Ci sono eventi di cronaca, anche particolarmente inquietanti, che, dopo il clamore suscitato dalla loro diffusione mediatica, scivolano lentamente nell’ombra, dove tornano ad annidarsi in una sorta di oblio collettivo. Questo sicuramente è il caso del manicomio istituito dalla dittatura dei colonnelli nell’isola greca di Leros: per anni luogo di deportazione, nell’abbrutimento più degradante, di numerosi malati di mente e di oppositori politici del regime, venuto alla ribalta della cronaca internazionale solo nel 1989. In questa «isola dei matti» – come il manicomio di Leros è noto all’opinione internazionale – Simona Vinci ha ambientato nel 2016 La prima verità. Inglobando la cronaca in una cornice romanzesca, è riuscita a evitare accuratamente l’ordine discorsivo della denuncia, per affidarsi, viceversa, al valore evocativo della molteplicità di ombre ancora impresse nell’isola di Leros: nella consapevolezza che, se nessuna luce potrà mai dissiparle del tutto, ci si può affidare solo all’intermittenza degli strappi che, di volta in volta, le sottraggono temporaneamente all’oscurità.
Vanessa PIetrantonio (2020). L'arazzo della follia. Strappi e ricuciture nella Prima verità di Simona Vinci. IL VERRI, 73, 138-148.
L'arazzo della follia. Strappi e ricuciture nella Prima verità di Simona Vinci.
Vanessa PIetrantonio
2020
Abstract
Ci sono eventi di cronaca, anche particolarmente inquietanti, che, dopo il clamore suscitato dalla loro diffusione mediatica, scivolano lentamente nell’ombra, dove tornano ad annidarsi in una sorta di oblio collettivo. Questo sicuramente è il caso del manicomio istituito dalla dittatura dei colonnelli nell’isola greca di Leros: per anni luogo di deportazione, nell’abbrutimento più degradante, di numerosi malati di mente e di oppositori politici del regime, venuto alla ribalta della cronaca internazionale solo nel 1989. In questa «isola dei matti» – come il manicomio di Leros è noto all’opinione internazionale – Simona Vinci ha ambientato nel 2016 La prima verità. Inglobando la cronaca in una cornice romanzesca, è riuscita a evitare accuratamente l’ordine discorsivo della denuncia, per affidarsi, viceversa, al valore evocativo della molteplicità di ombre ancora impresse nell’isola di Leros: nella consapevolezza che, se nessuna luce potrà mai dissiparle del tutto, ci si può affidare solo all’intermittenza degli strappi che, di volta in volta, le sottraggono temporaneamente all’oscurità.File | Dimensione | Formato | |
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