unire. I raccordi tra Stato e Regioni come metafora del regionalismo incompiuto

Caruso, Corrado
2021

Abstract

L’articolo indaga l’evoluzione dei raccordi tra Stato e Regioni nell’ordinamento costituzionale. Misconosciute dalla separazione ortogonale dei livelli di governo accolta dal Titolo V del 1948, le prime forme di collaborazione (istituite contestualmente al “disgelo regionale”) hanno operato in ambiti settoriali per favorire l’attuazione amministrativa, da parte delle Regioni, delle politiche decise dal centro. Con l’emergere di una cultura autonomista, sono progressivamente affiorati i primi tentativi di configurare i raccordi tra Stato e Regioni in sedi generali e permanenti di coordinamento (il sistema delle conferenze), in grado di innestare le autonomie territoriali nelle scelte di indirizzo politico. La contradditoria riforma del Titolo V della Costituzione, pur avallando una generale valorizzazione dell’autonomia, aggrava l’assetto duale dell’organizzazione regionale. La mancata costituzionalizzazione dei raccordi e, più in generale, l’assenza di adeguati meccanismi di rappresentazione degli interessi territoriali hanno portato alla esplosione della conflittualità tra Stato e Regioni, scaricando sul Giudice delle leggi il compito di trovare il punto di equilibrio degli interessi in gioco. La giurisprudenza costituzionale ha dato origine a una casistica creativa e oscillante, non sempre coerente e lineare nei suoi esiti. Peraltro, alla valorizzazione giurisprudenziale delle attuali sedi di raccordo fanno da contraltare i difetti che queste presentano in termini di efficacia e trasparenza dei meccanismi decisionali, oltre che di adeguata rappresentazione degli interessi territoriali. Simile impressione trova conferma nella problematica gestione dell’emergenza sanitaria: a fronte di un accentramento (costituzionalmente necessitato) delle competenze, che ha indotto il Governo centrale ad agire secondo moduli gerarchici, si è assistito alla fuga dal sistema delle conferenze, alla valorizzazione delle sedi interregionali di raccordo (la Conferenza delle Regioni e il suo Presidente) e della concertazione con la singola Regione interessata. Stretto tra l’adminisrative regionalism degli esordi e il judicial regionalism successivo alla riforma del Titolo V, l’assetto attuale dei raccordi sconta l’incompleta realizzazione di un political regionalism, che affidi a sedi politiche la rappresentazione degli interessi territoriali in vista dell’esercizio di una funzione di governo e dell’assunzione di decisioni politiche unitarie. In conclusione, sono proposti correttivi istituzionali coerenti con tali assunti e con la generale funzione unificante dei raccordi (clausola di supremazia, costituzionalizzazione di un organo di rappresentazione delle istanze territoriali).
2021
Caruso, C. (2021). Cooperare per unire. I raccordi tra Stato e Regioni come metafora del regionalismo incompiuto. GRUPPO DI PISA, 1, 283-316.
Caruso, Corrado
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