Negli ultimi decenni le proposte culturali si sono incredibilmente moltiplicate, complice una progettazione turistica incline ad includere sempre più di frequente le esperienze culturali nei propri prodotti. Si parla di turismo esperienziale, di turismo partecipato, a volte semplicemente di turismo postmoderno quando non di post-turismo. C’è anche qui sostiene che il turismo non esiste più e tutti siamo, semplicemente, city users. Qualunque sia la narrazione scelta, il risultato resta che il connubio cultura turismo ha acquisito una centralità sconosciuta nell’epoca del turismo di massa. La cultura è diventata una risorsa imprescindibile per l’innovazione turistica così come il turismo si è rivelato un possibile canale di finanziamento nonché di diffusione della cultura stessa. Sarebbe tuttavia in errore chi ritenesse il moltiplicarsi delle occasioni culturali così come il sempre più frequente uso della storia a fini di edutainment il risultato esclusivo dei cambiamenti intervenuti nel modo di concepire il viaggio e la vacanza. Le nuove pratiche culturali sono una delle tante conseguenze dell’emergere di una definizione del patrimonio sempre più ampia. La memoria, il patrimonio intangibile, la dimensione internazionale o universale sono concetti che hanno modificato l’idea ottocentesca di bene culturale e reso possibile la patrimonializzazione di nuovi luoghi e pratiche. Solo in un secondo tempo, a patrimonializzazione avvenuta, questi luoghi sono stati inclusi nella progettazione turistica o a volte semplicemente nella costruzione di esperienze per i city-users. Per fare un esempio oggi consideriamo le pratiche artigianali dei liutai di Cremona parte del patrimonio culturale universale dell’Unesco. Quarant’anni fa avremmo incluso nel patrimonio solamente il manufatto, in questo caso il violino. Proprio di recente anche l’arte della pizza di Napoli ha ottenuto tale riconoscimento. Fino ad alcuni decenni fa questo sarebbe stato impensabile. Nel saggio ragioniamo sul processo che ha portato ad includere nella definizione di patrimonio sia il violino che il luogo in cui esso è stato prodotto e sulla loro dimensione universale.

Si fa presto a dire patrimonio culturale. Problemi e prospettive di un secolo di patrimonializzazione della cultura

Patrizia Battilani
2017

Abstract

Negli ultimi decenni le proposte culturali si sono incredibilmente moltiplicate, complice una progettazione turistica incline ad includere sempre più di frequente le esperienze culturali nei propri prodotti. Si parla di turismo esperienziale, di turismo partecipato, a volte semplicemente di turismo postmoderno quando non di post-turismo. C’è anche qui sostiene che il turismo non esiste più e tutti siamo, semplicemente, city users. Qualunque sia la narrazione scelta, il risultato resta che il connubio cultura turismo ha acquisito una centralità sconosciuta nell’epoca del turismo di massa. La cultura è diventata una risorsa imprescindibile per l’innovazione turistica così come il turismo si è rivelato un possibile canale di finanziamento nonché di diffusione della cultura stessa. Sarebbe tuttavia in errore chi ritenesse il moltiplicarsi delle occasioni culturali così come il sempre più frequente uso della storia a fini di edutainment il risultato esclusivo dei cambiamenti intervenuti nel modo di concepire il viaggio e la vacanza. Le nuove pratiche culturali sono una delle tante conseguenze dell’emergere di una definizione del patrimonio sempre più ampia. La memoria, il patrimonio intangibile, la dimensione internazionale o universale sono concetti che hanno modificato l’idea ottocentesca di bene culturale e reso possibile la patrimonializzazione di nuovi luoghi e pratiche. Solo in un secondo tempo, a patrimonializzazione avvenuta, questi luoghi sono stati inclusi nella progettazione turistica o a volte semplicemente nella costruzione di esperienze per i city-users. Per fare un esempio oggi consideriamo le pratiche artigianali dei liutai di Cremona parte del patrimonio culturale universale dell’Unesco. Quarant’anni fa avremmo incluso nel patrimonio solamente il manufatto, in questo caso il violino. Proprio di recente anche l’arte della pizza di Napoli ha ottenuto tale riconoscimento. Fino ad alcuni decenni fa questo sarebbe stato impensabile. Nel saggio ragioniamo sul processo che ha portato ad includere nella definizione di patrimonio sia il violino che il luogo in cui esso è stato prodotto e sulla loro dimensione universale.
2017
Patrizia Battilani
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