Il testo è stato pubblicato nella rivista “Il Capitale Culturale” (rivista di fascia A per l’area 10) all’interno del PRIN Archeologia e futuro. La ricerca si propone l’obiettivo di delineare le forme archetipe e i modelli espositivi delle collezioni e dei musei archeologici fra Settecento e prima metà dell’Ottocento. In quest’arco di tempo, infatti, il display museale inizia a prestare sempre maggiore attenzione alle esigenze di un visitatore non specializzato. Come è chiaramente indicato nella nota introduttiva l’autore ha redatto i testi dedicati al Settecento, mentre Maria Luigia Paglini quelli relativi all’Ottocento. Lo studio sul XVIII secolo analizza l’apparente fruibilità di molte collezioni e le novità museologiche collegate ai metodi di allestimento innovativi favoriti dallo spirito di razionalizzazione illuminista. Dal punto di vista metodologico e critico l’indagine si avvale sia di studi recenti, sia di un’approfondita analisi delle fonti coeve. Ne emerge che, nel volgere di alcuni decenni, la collezione privata e il museo, ancora non del tutto aperti al pubblico, si trasformano, spesso, anche in ragione del mutato contesto storico-politico e del gusto di una classe "borghese" in ascesa. Nella ricerca la dimensione tradizionale di una rigorosa analisi testuale - anche di testi rari della storiografia francese - si accompagna all’attenzione per il modello metodologico proposto dalla sociologia della cultura secondo Pierre Bourdieu, e si applica alla storia del collezionismo del XVIII secolo la riflessione sulla “distinzione” proposta dal teorico francese. La ricerca rivolge la propria attenzione al modo inedito in cui le nuove istituzioni tengono conto di “una pubblica opinione” in via di organizzazione e si rivolgono a visitatori sempre più numerosi e internazionali, ma meno eruditi. Gli allestimenti archeologici alla fine del Settecento e nei primi decenni dell’Ottocento non puntano solo sulla qualità delle collezioni o sulla loro importanza scientifica, ma già anche - ed è questo uno dei dati più nuovi e interessanti emersi dallo studio - sulla capacità del display di contestualizzare gli oggetti ed emozionare il visitatore; questo anche grazie ad allestimenti “immersivi” che si possono considerare una vera e propria anticipazione delle Period Rooms ottocentesche. In modo inedito, inoltre, lo studio mostra il divario spesso esistente all'interno degli stessi spazi, tra una museologia promossa dal pensiero illuminista ed una funzionalità “tradizionale” ancora collegata alla esaltazione del lignaggio tramandata dal sistema collezionistico del Barocco.

Archetipi espositivi e modelli di fruizione dell'antico tra Settecento e Ottocento / Costa, Sandra; Pagliani, Maria Luigia. - In: IL CAPITALE CULTURALE. - ISSN 2039-2362. - ELETTRONICO. - Supplementi 9:(2019), pp. 83-124. [10.13138/2039-2362/2188]

Archetipi espositivi e modelli di fruizione dell'antico tra Settecento e Ottocento

Costa, Sandra;
2019

Abstract

Il testo è stato pubblicato nella rivista “Il Capitale Culturale” (rivista di fascia A per l’area 10) all’interno del PRIN Archeologia e futuro. La ricerca si propone l’obiettivo di delineare le forme archetipe e i modelli espositivi delle collezioni e dei musei archeologici fra Settecento e prima metà dell’Ottocento. In quest’arco di tempo, infatti, il display museale inizia a prestare sempre maggiore attenzione alle esigenze di un visitatore non specializzato. Come è chiaramente indicato nella nota introduttiva l’autore ha redatto i testi dedicati al Settecento, mentre Maria Luigia Paglini quelli relativi all’Ottocento. Lo studio sul XVIII secolo analizza l’apparente fruibilità di molte collezioni e le novità museologiche collegate ai metodi di allestimento innovativi favoriti dallo spirito di razionalizzazione illuminista. Dal punto di vista metodologico e critico l’indagine si avvale sia di studi recenti, sia di un’approfondita analisi delle fonti coeve. Ne emerge che, nel volgere di alcuni decenni, la collezione privata e il museo, ancora non del tutto aperti al pubblico, si trasformano, spesso, anche in ragione del mutato contesto storico-politico e del gusto di una classe "borghese" in ascesa. Nella ricerca la dimensione tradizionale di una rigorosa analisi testuale - anche di testi rari della storiografia francese - si accompagna all’attenzione per il modello metodologico proposto dalla sociologia della cultura secondo Pierre Bourdieu, e si applica alla storia del collezionismo del XVIII secolo la riflessione sulla “distinzione” proposta dal teorico francese. La ricerca rivolge la propria attenzione al modo inedito in cui le nuove istituzioni tengono conto di “una pubblica opinione” in via di organizzazione e si rivolgono a visitatori sempre più numerosi e internazionali, ma meno eruditi. Gli allestimenti archeologici alla fine del Settecento e nei primi decenni dell’Ottocento non puntano solo sulla qualità delle collezioni o sulla loro importanza scientifica, ma già anche - ed è questo uno dei dati più nuovi e interessanti emersi dallo studio - sulla capacità del display di contestualizzare gli oggetti ed emozionare il visitatore; questo anche grazie ad allestimenti “immersivi” che si possono considerare una vera e propria anticipazione delle Period Rooms ottocentesche. In modo inedito, inoltre, lo studio mostra il divario spesso esistente all'interno degli stessi spazi, tra una museologia promossa dal pensiero illuminista ed una funzionalità “tradizionale” ancora collegata alla esaltazione del lignaggio tramandata dal sistema collezionistico del Barocco.
2019
Archetipi espositivi e modelli di fruizione dell'antico tra Settecento e Ottocento / Costa, Sandra; Pagliani, Maria Luigia. - In: IL CAPITALE CULTURALE. - ISSN 2039-2362. - ELETTRONICO. - Supplementi 9:(2019), pp. 83-124. [10.13138/2039-2362/2188]
Costa, Sandra; Pagliani, Maria Luigia
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