L'articolo si chiede come sia possibile che un uomo di tanti secoli fa continui a essere sentito tanto vivo da ricordarlo ancora oggi, “solo” per avere scritto un’opera letteraria, attuale perfino in un periodo come il nostro, disappetente di poesia e, in generale, di cultura, e soprattutto accerchiato dalla superficialità o, peggio ancora, dall’indifferenza. Nondimeno il poema dantesco, benché dotato di uno spessore culturale impressionante, che ha affaticato e affatica la critica accademica di ogni tempo, continua a parlare a tutti e a essere il libro meno libresco di ogni altro. Nessuno può pensare all’Inferno e al Purgatorio (meno il Paradiso, terreno privilegiato per l’ingegno dei dotti) in un modo diverso da quello che si è inventato Dante che con il potere metamorfico della fantasia ha rivestito di realtà un mondo immaginario. Anche i lettori più sprovveduti, anzi forse questi molto più di quelli colti e smaliziati, hanno intuito che la Commedia non è un libro come tutti gli altri perché vuole intervenire sui destini degli uomini. Nella lettera a Cangrande della Scala Dante precisa che il vero fine dell’opera consiste nel «distogliere coloro che vivono in questa vita da uno stato di miseria e condurli ad uno stato di felicità». La Commedia dunque è un’opera letteraria che si prefigge uno scopo pratico, extraletterario, edificante, posto in luce anche da chi ne ha messo in rilievo le straordinarie qualità poetiche. Dante è risoluto nel sostenere questo disegno provvidenziale e vuole renderlo partecipe ai suoi lettori con il piglio del predicatore, del missionario, del veggente del profeta. Giustamente un poeta russo ritiene che non è possibile leggere i versi di Dante «senza rivolgerli all’oggi: sono fatti apposta, sono proiettili scagliati per captare il futuro, ed esigono un commento futuro».
andrea battistini (2020). Ecco perché Dante è vivo e ci racconta il futuro. IL CORRIERE DELLA SERA, 145(69), 44-45.
Ecco perché Dante è vivo e ci racconta il futuro
andrea battistini
2020
Abstract
L'articolo si chiede come sia possibile che un uomo di tanti secoli fa continui a essere sentito tanto vivo da ricordarlo ancora oggi, “solo” per avere scritto un’opera letteraria, attuale perfino in un periodo come il nostro, disappetente di poesia e, in generale, di cultura, e soprattutto accerchiato dalla superficialità o, peggio ancora, dall’indifferenza. Nondimeno il poema dantesco, benché dotato di uno spessore culturale impressionante, che ha affaticato e affatica la critica accademica di ogni tempo, continua a parlare a tutti e a essere il libro meno libresco di ogni altro. Nessuno può pensare all’Inferno e al Purgatorio (meno il Paradiso, terreno privilegiato per l’ingegno dei dotti) in un modo diverso da quello che si è inventato Dante che con il potere metamorfico della fantasia ha rivestito di realtà un mondo immaginario. Anche i lettori più sprovveduti, anzi forse questi molto più di quelli colti e smaliziati, hanno intuito che la Commedia non è un libro come tutti gli altri perché vuole intervenire sui destini degli uomini. Nella lettera a Cangrande della Scala Dante precisa che il vero fine dell’opera consiste nel «distogliere coloro che vivono in questa vita da uno stato di miseria e condurli ad uno stato di felicità». La Commedia dunque è un’opera letteraria che si prefigge uno scopo pratico, extraletterario, edificante, posto in luce anche da chi ne ha messo in rilievo le straordinarie qualità poetiche. Dante è risoluto nel sostenere questo disegno provvidenziale e vuole renderlo partecipe ai suoi lettori con il piglio del predicatore, del missionario, del veggente del profeta. Giustamente un poeta russo ritiene che non è possibile leggere i versi di Dante «senza rivolgerli all’oggi: sono fatti apposta, sono proiettili scagliati per captare il futuro, ed esigono un commento futuro».I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.