La pedagogia contemporanea ha spesso assunto visioni antropologiche derivate da più articolate “visioni del mondo”, riproducendone al proprio interno i conflitti e le parzialità. In particolare è esemplare la lettura del fenomeno religioso ridotto ad una delle tante visioni del mondo, sostanzialmente ad un contenuto del processo educativo. L’ipotesi interpretativa qui assunta, fondata su una antropologia fenomenologica attenta alle dinamiche educative (Corallo 1961, Giussani 1986, Moscato 1998), è che la dimensione religiosa non costituisca tanto un contenuto del processo educativo quanto ne rappresenti la struttura fondamentale. La prospettiva fenomenologica ci consente di rileggere alcuni fenomeni educativi prestando attenzione ad alcuni dati fenomenici altrimenti misconosciuti: è quanto si può evidenziare nella letteratura pedagogica dedicata alle “iniziazioni tribali”, con le quali una società tribale conferisce lo status di adulto/iniziato ai suoi membri, dopo averli sottoposti alla verifica rituale delle specifiche capacità socio-culturali distintive della condizione adulta (Brelich 1969, Caputo 1987, Di Nola 1970, Eliade 1958). I riti iniziatici, nonostante la loro chiara matrice educativa, non sono stati oggetto di studi specifici in ambito pedagogico. Solo alcuni testi di storia dell’educazione (Monroe 1907, Graves 1909, Boyd 1921, Gelpi 1967), cronologicamente distanti, ma accomunati dall’attenzione rivolta alle dinamiche sociali implicite nel processo educativo, presentano brevi annotazioni su una supposta “educazione iniziatica”, ricostruita sulla base di fonti letterarie, e soprattutto degli studi antropologici condotti su popolazioni “primitive”, il cui sviluppo sociale sarebbe stato il medesimo dell’epoca preistorica. Sebbene le fonti antropologiche utilizzate da questi storici dell’educazione siano ovviamente diverse, tuttavia lo schema storiografico implicito non sembra allontanarsi molto dal paradigma illuministico positivista, e rimane prigioniero di un pregiudizio evoluzionista, codificato principalmente da E. Durkheim (Durkheim 1912). La connessione tra iniziazione e “sacro” appare pertanto dialetticamente interpretata dalle diverse ideologie sulla religione, fra cui assume particolare rilievo l’interpretazione “evoluzionista” della religiosità primitiva (Evans-Pritchard 1965). In quest’ottica, l’assunto sul primitivismo del modello educativo e l’assunto del primitivismo religioso finiscono per rafforzarsi a vicenda, confinando così il modello primitivo in una sorta di preistoria dell’educazione e della cultura umana, per cui varrebbero parametri e strategie di indagine radicalmente diverse. E ciò rende in pratica il modello iniziatico storicamente “invisibile”, o irrilevante, per la storiografia pedagogica (Caputo 1987). Viceversa, si può ragionevolmente supporre che il modello iniziatico costituisca una modalità del processo educativo (modello semplificato solo dalla nostra insufficiente informazione storica e dalle generalizzazioni troppo ampie che ne conseguono), le cui caratteristiche fondamentali sono identiche e assimilabili a quelle dei processi educativi che si realizzano in società più complesse (Moscato 1994, ID 1998). In questa direzione riacquista legittimità pedagogica la presenza del “sacro”, e con essa la strutturale connessione tra educazione e senso religioso (Caputo1987, Giussani 1986), un dato spesso rimosso dalla contemporanea pedagogia scientifica.
CAPUTO M. (2008). Educazione e senso religioso: il modello iniziatico. LECCE : Pensa MultiMedia Editore.
Educazione e senso religioso: il modello iniziatico
CAPUTO, MICHELE
2008
Abstract
La pedagogia contemporanea ha spesso assunto visioni antropologiche derivate da più articolate “visioni del mondo”, riproducendone al proprio interno i conflitti e le parzialità. In particolare è esemplare la lettura del fenomeno religioso ridotto ad una delle tante visioni del mondo, sostanzialmente ad un contenuto del processo educativo. L’ipotesi interpretativa qui assunta, fondata su una antropologia fenomenologica attenta alle dinamiche educative (Corallo 1961, Giussani 1986, Moscato 1998), è che la dimensione religiosa non costituisca tanto un contenuto del processo educativo quanto ne rappresenti la struttura fondamentale. La prospettiva fenomenologica ci consente di rileggere alcuni fenomeni educativi prestando attenzione ad alcuni dati fenomenici altrimenti misconosciuti: è quanto si può evidenziare nella letteratura pedagogica dedicata alle “iniziazioni tribali”, con le quali una società tribale conferisce lo status di adulto/iniziato ai suoi membri, dopo averli sottoposti alla verifica rituale delle specifiche capacità socio-culturali distintive della condizione adulta (Brelich 1969, Caputo 1987, Di Nola 1970, Eliade 1958). I riti iniziatici, nonostante la loro chiara matrice educativa, non sono stati oggetto di studi specifici in ambito pedagogico. Solo alcuni testi di storia dell’educazione (Monroe 1907, Graves 1909, Boyd 1921, Gelpi 1967), cronologicamente distanti, ma accomunati dall’attenzione rivolta alle dinamiche sociali implicite nel processo educativo, presentano brevi annotazioni su una supposta “educazione iniziatica”, ricostruita sulla base di fonti letterarie, e soprattutto degli studi antropologici condotti su popolazioni “primitive”, il cui sviluppo sociale sarebbe stato il medesimo dell’epoca preistorica. Sebbene le fonti antropologiche utilizzate da questi storici dell’educazione siano ovviamente diverse, tuttavia lo schema storiografico implicito non sembra allontanarsi molto dal paradigma illuministico positivista, e rimane prigioniero di un pregiudizio evoluzionista, codificato principalmente da E. Durkheim (Durkheim 1912). La connessione tra iniziazione e “sacro” appare pertanto dialetticamente interpretata dalle diverse ideologie sulla religione, fra cui assume particolare rilievo l’interpretazione “evoluzionista” della religiosità primitiva (Evans-Pritchard 1965). In quest’ottica, l’assunto sul primitivismo del modello educativo e l’assunto del primitivismo religioso finiscono per rafforzarsi a vicenda, confinando così il modello primitivo in una sorta di preistoria dell’educazione e della cultura umana, per cui varrebbero parametri e strategie di indagine radicalmente diverse. E ciò rende in pratica il modello iniziatico storicamente “invisibile”, o irrilevante, per la storiografia pedagogica (Caputo 1987). Viceversa, si può ragionevolmente supporre che il modello iniziatico costituisca una modalità del processo educativo (modello semplificato solo dalla nostra insufficiente informazione storica e dalle generalizzazioni troppo ampie che ne conseguono), le cui caratteristiche fondamentali sono identiche e assimilabili a quelle dei processi educativi che si realizzano in società più complesse (Moscato 1994, ID 1998). In questa direzione riacquista legittimità pedagogica la presenza del “sacro”, e con essa la strutturale connessione tra educazione e senso religioso (Caputo1987, Giussani 1986), un dato spesso rimosso dalla contemporanea pedagogia scientifica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.