La terapia dell'obesità è un dilemma: a volte i risultati sono troppo facili, anche in assenza di qualsiasi razionale o professionalità. Qualsiasi individuo può perdere peso da solo e chiunque può mettersi a fare la professione, anche senza alcuna competenza. A volte, ed è quasi la regola, la situazione è talmente problematica che i pazienti obesi (e i loro medici) annoverano una tale successione di fallimenti da abbassare il livello dell'autoefficacia e quindi dell'autostima ("self-efficacy": processo cognitivo della percezione della propria competenza e abilità nel compiere una determinata azione). Si deve pertanto attivare un rapporto relazionale terapeutico a triangolo paziente-medico-malattia e ogni lato deve trovare la sua giusta dimensione e interazione. Risultati troppo facili generano eccessivi entusiasmi che non permettono alcuna riproduicibilità; il successo è destinato al fallimento per la ripresa del peso perduto. Le fortune commerciali della "diet industry" non hanno limite: in America si calcola che vengano spesi, ogni anno, 30 bilioni di dollari per il controllo del peso. Se i risultati sonmo problematici i pazienti sono obbligati a ricercare terapie aggressive, cruente e prescrittive e spesso si abbandonano alle frodi ed alle mistificazioni. Il risultato non è mai quello desiderato: ottenere, cioè, una migliore qualità della vita ed una migliore aspettativa per la riduzione del rischio di mortalità. La lezione della storia non è ancora definita. Pochi l'hanno imparata e poco viene insegnata dall'Accademia.
N Melchionda, G Marchesini Reggiani, G Forlani, N Villanova, L Baraldi (2009). Trattamento dell’obesità: La lezione della storia. MILANO : Editrice Kurtis.
Trattamento dell’obesità: La lezione della storia
MELCHIONDA, NAZARIO;MARCHESINI REGGIANI, GIULIO;FORLANI, GABRIELE;VILLANOVA, NICOLA;
2009
Abstract
La terapia dell'obesità è un dilemma: a volte i risultati sono troppo facili, anche in assenza di qualsiasi razionale o professionalità. Qualsiasi individuo può perdere peso da solo e chiunque può mettersi a fare la professione, anche senza alcuna competenza. A volte, ed è quasi la regola, la situazione è talmente problematica che i pazienti obesi (e i loro medici) annoverano una tale successione di fallimenti da abbassare il livello dell'autoefficacia e quindi dell'autostima ("self-efficacy": processo cognitivo della percezione della propria competenza e abilità nel compiere una determinata azione). Si deve pertanto attivare un rapporto relazionale terapeutico a triangolo paziente-medico-malattia e ogni lato deve trovare la sua giusta dimensione e interazione. Risultati troppo facili generano eccessivi entusiasmi che non permettono alcuna riproduicibilità; il successo è destinato al fallimento per la ripresa del peso perduto. Le fortune commerciali della "diet industry" non hanno limite: in America si calcola che vengano spesi, ogni anno, 30 bilioni di dollari per il controllo del peso. Se i risultati sonmo problematici i pazienti sono obbligati a ricercare terapie aggressive, cruente e prescrittive e spesso si abbandonano alle frodi ed alle mistificazioni. Il risultato non è mai quello desiderato: ottenere, cioè, una migliore qualità della vita ed una migliore aspettativa per la riduzione del rischio di mortalità. La lezione della storia non è ancora definita. Pochi l'hanno imparata e poco viene insegnata dall'Accademia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.