Nel Cinquecento la presenza delle donne nella politica si manifestò spettacolarmente nelle reggenze, ruolo non destabilizzante perché ricoperto a nome dei sovrani/eredi maschi, come estensione delle funzioni e delle relazioni familiari al governo dello stato. Anche per questi casi, il giudizio sulle capacità di governo si è sovrapposto quello sulle individualità, sui vizi e debolezze, sulle virtù e meriti "femminili", e sulla conformità delle reggenti ai ruoli assegnati alle donne nella sfera domestica . In particolare, la formalizzazione del principio di sovranità ha comportato il suo parziale distacco dalla concretezza delle singole individualità delle dinastie regnanti, con esiti diversi per uomini e donne. Mentre l'autorità del re, trasfigurata dalle simbologie della sacralità del potere, si è separata dalla sua persona fisica, la legittimazione delle regine, come quella delle altre donne, è rimasta legata e circoscritta alla sfera naturale e alla specificità sessuale dei loro ruoli. Come la tutela dei figli veniva in genere riconosciuta alle vedove in garanzia degli interessi della discendenza agnatizia, anche alle regine-vedove erano attribuite le funzioni di governo per conto degli eredi, in considerazione del vincolo affettivo che intercorreva con essi; le reggenti, tuttavia, esercitarono un potere nel quale gli obiettivi politici potevano di fatto diventare prioritari rispetto al rapporto madre-figlio. La lezione di Machiavelli fu efficace anche per le donne: Caterina de' Medici agì contro la figlia Margherita; Caterina Sforza si dichiarò pronta a cedere i figli per mantenere il suo stato. Su scala minore, Giovanna Rasponi sacrificò le figlie femmine per garantire la continuità della successione maschile.

Mogli e vedove di condottieri in area padana fra Quattro e Cinquecento

CASANOVA, CESARINA
2009

Abstract

Nel Cinquecento la presenza delle donne nella politica si manifestò spettacolarmente nelle reggenze, ruolo non destabilizzante perché ricoperto a nome dei sovrani/eredi maschi, come estensione delle funzioni e delle relazioni familiari al governo dello stato. Anche per questi casi, il giudizio sulle capacità di governo si è sovrapposto quello sulle individualità, sui vizi e debolezze, sulle virtù e meriti "femminili", e sulla conformità delle reggenti ai ruoli assegnati alle donne nella sfera domestica . In particolare, la formalizzazione del principio di sovranità ha comportato il suo parziale distacco dalla concretezza delle singole individualità delle dinastie regnanti, con esiti diversi per uomini e donne. Mentre l'autorità del re, trasfigurata dalle simbologie della sacralità del potere, si è separata dalla sua persona fisica, la legittimazione delle regine, come quella delle altre donne, è rimasta legata e circoscritta alla sfera naturale e alla specificità sessuale dei loro ruoli. Come la tutela dei figli veniva in genere riconosciuta alle vedove in garanzia degli interessi della discendenza agnatizia, anche alle regine-vedove erano attribuite le funzioni di governo per conto degli eredi, in considerazione del vincolo affettivo che intercorreva con essi; le reggenti, tuttavia, esercitarono un potere nel quale gli obiettivi politici potevano di fatto diventare prioritari rispetto al rapporto madre-figlio. La lezione di Machiavelli fu efficace anche per le donne: Caterina de' Medici agì contro la figlia Margherita; Caterina Sforza si dichiarò pronta a cedere i figli per mantenere il suo stato. Su scala minore, Giovanna Rasponi sacrificò le figlie femmine per garantire la continuità della successione maschile.
2009
Donne di potere nel Rinascimento
513
534
C. Casanova
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