LA PICCOLA CATTIVITÀ DELLA GRANDE CHIESA PROBLEMI DI ECCLESIOLOGIA INDOTTI IN ORIENTE DALLA FRANCOCRAZIA Le due prese di Costantinopoli, quella del 13 aprile 1204 e quella del 29 maggio 1453, hanno segnato l’inizio di due periodi di schiavitù dell’Ortodossia greca, di assai diseguale lunghezza: il secondo è durato quattro secoli, mentre il primo poco più di mezzo secolo. Per questo, riprendendo la felice definizione data da Steven Runciman alla seconda schiavitù, ho voluto, a mia volta chiamare la prima: «piccola cattività della Grande Chiesa». La metafora biblica è manifestamente presente nell’autocoscienza che gli ambienti ortodossi della capitale avevano del dramma che stavano vivendo. L’ideologia dell’esilio, elaborata da Niceta Coniata, applica infatti a Costantinopoli, Nuova Gerusalemme, proprio l’ermeneutica teologica di matrice biblica: per essa la perdita della città santa, la prima Gerusalemme, veniva interpretata come sanzione per l’accumulo di peccati nel popolo, l’esilio come opportunità offerta al pentimento e l’agognato recupero della città come segno della ritrovata compiacenza divina. Una volta fallita la ricerca di un modus vivendi con la nuova classe dirigente latina, precisamente su queste basi si viene così costituendo, per l’èlite costantinopolitana in esilio, una nuova identità nel segno di una rinnovata adesione all’Ortodossia. Definiamo nuova questa identità in quanto proprio in questo momento nell’idea di Costantinopoli Nuova Gerusalemme l’originaria prospettiva antigiudaica assume un’ulteriore valenza antilatina, nell’implicita assimilazione degli Occidentali ai Caldei. È questo uno molteplici cambiamenti indotti dall’evento del 1204, che ha anche detrminato una svolta clamorosa nell’ambito delle relazioni tra le due Chiese, romana e costantinopolitana, prodotta da sincronici e profondi mutamenti del quadro storico, di quello ecclesiastico-giurisdizionale e di quello ecclesiologico. Sul piano storico – pur essendo i Latini, già nel XII secolo, tutt’altro che stranieri nell’Oriente greco – assistiamo al cambiamento dell’assetto geopolitico delle Chiese nel Mediterraneo: viene meno la discriminante geografica e l’Occidente ecclesiastico latino dilaga in Oriente, come corollario ecclesiale alla Romania latina. Con la fuga, all’arrivo dei franco-veneziani, del patriarca e dei principali metropoliti, la sedi vacanti sono riempite da titolari latini. I vescovi greci rimasti possono conservare la propria sede solo dopo un giuramento di fedeltà al papa di Roma ed al patriarca latino, rimanendo ovviamente suffraganei del rispettivo metropolita latino. Si produce così un’inusitata compenetrazione di riti, che pone fine, anche esteriormente all’uniformità liturgica, sino ad allora caratteristica dell’oriente greco. In un breve lasso di tempo nelle “isole” greche (Bitinia, Epiro, Trebisonda) si ricostituirà una gerarchia in esilio, rivendicante a sua volta la legittima successione delle sedi occupate dai prelati latini. Con l’instaurarsi, per la prima volta nella storia, di una doppia gerachia, con vescovi latini residenti in sede e titolari greci che dirigono le diocesi da lontano, la realtà dello scisma ecclesiastico viene così formalizzata, acquistando piena e incontrovertibile visibilità. Sul piano ecclesiastico-giurisdizionale, poi, la translatio imperii dai Greci ai Latini ha comportato, quasi automaticamente, l’unione formale delle Chiese. Ne consegue che, dal punto di vista romano, l’unione ecclesiastica non è più un obiettivo da raggiungere, ma semmai una realtà già potenzialmente presente da porre in atto. Una volta riassorbito lo scisma con una conquista, la politica unionistica di Roma non è più una questione di discussione teologica, ma piuttosto un problema di applicazione – e quindi di imposizione – di un accordo dottrinale. Questo veniva dato per presupposto in virtù del mutato assetto civile ed ecclesiastico. Ne discendono due significative conseguenze. La prima consiste nell’eclissi t...

E. Morini (2008). La piccola cattività della Grande Chiesa: problemi di ecclesiologia indotti in Oriente dalla Francocrazia. CITTÀ DEL VATICANO : Libreria editrice Vaticana.

