CHIESA GRECA E CHIESA LATINA: LA RECIPROCA PERCEZIONE PRIMA E DOPO IL 1453 « Quando all’inizio provavo a parlare con i Greci, i loro vescovi, monaci e preti e la gente stessa fuggivano da noi come se fossimo scomunicati o eretici ed era una briga anche solo avere il permesso di guardare dentro le loro chiese. Se uno di noi aveva sete trovava a stento chi gli desse da bere e quando aveva bevuto essi rompevano o gettavano via il bicchiere… Comunque quando ho preso a trattarli più familiarmente, visitando i loro monasteri, incontrandoli informalmente, discutendo con essi e rispondendo ai loro quesiti, li ho così ammansiti che, nello spazio di dieci anni, non ci evitano più: mangiano e bevono con noi e noi con loro » . Così, nel XIV secolo, Filippo Incontri, domenicano del convento di Pera e inquisitore in Oriente per venticinque anni, delinea quella strategia del “vedersi”, del “guardarsi negli occhi”, che poi verrà ripresa ai nostri giorni, da parte ortodossa, dal patriarca Atenagora, come la sua “filosofia del cuore” . « Amo tanto il dialogo con gli uomini quanto amo l’uomo… L’individuo mi attrae, perché dietro al miracolo della sua esistenza scorgo Dio che sorge come il sole », ebbe ad affermare quando era diacono a Monastir . Proprio in rapporto alla conoscenza reciproca, la francocrazia in Oriente si configura come un fenomeno ambivalente: infatti la sua tragica negatività per lo scisma tra le due Chiese, che essa ha reso pienamente visibile ed anzi ha formalizzato con l’istituzione della gerarchia latina al posto di quella greca in Oriente – in una dilatazione dei confini che vuole esprimere anche visibilmente l’universalità della Chiesa di Roma, l’esclusiva coincidenza della sua estensione con quella dell’una sancta catholica et apostolica Ecclesia –, comportò paradossalmente anche due conseguenze positive. Consentì infatti ad ognuna delle due parti di acquisire finalmente una conoscenza teologica dell’altra, incomparabilmente superiore a quella documentata per i secoli precedenti, anche se ciò non avvenne in modo bilanciato, in quanto la teologia latina fu nota nell’oriente greco con maggiore profondità rispetto alla conoscenza che si aveva in Occidente di quella orientale. In virtù di questo, oltre che per esigenze politico-strategiche, si avviò finalmente – e questa è la seconda conseguenza – un intenso dialogo teologico tra le due parti, che entrava finalmente, con maggiore cognizione di causa, nelle questioni da sempre controverse. La catastrofe del 1204 costituisce pertanto uno spartiacque decisivo per quanto riguarda l’assunzione di un criterio unico nella valutazione greca dei Latini, in merito ad un giudizio sulla loro ortodossia e sulla qualifica di Chiesa eventualmente attribuibile alle loro comunità cristiane....
E. Morini (2008). Chiesa greca e Chiesa latina: la reciproca percezione prima e dopo il 1453. SPOLETO (PG) : CISAM.
Chiesa greca e Chiesa latina: la reciproca percezione prima e dopo il 1453
MORINI, ENRICO
2008
Abstract
CHIESA GRECA E CHIESA LATINA: LA RECIPROCA PERCEZIONE PRIMA E DOPO IL 1453 « Quando all’inizio provavo a parlare con i Greci, i loro vescovi, monaci e preti e la gente stessa fuggivano da noi come se fossimo scomunicati o eretici ed era una briga anche solo avere il permesso di guardare dentro le loro chiese. Se uno di noi aveva sete trovava a stento chi gli desse da bere e quando aveva bevuto essi rompevano o gettavano via il bicchiere… Comunque quando ho preso a trattarli più familiarmente, visitando i loro monasteri, incontrandoli informalmente, discutendo con essi e rispondendo ai loro quesiti, li ho così ammansiti che, nello spazio di dieci anni, non ci evitano più: mangiano e bevono con noi e noi con loro » . Così, nel XIV secolo, Filippo Incontri, domenicano del convento di Pera e inquisitore in Oriente per venticinque anni, delinea quella strategia del “vedersi”, del “guardarsi negli occhi”, che poi verrà ripresa ai nostri giorni, da parte ortodossa, dal patriarca Atenagora, come la sua “filosofia del cuore” . « Amo tanto il dialogo con gli uomini quanto amo l’uomo… L’individuo mi attrae, perché dietro al miracolo della sua esistenza scorgo Dio che sorge come il sole », ebbe ad affermare quando era diacono a Monastir . Proprio in rapporto alla conoscenza reciproca, la francocrazia in Oriente si configura come un fenomeno ambivalente: infatti la sua tragica negatività per lo scisma tra le due Chiese, che essa ha reso pienamente visibile ed anzi ha formalizzato con l’istituzione della gerarchia latina al posto di quella greca in Oriente – in una dilatazione dei confini che vuole esprimere anche visibilmente l’universalità della Chiesa di Roma, l’esclusiva coincidenza della sua estensione con quella dell’una sancta catholica et apostolica Ecclesia –, comportò paradossalmente anche due conseguenze positive. Consentì infatti ad ognuna delle due parti di acquisire finalmente una conoscenza teologica dell’altra, incomparabilmente superiore a quella documentata per i secoli precedenti, anche se ciò non avvenne in modo bilanciato, in quanto la teologia latina fu nota nell’oriente greco con maggiore profondità rispetto alla conoscenza che si aveva in Occidente di quella orientale. In virtù di questo, oltre che per esigenze politico-strategiche, si avviò finalmente – e questa è la seconda conseguenza – un intenso dialogo teologico tra le due parti, che entrava finalmente, con maggiore cognizione di causa, nelle questioni da sempre controverse. La catastrofe del 1204 costituisce pertanto uno spartiacque decisivo per quanto riguarda l’assunzione di un criterio unico nella valutazione greca dei Latini, in merito ad un giudizio sulla loro ortodossia e sulla qualifica di Chiesa eventualmente attribuibile alle loro comunità cristiane....I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.