Il romanzo di Sebastiano Vassalli Abitare il vento (1980) costituisce un’interessante testimonianza della tematica dei cosiddetti “anni di piombo” nella letteratura italiana a partire dagli anni Settanta. Il protagonista, Cris, è uno sbandato uscito di galera che ha intrattenuto e intrattiene rapporti non ben definiti con la lotta armata. Attraverso un soliloquio che impasta differenti codici e registri linguistici senza soluzione di continuità, egli trascina il lettore in un’odissea tragicomica: alla ricerca di vecchie e nuove amanti, finirà per essere coinvolto come carceriere in un rapimento operato da una cellula di brigatisti. Una caratteristica peculiare dell’opera è il tono comico con cui questa tematica viene affrontata; l’articolo propone dunque un’analisi della comicità del romanzo a partire dalla categoria del “carnevalesco” teorizzata dallo studioso russo Michail Bachtin. In effetti nel testo ricorrono numerosi elementi tratti dal repertorio comico scandagliato dal critico nel suo studio dell’opera di Rabelais: tra questi risalta l’abbassamento declassante del lessico rivoluzionario alla sfera semantica del basso materiale e corporeo. Individuati gli elementi carnevaleschi del romanzo, l’articolo si interroga sulle funzioni di questa comicità, che si dispiega come critica parodica dell’ideologia, ma anche come strategia di “derealizzazione” finalizzata ad allontanare un’esperienza storica vissuta come trauma.
Della Gala, B. (2018). La parola rivoluzionaria abbassata al corporeo: Parodia carnevalesca e trauma in Abitare il vento di Sebastiano Vassalli. FORUM ITALICUM, 52(3), 808-823 [10.1177/0014585818781787].
La parola rivoluzionaria abbassata al corporeo: Parodia carnevalesca e trauma in Abitare il vento di Sebastiano Vassalli
Della Gala, Beniamino
2018
Abstract
Il romanzo di Sebastiano Vassalli Abitare il vento (1980) costituisce un’interessante testimonianza della tematica dei cosiddetti “anni di piombo” nella letteratura italiana a partire dagli anni Settanta. Il protagonista, Cris, è uno sbandato uscito di galera che ha intrattenuto e intrattiene rapporti non ben definiti con la lotta armata. Attraverso un soliloquio che impasta differenti codici e registri linguistici senza soluzione di continuità, egli trascina il lettore in un’odissea tragicomica: alla ricerca di vecchie e nuove amanti, finirà per essere coinvolto come carceriere in un rapimento operato da una cellula di brigatisti. Una caratteristica peculiare dell’opera è il tono comico con cui questa tematica viene affrontata; l’articolo propone dunque un’analisi della comicità del romanzo a partire dalla categoria del “carnevalesco” teorizzata dallo studioso russo Michail Bachtin. In effetti nel testo ricorrono numerosi elementi tratti dal repertorio comico scandagliato dal critico nel suo studio dell’opera di Rabelais: tra questi risalta l’abbassamento declassante del lessico rivoluzionario alla sfera semantica del basso materiale e corporeo. Individuati gli elementi carnevaleschi del romanzo, l’articolo si interroga sulle funzioni di questa comicità, che si dispiega come critica parodica dell’ideologia, ma anche come strategia di “derealizzazione” finalizzata ad allontanare un’esperienza storica vissuta come trauma.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.