L'articolo illustra il metodo di Guido Guglielmi, che è stato il più “filosofico” dei critici letterari, o meglio quello che più di ogni altro ha avuto una mente speculativa. Questo abito mentale si è tradotto nell’opera di Guglielmi in una spiccata attitudine metadiscorsiva che lo ha portato a fare una critica della critica senza però farlo diventare un teorico della letteratura perché le sue analisi non sono mai state astratte, come tendono a esserlo quelle di un teorico puro. In un certo senso ha fatto storia della letteratura senza essere propriamente uno storico della letteratura tradizionale perché il suo obiettivo, prima di perseguire dei tracciati diacronici, era quello di concentrarsi su un testo e rimanervi sopra a lungo per scavarlo in profondità e proiettarlo su inedite aperture, perfino su campi esterni alla letteratura. Grazie a un’intelligenza filosofica si tuffava nel profondo, da cui riemergeva con quello che aveva scoperto esponendolo con un linguaggio denso, aggrumato, impossibile da sciogliere e da stemperare con una semplice scorsa. I suoi periodi hanno una naturale linearità paratattica, ma sono talmente concentrati da assumere la dimensione lapidaria degli aforismi che dal loro esile ricettacolo irraggiano schegge di luce folgorante. La loro referenzialità non è nemmeno apodittica perché anzi la sintesi di pensiero che vi è custodita e compressa non sancisce lo status quo ma ri-crea il testo. La sua critica non segue un processo mimetico o descrittivamente riproduttivo, ma attivo, secondo una «ricezione produttiva», assolta solo dopo un ravvicinato corpo a corpo con il testo con cui si instaura un dialogo dialettico.
Battistini, A. (2017). Un esempio di ricezione produttiva. POETICHE, 19(47), 407-410.
Un esempio di ricezione produttiva
Battistini, Andrea
2017
Abstract
L'articolo illustra il metodo di Guido Guglielmi, che è stato il più “filosofico” dei critici letterari, o meglio quello che più di ogni altro ha avuto una mente speculativa. Questo abito mentale si è tradotto nell’opera di Guglielmi in una spiccata attitudine metadiscorsiva che lo ha portato a fare una critica della critica senza però farlo diventare un teorico della letteratura perché le sue analisi non sono mai state astratte, come tendono a esserlo quelle di un teorico puro. In un certo senso ha fatto storia della letteratura senza essere propriamente uno storico della letteratura tradizionale perché il suo obiettivo, prima di perseguire dei tracciati diacronici, era quello di concentrarsi su un testo e rimanervi sopra a lungo per scavarlo in profondità e proiettarlo su inedite aperture, perfino su campi esterni alla letteratura. Grazie a un’intelligenza filosofica si tuffava nel profondo, da cui riemergeva con quello che aveva scoperto esponendolo con un linguaggio denso, aggrumato, impossibile da sciogliere e da stemperare con una semplice scorsa. I suoi periodi hanno una naturale linearità paratattica, ma sono talmente concentrati da assumere la dimensione lapidaria degli aforismi che dal loro esile ricettacolo irraggiano schegge di luce folgorante. La loro referenzialità non è nemmeno apodittica perché anzi la sintesi di pensiero che vi è custodita e compressa non sancisce lo status quo ma ri-crea il testo. La sua critica non segue un processo mimetico o descrittivamente riproduttivo, ma attivo, secondo una «ricezione produttiva», assolta solo dopo un ravvicinato corpo a corpo con il testo con cui si instaura un dialogo dialettico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


