Fonti e archivi universitari per la storia della professione contabile

Per lo storico delle professioni, le fonti universitarie rappresentano una fonte imprescindibile per ricostruire sia il tempo storico, sia il tempo biografico che definisce e modifica nel tempo la fisionomia del gruppo professionale per formazione accademica, dimensioni, struttura di genere, identità, campi professionali e strategie sociali. Fino ad ora, tra le fonti documentarie prodotte dalle Scuole superiori di commercio e poi dalle Facoltà di economia e commercio, gli storici delle professioni hanno privilegiato la documentazione a stampa come statuti, regolamenti e annuari, per gli indubbi vantaggi connessi all’uso di fonti qualitativamente soddisfacenti e di agevole consultazione. Nella ricostruzione della professionalizzazione dei contabili italiani, restano, invece, quasi del tutto inesplorate e valorizzate le fonti d’archivio, a partire dai fascicoli personali dei laureati in economia e commercio conservati negli archivi storici universitari. L’Archivio storico dell’Università di Bologna conserva, tra gli altri, il fondo dei laureati in economia e commercio che comprende 1.679 fascicoli, che coprono un arco temporale che va dal 1929 (anno di inaugurazione dei corsi) al 1950, a cui va aggiunta una decina di fascicoli del periodo successivo. Dei fascicoli dei laureati in economia e commercio dell’Università di Bologna è stata così intrapresa una prima ricognizione, preludio a un lavoro più sistematico, con l’obiettivo di comprendere le potenzialità quantitative e qualitative di tale fonte. Per ogni laureato, il fascicolo personale, presenta infatti la carriera accademica (dall’ingresso all’università fino al conseguimento della laurea), notizie sulla famiglia e il luogo d’origine, eventuali informazioni sulla carriera professionale intrapresa al termine degli studi. Nell’articolo si è dato conto dei primi risultati della ricerca e dell’impatto che essa può avere all’interno della storia della professione economico-contabile a livello per lo meno regionale, come i primi dati sulla mobilità studentesca sembrano evidenziare.