In questa rassegna si intende riflettere in modo critico sulle recenti modifiche alla disciplina sostanzialistica dell’esecuzione penitenziaria nei confronti dei ristretti adulti, con particolare riguardo alle maggiori novità sulla vita e sul lavoro in ambito penitenziario. I contenuti più significativi dei decreti legislativi emanati su proposta dell’attuale Ministro della Giustizia vengono quindi messi in relazione sia con le norme e le prassi preesistenti, che con le proposte e le logiche presenti nei lavori e negli atti appena richiamati. All'esito della ricognizione critica condotta, la politica penale delle interpolazioni e dei compromessi interpretata dal legislatore delegante risulta aver concesso spazio e vigore alle opzioni espresse dagli illusionismi e dalle convenienze del legislatore delegato, che tanto nell’ampliamento delle ablazioni quanto nello svuotamento delle innovazioni, rispetto ai contenuti della legge delega e degli originari decreti legislativi presentati, disegnano il ritorno a un’idea della pena incentrata sulla pratica del carcere, in cui il trattamento risocializzante viene ancora ricondotto al principio rieducativo, ma solo in una chiave velleitaria e propagandistica che lo rende un mero simulacro, poiché invece di perseguire l’istanza emancipatoria e solidaristica nella proiezione dell’inclusione verso la società libera, è ripiegato sulla pretesa giustizialista e punitiva della privazione della libertà dentro l’istituzione totale. Il percorso avviato sotto l’urgenza del sovraffollamento nel segno della reintegrazione è stato spazzato via da un’ondata di neopunitivismo in uno scenario di ricarcerizzazione. Se infatti almeno negli ultimi vent’anni la politica penitenziaria nei confronti dei ristretti comuni era stata comunque orientata alla de-carcerizzazione, secondo una pragmatica logica deflativa, ora si è invece tornati a programmare la co-struzione di nuove carceri e a gestire il trattamento negli istituti esistenti, secondo una tradizionale logica afflittiva. Se pertanto prima la nostra società, che non riusciva a sostenere i costi di un sistema penitenziario umano e rieducativo, comunque si impegnava per evitare il più possibile l’esperienza del car-cere ai condannati che dimostravano di possedere del capitale sociale che li rendeva affidabili alla potenziale risocializzazione, oggi si ritorna a chiedere che i rei paghino per il male commesso con una pena da scontare in carcere, nelle condizioni più o meno dignitose che l’amministrazione penitenziaria potrà loro riconoscere, così come che durante l’espiazione della pena in carcere ripaghino la collettività offesa, mediante prestazioni più o meno simboliche che potranno loro servire per venire apprezzati presso l’opinione pubblica secondo la narrativa sicuritaria della riconferma della certezza della pena.
Davide Bertaccini (2019). Una rassegna disincantata sulla disciplina sostanzialistica della "riforma" penitenziaria. L'INDICE PENALE, Anno V(Numero 2 (Sezione On Line)), 38-71.
Una rassegna disincantata sulla disciplina sostanzialistica della "riforma" penitenziaria
Davide Bertaccini
2019
Abstract
In questa rassegna si intende riflettere in modo critico sulle recenti modifiche alla disciplina sostanzialistica dell’esecuzione penitenziaria nei confronti dei ristretti adulti, con particolare riguardo alle maggiori novità sulla vita e sul lavoro in ambito penitenziario. I contenuti più significativi dei decreti legislativi emanati su proposta dell’attuale Ministro della Giustizia vengono quindi messi in relazione sia con le norme e le prassi preesistenti, che con le proposte e le logiche presenti nei lavori e negli atti appena richiamati. All'esito della ricognizione critica condotta, la politica penale delle interpolazioni e dei compromessi interpretata dal legislatore delegante risulta aver concesso spazio e vigore alle opzioni espresse dagli illusionismi e dalle convenienze del legislatore delegato, che tanto nell’ampliamento delle ablazioni quanto nello svuotamento delle innovazioni, rispetto ai contenuti della legge delega e degli originari decreti legislativi presentati, disegnano il ritorno a un’idea della pena incentrata sulla pratica del carcere, in cui il trattamento risocializzante viene ancora ricondotto al principio rieducativo, ma solo in una chiave velleitaria e propagandistica che lo rende un mero simulacro, poiché invece di perseguire l’istanza emancipatoria e solidaristica nella proiezione dell’inclusione verso la società libera, è ripiegato sulla pretesa giustizialista e punitiva della privazione della libertà dentro l’istituzione totale. Il percorso avviato sotto l’urgenza del sovraffollamento nel segno della reintegrazione è stato spazzato via da un’ondata di neopunitivismo in uno scenario di ricarcerizzazione. Se infatti almeno negli ultimi vent’anni la politica penitenziaria nei confronti dei ristretti comuni era stata comunque orientata alla de-carcerizzazione, secondo una pragmatica logica deflativa, ora si è invece tornati a programmare la co-struzione di nuove carceri e a gestire il trattamento negli istituti esistenti, secondo una tradizionale logica afflittiva. Se pertanto prima la nostra società, che non riusciva a sostenere i costi di un sistema penitenziario umano e rieducativo, comunque si impegnava per evitare il più possibile l’esperienza del car-cere ai condannati che dimostravano di possedere del capitale sociale che li rendeva affidabili alla potenziale risocializzazione, oggi si ritorna a chiedere che i rei paghino per il male commesso con una pena da scontare in carcere, nelle condizioni più o meno dignitose che l’amministrazione penitenziaria potrà loro riconoscere, così come che durante l’espiazione della pena in carcere ripaghino la collettività offesa, mediante prestazioni più o meno simboliche che potranno loro servire per venire apprezzati presso l’opinione pubblica secondo la narrativa sicuritaria della riconferma della certezza della pena.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.