Diversamente da quanto accade per la Spagna, gli anni che vanno dal 1936 al 1958 non sono abitualmente analizzati insieme dalla storiografia italiana, perché per l’Italia la seconda guerra mondiale e il ritorno ad un regime democratico nel 1946 sono stati uno spartiacque fra due diverse epoche. Tuttavia, proporli in una visione unitaria può offrire spunti interessanti per analizzare il cambiamento di paradigma culturale ed economico avvenuto durante quei venti anni. Il 1936 segnò il definitivo distacco dell’Italia dalla Società delle Nazioni nonché la rinuncia ad ottenere in quel consesso il riconoscimento come grande potenza europea. In quell’anno, il governo fascista riuscì a concretizzare il vecchio sogno di annettere l’Etiopia , avviando così una serie di reazioni a catena che culminarono con la cacciata dell’Italia dalla Società delle Nazioni nel dicembre 1937 (quattro anni dopo l’uscita di Germania e Giappone). Tali avvenimenti rappresentarono una cesura politica e ebbero ricadute anche sulle politiche dei consumi. Infatti, l’isolamento politico portò a teorizzare l’isolamento economico, trasformando il protezionismo degli anni precedenti in una vera e propria politica autarchica, incentrata sull’uso dei soli prodotti italiani . A tal fine tra il 1937 e il 1940 fiorirono le comunicazioni pubblicitarie finalizzate ad orientare gli italiani (e soprattutto le madri e le casalinghe in generale) verso l’acquisto di prodotti nazionali . Il 1957, invece, avviò la fase più dinamica della storia economica italiana, la quale permise di lasciarsi definitivamente alle spalle non solo l’autarchia fascista e la guerra, ma anche la faticosa ricostruzione post-bellica. Non a caso proprio in tale anno la televisione lanciò il primo programma nazionale di pubblicità televisiva, Carosello. L’Italia entrava così nell’ era dei consumi di massa, traendo beneficio dal nuovo ordine mondiale affermatosi con la fine della guerra. In sintesi gli anni compresi fra il 1936 e il 1957 sono quelli in cui matura il più forte cambiamento mai avvenuto nel nostro paese per quanto riguarda il paradigma dei consumi e delle politiche commerciali: si passa da un simbolismo legato al concetto di nazione e di forza, a tratti anticonsumista, il consumo come rito collettivo comune a tutta la nuova società europea ed inoltre si passa dall’autarchia al libero scambio. Questo cambiamento ebbe anche una sua dimensione industriale, in termini di processo e prodotto . Ma non solo. Esso generò anche un nuovo significato simbolico per beni e servizi. Una concettualizzazione utile per ragionare su continuità e permanenze e su valore d’uso e valore simbolico dei consumi, ci viene dal mondo dell’economia ed è la distinzione fra functional (funzionale) e soft (estetica, simbolica) innovation . Il turismo più di altri può aiutarci a comprendere la differenza simbolica profonda fra il rito del consumo del periodo fascista e quello che si affermò negli anni cinquanta e sessanta. Ma anche la convivenza di più percorsi e narrazioni. La letteratura economica rappresenta spesso il turismo come un paniere che include tanti altri servizi e prodotti: il trasporto, l’alloggio, il catering e una vasta gamma di attività ricreative. Pertanto la trasformazione dell’esperienza turistica è il risultato di un insieme di processi che riguardano i singoli servizi che lo compongono. Il ridisegno complessivo che prende corpo nel passaggio dal fascismo alla democrazia è quindi l’esito dei cambiamenti che coinvolgono le diverse componenti. Nel corso degli anni venti e trenta molte delle innovazioni funzionali destinate a costituire la base “tecnologica” del turismo di massa erano già state realizzate o per lo meno pensate. Tuttavia queste componenti del prodotto turistico vennero in quegli anni narrate all’interno delle categorie dell’ideologia fascista. Anche se non mancarono percorsi di consumo con una propria narrazione. Dopo la guerra quando iniziò la ricostruzione non solo delle basi produttive ma anche delle pratiche di consumo, quelle stesse componenti della filiera turistica vennero riproposte con nuove immagini, spesso di derivazione americana, che consentirono l’inserimento del turismo nella nuova narrativa dello stato democratico e di uno sviluppo economico incentrato sull’apertura dei mercati.

