Il saggio indaga il rapporto tra balletto e arti visive nell'Ottocento attraverso l'analisi di un caso esemplare, quello di Théophile Gautier, letterato e uomo di teatro che fonda il proprio sguardo critico e il proprio fare artistico su una formazione di pittore. Per Gautier il balletto “doit être un tableau avant d’être un drâme” e non può essere realizzato che “sous des apparences plastiques”. Il libretto è come “une toile sur laquelle le chorégraphe peint un tableau” e il letterato che si accinge a scriverne uno dovrebbe collaborare con pittori e scultori, abituati a “rendre la pensée visible”. Egli stesso considera le proprie critiche come "tableaux à la plume", ovvero come descrizioni in cui la padronanza tecnica e poetica della lingua è in grado di dipingere ciò che l'occhio ha visto grazie alla capacità di "changer le dictionnaire en palette". Afferma a più riprese e teorizza l'equiparazione tra danzatrice e opera d’arte, sostenendo che la danzatrice è valutabile in base agli stessi criteri con cui si valuta, o, meglio, egli valuta, un bell'oggetto. I suoi libretti per balletto, poi, poggiano su fonti pittoriche: per La Péri (1843) trova la scena finale in un quadro di Alexandre-Gabriel Decamps e immagina i costumi a partire dagli schizzi di Prosper Marilhat; per Yanko le bandit (1858) sfoglia l'Album ethnographique de la monarchie autrichienne, una raccolta di acquerelli di Théodore Valerio; Le Mariage à Séville (1871) è la dichiarata traduzione in parola del quadro Le Mariage dans la vicaria de Madrid, di Mariano Fortuny y Carbo.
E. Cervellati (2006). Tableaux à la plume: Théophile Gautier, il balletto e le arti visive. CULTURE TEATRALI, 15, 125-136.
Tableaux à la plume: Théophile Gautier, il balletto e le arti visive
CERVELLATI, ELENA
2006
Abstract
Il saggio indaga il rapporto tra balletto e arti visive nell'Ottocento attraverso l'analisi di un caso esemplare, quello di Théophile Gautier, letterato e uomo di teatro che fonda il proprio sguardo critico e il proprio fare artistico su una formazione di pittore. Per Gautier il balletto “doit être un tableau avant d’être un drâme” e non può essere realizzato che “sous des apparences plastiques”. Il libretto è come “une toile sur laquelle le chorégraphe peint un tableau” e il letterato che si accinge a scriverne uno dovrebbe collaborare con pittori e scultori, abituati a “rendre la pensée visible”. Egli stesso considera le proprie critiche come "tableaux à la plume", ovvero come descrizioni in cui la padronanza tecnica e poetica della lingua è in grado di dipingere ciò che l'occhio ha visto grazie alla capacità di "changer le dictionnaire en palette". Afferma a più riprese e teorizza l'equiparazione tra danzatrice e opera d’arte, sostenendo che la danzatrice è valutabile in base agli stessi criteri con cui si valuta, o, meglio, egli valuta, un bell'oggetto. I suoi libretti per balletto, poi, poggiano su fonti pittoriche: per La Péri (1843) trova la scena finale in un quadro di Alexandre-Gabriel Decamps e immagina i costumi a partire dagli schizzi di Prosper Marilhat; per Yanko le bandit (1858) sfoglia l'Album ethnographique de la monarchie autrichienne, una raccolta di acquerelli di Théodore Valerio; Le Mariage à Séville (1871) è la dichiarata traduzione in parola del quadro Le Mariage dans la vicaria de Madrid, di Mariano Fortuny y Carbo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.