L’attività di gioco spontaneo, che ha svezzato tante generazioni di bambini, è oggi fortemente limitata a vantaggio di una organizzazione molto strutturata della giornata che tiene in ostaggio l’infanzia e soffoca il naturale istinto del bambino a esplorare e agire, soprattutto attraverso il gioco, per assecondare quella spinta naturale all’autoapprendimento che accompagna da sempre l’uomo nel suo cammino evolutivo. I bambini, assetati di conoscenza, curiosi ed esploratori, non risparmiano energie per scoprire l’ambiente che li circonda e, senza particolari aiuti, apprendono da soli tantissime conoscenze e sviluppano diverse competenze. Per queste loro caratteristiche, nonché per istinto naturale, come avviene per quasi tutti i cuccioli dei mammiferi, i bambini giocano, da soli o in compagnia, mettendo alla prova il loro controllo, le loro emozioni, la loro intelligenza, la loro capacità di risolvere problemi o superare ostacoli. Tale carattere comportamentale, attivo e positivo, rischia di essere anestetizzato da una tendenza culturale volta sia a smorzare l’agire del bambino sia a confinarlo in attività statiche, sedentarie, realizzate per lo più in luoghi circoscritti e vigilati. L’infanzia è reclusa, i bambini sono sorvegliati speciali, godono di libertà vigilata e vedono preclusa lo loro propensione ad agire da soli, in autonomia, sperimentando i loro limiti, correndo dei rischi accettabili, acquisendo fiducia e autostima nei propri mezzi e capacità. La limitazione dell’attività libera, in particolare del gioco, è uno dei danni maggiori arrecati alle attuali generazioni infantili, di questo, il mondo educativo, dovrà dare conto nei prossimi decenni. Nel prosieguo del contributo si rifletterà, seppur brevemente, sulle caratteristiche del gioco e dello sport, in età infantile, sull’atteggiamento dell’adulto verso queste due diverse categorie di attività e sugli effetti prodotti verso i quali, certamente, è necessario porre attenzione pedagogica.

Il gioco infantile e lo sport: una invazione di campo.

andrea ceciliani
2019

Abstract

L’attività di gioco spontaneo, che ha svezzato tante generazioni di bambini, è oggi fortemente limitata a vantaggio di una organizzazione molto strutturata della giornata che tiene in ostaggio l’infanzia e soffoca il naturale istinto del bambino a esplorare e agire, soprattutto attraverso il gioco, per assecondare quella spinta naturale all’autoapprendimento che accompagna da sempre l’uomo nel suo cammino evolutivo. I bambini, assetati di conoscenza, curiosi ed esploratori, non risparmiano energie per scoprire l’ambiente che li circonda e, senza particolari aiuti, apprendono da soli tantissime conoscenze e sviluppano diverse competenze. Per queste loro caratteristiche, nonché per istinto naturale, come avviene per quasi tutti i cuccioli dei mammiferi, i bambini giocano, da soli o in compagnia, mettendo alla prova il loro controllo, le loro emozioni, la loro intelligenza, la loro capacità di risolvere problemi o superare ostacoli. Tale carattere comportamentale, attivo e positivo, rischia di essere anestetizzato da una tendenza culturale volta sia a smorzare l’agire del bambino sia a confinarlo in attività statiche, sedentarie, realizzate per lo più in luoghi circoscritti e vigilati. L’infanzia è reclusa, i bambini sono sorvegliati speciali, godono di libertà vigilata e vedono preclusa lo loro propensione ad agire da soli, in autonomia, sperimentando i loro limiti, correndo dei rischi accettabili, acquisendo fiducia e autostima nei propri mezzi e capacità. La limitazione dell’attività libera, in particolare del gioco, è uno dei danni maggiori arrecati alle attuali generazioni infantili, di questo, il mondo educativo, dovrà dare conto nei prossimi decenni. Nel prosieguo del contributo si rifletterà, seppur brevemente, sulle caratteristiche del gioco e dello sport, in età infantile, sull’atteggiamento dell’adulto verso queste due diverse categorie di attività e sugli effetti prodotti verso i quali, certamente, è necessario porre attenzione pedagogica.
2019
andrea ceciliani
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