In un saggio pubblicato su «Officina» nel 1956, Leonardo Sciascia definì «poesia della sesta giornata» la letteratura sulla Resistenza italiana: «una poesia sulla Resistenza ma non della Resistenza», gesto solidale dei poeti compiuto non nelle vicissitudini della lotta ma nella contemplazione di essa, consuetudine che sarebbe tratto distintivo italiano in contrapposizione ad altre esperienze europee. L’espressione ironica è mutuata dall’epopea risorgimentale: durante le cinque giornate di Milano vennero definiti “eroi della sesta giornata” borghesi e aristocratici che, astenutisi dagli scontri finché l’esito della battaglia era incerto, una volta cacciati gli austriaci, ostentando il loro patriottismo si insediarono al governo della città. La riflessione di Sciascia però, lungi dal limitarsi alla letteratura, sottintende un riferimento preciso al contesto storico e sociale del secondo dopoguerra, in cui, in nome di una bonaria “italianità” (identità in contrapposizione a quella del “cattivo tedesco”) e del processo di pacificazione nazionale post guerra civile, molti responsabili dei crimini fascisti rimasero impuniti, venendo per giunta assimilati dalla struttura politica della nascente Repubblica, per cui la lotta resistenziale non si poteva considerare del tutto compiuta. L’intervento si propone dunque di verificare l’efficacia interpretativa di questa immagine costitutiva dell’italianità per il racconto dell’immediato dopoguerra, assumendo come principale case study due racconti di Giorgio Bassani: Una lapide in via Mazzini e Una notte del ’43 (in Dentro le mura). Nel primo l’immagine delle «barbe da guerra» si sovrappone a quella della “sesta giornata” nel designare il camouflage dei suddetti “eroi”; nel secondo il personaggio di “Sciagura” assurge a simbolo della rimozione collettiva e della mancata punizione giuridica dei crimini fascisti. Si vedrà infine come proprio questo fenomeno abbia contribuito a dar vita e alimentare il mito della “Resistenza tradita”, mito traumatico fondativo del brigatismo che si ritrova ancora in opere della letteratura contemporanea e della cultura popolare di ambito resistenziale.
Beniamino Della Gala (2019). «Eroi della sesta giornata». La Resistenza tradita in nome dell’“italianità”. Pola : Università degli Studi 'Juraj Dobrila' di Pola (Croazia) - Facoltà di Studi Interdisciplinari, Italiani e Culturali - Dipartimento di Studi Italiani.
«Eroi della sesta giornata». La Resistenza tradita in nome dell’“italianità”
Beniamino Della Gala
2019
Abstract
In un saggio pubblicato su «Officina» nel 1956, Leonardo Sciascia definì «poesia della sesta giornata» la letteratura sulla Resistenza italiana: «una poesia sulla Resistenza ma non della Resistenza», gesto solidale dei poeti compiuto non nelle vicissitudini della lotta ma nella contemplazione di essa, consuetudine che sarebbe tratto distintivo italiano in contrapposizione ad altre esperienze europee. L’espressione ironica è mutuata dall’epopea risorgimentale: durante le cinque giornate di Milano vennero definiti “eroi della sesta giornata” borghesi e aristocratici che, astenutisi dagli scontri finché l’esito della battaglia era incerto, una volta cacciati gli austriaci, ostentando il loro patriottismo si insediarono al governo della città. La riflessione di Sciascia però, lungi dal limitarsi alla letteratura, sottintende un riferimento preciso al contesto storico e sociale del secondo dopoguerra, in cui, in nome di una bonaria “italianità” (identità in contrapposizione a quella del “cattivo tedesco”) e del processo di pacificazione nazionale post guerra civile, molti responsabili dei crimini fascisti rimasero impuniti, venendo per giunta assimilati dalla struttura politica della nascente Repubblica, per cui la lotta resistenziale non si poteva considerare del tutto compiuta. L’intervento si propone dunque di verificare l’efficacia interpretativa di questa immagine costitutiva dell’italianità per il racconto dell’immediato dopoguerra, assumendo come principale case study due racconti di Giorgio Bassani: Una lapide in via Mazzini e Una notte del ’43 (in Dentro le mura). Nel primo l’immagine delle «barbe da guerra» si sovrappone a quella della “sesta giornata” nel designare il camouflage dei suddetti “eroi”; nel secondo il personaggio di “Sciagura” assurge a simbolo della rimozione collettiva e della mancata punizione giuridica dei crimini fascisti. Si vedrà infine come proprio questo fenomeno abbia contribuito a dar vita e alimentare il mito della “Resistenza tradita”, mito traumatico fondativo del brigatismo che si ritrova ancora in opere della letteratura contemporanea e della cultura popolare di ambito resistenziale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.