In Italia la giustizia riparativa ha conosciuto negli anni un sempre maggiore interesse da parte di una pluralità di attori sociali: iniziando dall’ambito scientifico ed accademico, nel quale è stata – ed ancora oggi è – materia di trattazione e discussione, essa si è affermata negli interventi (pur se intermittenti, discontinui e mai affrontati in ottica sistemica) del Legislatore e della politica, giungendo infine a riguardare direttamente le pratiche poste in essere dagli operatori del sistema di giustizia sul territorio a più livelli. In tal senso essa risulta applicabile in vari momenti processuali, sia nell’ambito della giustizia ordinaria che minorile: quale modalità pre-processuale, nei lavori di pubblica utilità successivi ad una condanna penale, nel contesto delle misure alternative alla detenzione e, infine, in ambito penitenziario quale occasione di riflessione sulla propria condotta e sulle conseguenze dell’atto deviante per la vittima nel caso di persone sottoposte ad una condanna detentiva. Proprio su quest’ultima ipotesi operativa si sono interrogati gli studiosi ed i testimoni privilegiati convocati entro il Tavolo XIII degli Stati Generali dell’Esecuzione penale, voluti dall’ex Guardasigilli A. Orlando. Occorre tuttavia ricordare che ad oggi, nonostante le molte riflessioni prodotte e le esperienze di fatto realizzate anche nel panorama nazionale, sussiste uno scarto rilevante fra la teoria e le enunciazioni normative, da un lato, e l’implementazione di tali percorsi a livello pratico ed operativo, dall’altro lato: segno inequivocabile degli ostacoli e dei preconcetti, innanzitutto di ordine culturale, e della diffidenza che ancora accompagnano questo paradigma certo rafforzati ed anzi incrementati da quel populismo penale che vorrebbe l’annientamento, senza alcuna possibilità di ravvedimento e di riscatto personale e sociale, di chi ha commesso un reato. Il contributo si propone di riflettere su queste tematiche anche alla luce di un percorso "sul campo" svolto dall'Autrice nella Casa Circondariale di Bologna, insieme ad una persona reclusa per il reato di omicidio.
Susanna Vezzadini (2020). Giustizia riparativa e carcere: un’occasione di riflessione verso il ritorno in società?. Milano : Franco Angeli.
Giustizia riparativa e carcere: un’occasione di riflessione verso il ritorno in società?
Susanna Vezzadini
2020
Abstract
In Italia la giustizia riparativa ha conosciuto negli anni un sempre maggiore interesse da parte di una pluralità di attori sociali: iniziando dall’ambito scientifico ed accademico, nel quale è stata – ed ancora oggi è – materia di trattazione e discussione, essa si è affermata negli interventi (pur se intermittenti, discontinui e mai affrontati in ottica sistemica) del Legislatore e della politica, giungendo infine a riguardare direttamente le pratiche poste in essere dagli operatori del sistema di giustizia sul territorio a più livelli. In tal senso essa risulta applicabile in vari momenti processuali, sia nell’ambito della giustizia ordinaria che minorile: quale modalità pre-processuale, nei lavori di pubblica utilità successivi ad una condanna penale, nel contesto delle misure alternative alla detenzione e, infine, in ambito penitenziario quale occasione di riflessione sulla propria condotta e sulle conseguenze dell’atto deviante per la vittima nel caso di persone sottoposte ad una condanna detentiva. Proprio su quest’ultima ipotesi operativa si sono interrogati gli studiosi ed i testimoni privilegiati convocati entro il Tavolo XIII degli Stati Generali dell’Esecuzione penale, voluti dall’ex Guardasigilli A. Orlando. Occorre tuttavia ricordare che ad oggi, nonostante le molte riflessioni prodotte e le esperienze di fatto realizzate anche nel panorama nazionale, sussiste uno scarto rilevante fra la teoria e le enunciazioni normative, da un lato, e l’implementazione di tali percorsi a livello pratico ed operativo, dall’altro lato: segno inequivocabile degli ostacoli e dei preconcetti, innanzitutto di ordine culturale, e della diffidenza che ancora accompagnano questo paradigma certo rafforzati ed anzi incrementati da quel populismo penale che vorrebbe l’annientamento, senza alcuna possibilità di ravvedimento e di riscatto personale e sociale, di chi ha commesso un reato. Il contributo si propone di riflettere su queste tematiche anche alla luce di un percorso "sul campo" svolto dall'Autrice nella Casa Circondariale di Bologna, insieme ad una persona reclusa per il reato di omicidio.File | Dimensione | Formato | |
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