Il Vittoriale è un singolare esempio di “casa d’artista” nel Novecento: residenza, studio, manifesto ideologico, museo e monumento insieme, il complesso affacciato sul lago di Garda è ideato e allestito in vita dallo stesso personaggio che celebra, rispecchiando tutte le sfaccettature della sua complessa e caleidoscopica figura. Il rapporto di d’Annunzio con le arti, che qui trova una delle sue più spettacolari materializzazioni, è un tema ampiamente indagato, sia da parte degli storici dell’arte e dell’architettura che da parte della critica letteraria. A partire da questi numerosi e autorevoli studi, qui si vorrebbe aggiungervi un altro piccolo tassello proponendo una nuova riflessione incentrata sul rapporto tra struttura narrativa e struttura architettonica nel Vittoriale, in cui l’assoluta e speciale coincidenza tra fabbrica e Kunstwollen del committente produce un’opera unica nella sua eteronimia, frutto della sintesi tra letteratura e architettura. Quella che chiama la “Santa Fabbrica” è per d’Annunzio un libro “tradotto in pietre vive”, come si legge nell’iscrizione posta al suo ingresso: il Poeta considera il Vittoriale come la materializzazione con pietre, spazi e arredi della “rivelazione spirituale” che le sue opere realizzano con la parola. Per poter realizzare quest’ambiziosa impresa, d’Annunzio ha bisogno di un alter ego, che trova nell’architetto benacense Giancarlo Maroni. Fin dall’inizio, il dialogo tra i due è strettissimo, a volte perfettamente armonico e altre apparentemente conflittuale, testimoniato dalle centinaia di lettere e messaggi che si scambiano quotidianamente dall’inizio del cantiere, costruendo nel corso dei decenni un’intesa che diventa presto vera e propria simbiosi. L’attenta lettura di questo ricchissimo epistolario, unita e incrociata con l’esame del complesso costruito, saranno gli strumenti principali di questa esplorazione alla ricerca dei nessi e degli scambi che si innescano tra narrazione e architettura.

Un “libro tradotto in pietre vive”: Narrazione e architettura nella costruzione del Vittoriale di Gabriele d’Annunzio

Micaela Antonucci
2019

Abstract

Il Vittoriale è un singolare esempio di “casa d’artista” nel Novecento: residenza, studio, manifesto ideologico, museo e monumento insieme, il complesso affacciato sul lago di Garda è ideato e allestito in vita dallo stesso personaggio che celebra, rispecchiando tutte le sfaccettature della sua complessa e caleidoscopica figura. Il rapporto di d’Annunzio con le arti, che qui trova una delle sue più spettacolari materializzazioni, è un tema ampiamente indagato, sia da parte degli storici dell’arte e dell’architettura che da parte della critica letteraria. A partire da questi numerosi e autorevoli studi, qui si vorrebbe aggiungervi un altro piccolo tassello proponendo una nuova riflessione incentrata sul rapporto tra struttura narrativa e struttura architettonica nel Vittoriale, in cui l’assoluta e speciale coincidenza tra fabbrica e Kunstwollen del committente produce un’opera unica nella sua eteronimia, frutto della sintesi tra letteratura e architettura. Quella che chiama la “Santa Fabbrica” è per d’Annunzio un libro “tradotto in pietre vive”, come si legge nell’iscrizione posta al suo ingresso: il Poeta considera il Vittoriale come la materializzazione con pietre, spazi e arredi della “rivelazione spirituale” che le sue opere realizzano con la parola. Per poter realizzare quest’ambiziosa impresa, d’Annunzio ha bisogno di un alter ego, che trova nell’architetto benacense Giancarlo Maroni. Fin dall’inizio, il dialogo tra i due è strettissimo, a volte perfettamente armonico e altre apparentemente conflittuale, testimoniato dalle centinaia di lettere e messaggi che si scambiano quotidianamente dall’inizio del cantiere, costruendo nel corso dei decenni un’intesa che diventa presto vera e propria simbiosi. L’attenta lettura di questo ricchissimo epistolario, unita e incrociata con l’esame del complesso costruito, saranno gli strumenti principali di questa esplorazione alla ricerca dei nessi e degli scambi che si innescano tra narrazione e architettura.
2019
Archiletture. Forma e narrazione tra architettura e letteratura
491
511
Micaela Antonucci
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/736506
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