Gli anni in cui tutto cambiò: il turismo italiano fra il 1936 e il 1957

P. Battilani
2020

Abstract

Diversamente da quanto accade per la Spagna, gli anni che vanno dal 1936 al 1958 non sono abitualmente analizzati insieme dalla storiografia italiana, perché per l’Italia la seconda guerra mondiale e il ritorno ad un regime democratico nel 1946 sono stati uno spartiacque fra due diverse epoche. Tuttavia, proporli in una visione unitaria può offrire spunti interessanti per analizzare il cambiamento di paradigma culturale ed economico avvenuto durante quei venti anni. Il 1936 segnò il definitivo distacco dell’Italia dalla Società delle Nazioni nonché la rinuncia ad ottenere in quel consesso il riconoscimento come grande potenza europea. In quell’anno, il governo fascista riuscì a concretizzare il vecchio sogno di annettere l’Etiopia , avviando così una serie di reazioni a catena che culminarono con la cacciata dell’Italia dalla Società delle Nazioni nel dicembre 1937 (quattro anni dopo l’uscita di Germania e Giappone). Tali avvenimenti rappresentarono una cesura politica e ebbero ricadute anche sulle politiche dei consumi. Infatti, l’isolamento politico portò a teorizzare l’isolamento economico, trasformando il protezionismo degli anni precedenti in una vera e propria politica autarchica, incentrata sull’uso dei soli prodotti italiani . A tal fine tra il 1937 e il 1940 fiorirono le comunicazioni pubblicitarie finalizzate ad orientare gli italiani (e soprattutto le madri e le casalinghe in generale) verso l’acquisto di prodotti nazionali . Il 1957, invece, avviò la fase più dinamica della storia economica italiana, la quale permise di lasciarsi definitivamente alle spalle non solo l’autarchia fascista e la guerra, ma anche la faticosa ricostruzione post-bellica. Non a caso proprio in tale anno la televisione lanciò il primo programma nazionale di pubblicità televisiva, Carosello. L’Italia entrava così nell’ era dei consumi di massa, traendo beneficio dal nuovo ordine mondiale affermatosi con la fine della guerra. In sintesi gli anni compresi fra il 1936 e il 1957 sono quelli in cui matura il più forte cambiamento mai avvenuto nel nostro paese per quanto riguarda il paradigma dei consumi e delle politiche commerciali: si passa da un simbolismo legato al concetto di nazione e di forza, a tratti anticonsumista, il consumo come rito collettivo comune a tutta la nuova società europea ed inoltre si passa dall’autarchia al libero scambio. Questo cambiamento ebbe anche una sua dimensione industriale, in termini di processo e prodotto . Ma non solo. Esso generò anche un nuovo significato simbolico per beni e servizi. Una concettualizzazione utile per ragionare su continuità e permanenze e su valore d’uso e valore simbolico dei consumi, ci viene dal mondo dell’economia ed è la distinzione fra functional (funzionale) e soft (estetica, simbolica) innovation . Il turismo più di altri può aiutarci a comprendere la differenza simbolica profonda fra il rito del consumo del periodo fascista e quello che si affermò negli anni cinquanta e sessanta. Ma anche la convivenza di più percorsi e narrazioni. La letteratura economica rappresenta spesso il turismo come un paniere che include tanti altri servizi e prodotti: il trasporto, l’alloggio, il catering e una vasta gamma di attività ricreative. Pertanto la trasformazione dell’esperienza turistica è il risultato di un insieme di processi che riguardano i singoli servizi che lo compongono. Il ridisegno complessivo che prende corpo nel passaggio dal fascismo alla democrazia è quindi l’esito dei cambiamenti che coinvolgono le diverse componenti. Nel corso degli anni venti e trenta molte delle innovazioni funzionali destinate a costituire la base “tecnologica” del turismo di massa erano già state realizzate o per lo meno pensate. Tuttavia queste componenti del prodotto turistico vennero in quegli anni narrate all’interno delle categorie dell’ideologia fascista. Anche se non mancarono percorsi di consumo con una propria narrazione. Dopo la guerra quando iniziò la ricostruzione non solo delle basi produttive ma anche delle pratiche di consumo, quelle stesse componenti della filiera turistica vennero riproposte con nuove immagini, spesso di derivazione americana, che consentirono l’inserimento del turismo nella nuova narrativa dello stato democratico e di uno sviluppo economico incentrato sull’apertura dei mercati.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/760590
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