La piccola cattività della Grande Chiesa: problemi di ecclesiologia indotti in Oriente dalla Francocrazia

MORINI, ENRICO
2008

Abstract

LA PICCOLA CATTIVITÀ DELLA GRANDE CHIESA PROBLEMI DI ECCLESIOLOGIA INDOTTI IN ORIENTE DALLA FRANCOCRAZIA Le due prese di Costantinopoli, quella del 13 aprile 1204 e quella del 29 maggio 1453, hanno segnato l’inizio di due periodi di schiavitù dell’Ortodossia greca, di assai diseguale lunghezza: il secondo è durato quattro secoli, mentre il primo poco più di mezzo secolo. Per questo, riprendendo la felice definizione data da Steven Runciman alla seconda schiavitù, ho voluto, a mia volta chiamare la prima: «piccola cattività della Grande Chiesa». La metafora biblica è manifestamente presente nell’autocoscienza che gli ambienti ortodossi della capitale avevano del dramma che stavano vivendo. L’ideologia dell’esilio, elaborata da Niceta Coniata, applica infatti a Costantinopoli, Nuova Gerusalemme, proprio l’ermeneutica teologica di matrice biblica: per essa la perdita della città santa, la prima Gerusalemme, veniva interpretata come sanzione per l’accumulo di peccati nel popolo, l’esilio come opportunità offerta al pentimento e l’agognato recupero della città come segno della ritrovata compiacenza divina. Una volta fallita la ricerca di un modus vivendi con la nuova classe dirigente latina, precisamente su queste basi si viene così costituendo, per l’èlite costantinopolitana in esilio, una nuova identità nel segno di una rinnovata adesione all’Ortodossia. Definiamo nuova questa identità in quanto proprio in questo momento nell’idea di Costantinopoli Nuova Gerusalemme l’originaria prospettiva antigiudaica assume un’ulteriore valenza antilatina, nell’implicita assimilazione degli Occidentali ai Caldei. È questo uno molteplici cambiamenti indotti dall’evento del 1204, che ha anche detrminato una svolta clamorosa nell’ambito delle relazioni tra le due Chiese, romana e costantinopolitana, prodotta da sincronici e profondi mutamenti del quadro storico, di quello ecclesiastico-giurisdizionale e di quello ecclesiologico. Sul piano storico – pur essendo i Latini, già nel XII secolo, tutt’altro che stranieri nell’Oriente greco – assistiamo al cambiamento dell’assetto geopolitico delle Chiese nel Mediterraneo: viene meno la discriminante geografica e l’Occidente ecclesiastico latino dilaga in Oriente, come corollario ecclesiale alla Romania latina. Con la fuga, all’arrivo dei franco-veneziani, del patriarca e dei principali metropoliti, la sedi vacanti sono riempite da titolari latini. I vescovi greci rimasti possono conservare la propria sede solo dopo un giuramento di fedeltà al papa di Roma ed al patriarca latino, rimanendo ovviamente suffraganei del rispettivo metropolita latino. Si produce così un’inusitata compenetrazione di riti, che pone fine, anche esteriormente all’uniformità liturgica, sino ad allora caratteristica dell’oriente greco. In un breve lasso di tempo nelle “isole” greche (Bitinia, Epiro, Trebisonda) si ricostituirà una gerarchia in esilio, rivendicante a sua volta la legittima successione delle sedi occupate dai prelati latini. Con l’instaurarsi, per la prima volta nella storia, di una doppia gerachia, con vescovi latini residenti in sede e titolari greci che dirigono le diocesi da lontano, la realtà dello scisma ecclesiastico viene così formalizzata, acquistando piena e incontrovertibile visibilità. Sul piano ecclesiastico-giurisdizionale, poi, la translatio imperii dai Greci ai Latini ha comportato, quasi automaticamente, l’unione formale delle Chiese. Ne consegue che, dal punto di vista romano, l’unione ecclesiastica non è più un obiettivo da raggiungere, ma semmai una realtà già potenzialmente presente da porre in atto. Una volta riassorbito lo scisma con una conquista, la politica unionistica di Roma non è più una questione di discussione teologica, ma piuttosto un problema di applicazione – e quindi di imposizione – di un accordo dottrinale. Questo veniva dato per presupposto in virtù del mutato assetto civile ed ecclesiastico. Ne discendono due significative conseguenze. La prima consiste nell’eclissi t...
2008
The Fourth Crusade Revisited
163
184
E. Morini (2008). La piccola cattività della Grande Chiesa: problemi di ecclesiologia indotti in Oriente dalla Francocrazia. CITTÀ DEL VATICANO : Libreria editrice Vaticana.
E. Morini
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