L’intervento vuole indagare gli aspetti essenziali della ricezione di Plauto, autore comico per eccellenza, nella Bologna tra Quattro e Cinquecento. Per gli umanisti bolognesi infatti i testi plautini non rappresentarono soltanto una palestra linguistica ed ermeneutica ma vennero anche inseriti tra quei “classici del metamorfico” ritenuti essenziali per comprendere e spiegare la mutevole complessità del reale. Si guarderà dunque a Giovan Battista Pio che nel 1500 pubblicava a Milano il suo «Plautus integer» con un ricco commento, così come a Filippo Beroaldo il Vecchio e alla sua edizione “restaurata” del «Plautus diligenter recognitus» uscita nel 1503, senza dimenticare che proprio Plauto fu l’oggetto del debutto editoriale di Achille Bocchi nel 1508 con la sua «Apologia in Plautum». Così, se dal punto di vista filologico e commentario il testo delle commedie plautine fu oggetto di cure critiche di primo piano, l’assidua frequentazione del lessico comico aveva fatto sì che negli stessi anni Antonio Urceo Codro, con una perfetta mimesi linguistica, avesse completato il finale dell’«Aulularia» plautina con un «supplementum» destinato ad essere la sua opera di maggior successo europeo. Inoltre, l’interiorizzazione del modello plautino da parte dei grammatici si rifletteva con ogni probabilità anche nelle scelte lessicali e nella pratica didattica come mostrano le «praelectiones» giunte fino a noi.

Giacomo Ventura (2019). Il «Comicus» per i grammatici: Plauto tra filologia e imitazione nella Bologna del primo Cinquecento. Firenze : Società Editrice Fiorentina.

Il «Comicus» per i grammatici: Plauto tra filologia e imitazione nella Bologna del primo Cinquecento

Giacomo Ventura
2019

Abstract

L’intervento vuole indagare gli aspetti essenziali della ricezione di Plauto, autore comico per eccellenza, nella Bologna tra Quattro e Cinquecento. Per gli umanisti bolognesi infatti i testi plautini non rappresentarono soltanto una palestra linguistica ed ermeneutica ma vennero anche inseriti tra quei “classici del metamorfico” ritenuti essenziali per comprendere e spiegare la mutevole complessità del reale. Si guarderà dunque a Giovan Battista Pio che nel 1500 pubblicava a Milano il suo «Plautus integer» con un ricco commento, così come a Filippo Beroaldo il Vecchio e alla sua edizione “restaurata” del «Plautus diligenter recognitus» uscita nel 1503, senza dimenticare che proprio Plauto fu l’oggetto del debutto editoriale di Achille Bocchi nel 1508 con la sua «Apologia in Plautum». Così, se dal punto di vista filologico e commentario il testo delle commedie plautine fu oggetto di cure critiche di primo piano, l’assidua frequentazione del lessico comico aveva fatto sì che negli stessi anni Antonio Urceo Codro, con una perfetta mimesi linguistica, avesse completato il finale dell’«Aulularia» plautina con un «supplementum» destinato ad essere la sua opera di maggior successo europeo. Inoltre, l’interiorizzazione del modello plautino da parte dei grammatici si rifletteva con ogni probabilità anche nelle scelte lessicali e nella pratica didattica come mostrano le «praelectiones» giunte fino a noi.
2019
Atti congresso Adi 2017 – Le forme del comico
166
175
Giacomo Ventura (2019). Il «Comicus» per i grammatici: Plauto tra filologia e imitazione nella Bologna del primo Cinquecento. Firenze : Società Editrice Fiorentina.
Giacomo Ventura
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