La memoria è una fonte preziosa per la storia della deportazione nazista e fascista, senz’altro la più ricca. La storia è una risorsa necessaria alla memoria della deportazione, in qualche modo la libera preservandone la ricchezza. Come ha scritto Anna Rossi-Doria: “Tra storia e memoria si possono rintracciare molti fili comuni […] è necessario avviare una sorta di riconciliazione tra storia e memoria”. È su questo intreccio, a volte conflittuale ma necessario, che si muovono le mie riflessioni. È indubbio, anche a settantatré anni dalla liberazione, che la deportazione nei Lager nazisti, nel suo complesso, sia uno di quegli eventi che appaiono irriducibili alle comuni categorie interpretative della storia. Il passaggio dalla memoria alla storia è stato più volte invocato dai deportati, ma la loro esperienza è rimasta a lungo ai margini dalla storiografia. Le cause di questo silenzio, per il caso italiano, sono molteplici: le divisioni politiche che hanno pesantemente segnato la storiografia contemporaneistica italiana; la mancanza di rapporti con le altre discipline, in particolare con le scienze sociali; il fatto che le ricerche si sono concentrate sulla Resistenza . Alla base di questa assenza sta soprattutto il fatto che non esiste un ordine simbolico in cui inserire l'esperienza della deportazione: i deportati non potevano a nessun titolo essere iscritti nel mito resistenziale del combattente in armi attraverso il quale si voleva rifondare l'Italia del dopoguerra.

«L’ago dentro e fuori». Il nodo memoria/storia nel caso della deportazione

Valentina Greco
2018

Abstract

La memoria è una fonte preziosa per la storia della deportazione nazista e fascista, senz’altro la più ricca. La storia è una risorsa necessaria alla memoria della deportazione, in qualche modo la libera preservandone la ricchezza. Come ha scritto Anna Rossi-Doria: “Tra storia e memoria si possono rintracciare molti fili comuni […] è necessario avviare una sorta di riconciliazione tra storia e memoria”. È su questo intreccio, a volte conflittuale ma necessario, che si muovono le mie riflessioni. È indubbio, anche a settantatré anni dalla liberazione, che la deportazione nei Lager nazisti, nel suo complesso, sia uno di quegli eventi che appaiono irriducibili alle comuni categorie interpretative della storia. Il passaggio dalla memoria alla storia è stato più volte invocato dai deportati, ma la loro esperienza è rimasta a lungo ai margini dalla storiografia. Le cause di questo silenzio, per il caso italiano, sono molteplici: le divisioni politiche che hanno pesantemente segnato la storiografia contemporaneistica italiana; la mancanza di rapporti con le altre discipline, in particolare con le scienze sociali; il fatto che le ricerche si sono concentrate sulla Resistenza . Alla base di questa assenza sta soprattutto il fatto che non esiste un ordine simbolico in cui inserire l'esperienza della deportazione: i deportati non potevano a nessun titolo essere iscritti nel mito resistenziale del combattente in armi attraverso il quale si voleva rifondare l'Italia del dopoguerra.
2018
Valentina Greco
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/691070
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