Con il termine di Micobatteriosi o Tubercolosi ittica viene indicato un complesso di malattie sistemiche ad andamento cronico, sostenute da batteri acido-alcool resistenti (BAAR) appartenenti al genere Mycobacterium. Essi colpiscono numerose specie ittiche d'acqua dolce e salata, sia di allevamento che delle acque libere, sono diffusi nel suolo, nei pascoli e nelle paludi (6). I micobatteri sono germi molto resistenti agli agenti fisici e sono in grado di permanere e sopravvivere molti mesi nell’ambiente. Le Micobatteriosi atipiche sono state segnalate soprattutto in pesci d'acquario tropicali, ma anche in pesci allevati da consumo; non si conoscono specie refrattarie a questa infezione, naturale o sperimentale (1, 4, 8). Presentano un andamento enzootico e un decorso cronico. La sintomatologia dei pesci affetti da micobatteriosi appare aspecifica: si manifesta con ritardo della crescita e/o dello sviluppo sessuale, anoressia ed emaciazione, tachipnea, apatia, letargia, lepidortosi, atassia natatoria, esoftalmo, melanosi, distensione addominale. (4, 8). Sulla cute, quando coinvolta, si osservano ulcere e tumefazioni, associate a sfilacciamento delle pinne ed emorragie diffuse. In alcuni casi l'infezione può estendersi al sistema scheletrico, causando deformità. Nei soggetti colpiti si ha un progressivo indebolimento e caduta delle difese organiche, questo processo ha come esito la morte del pesce (8, 10). All'esame anatomopatologico si osservano versamenti in cavità celomatica, presenze di pseudomembrane sui visceri, e splenomegalia, noduli biancastri diffusi in milza, fegato e rene (1, 8, 10); molto frequenti sono i portatori asintomatici. Le specie di micobatteri maggiormente coinvolte nel determinismo della tubercolosi ittica sono Mycobacterium marinum, M. fortuitum e M. chelonae, ma ad esse si affiancano altre specie, quali M. abscessus, M. peregrinum, M. gordonae, M. kansasii e M. nonchromogenicum ritenute ad oggi specie patogene emergenti (8, 10). L’interesse per questa patologia nasce dal fatto che essendo considerata una “zoonosi minore”, può essere trasmessa all’uomo, rappresentando un reale rischio soprattutto per gli operatori del settore ittico. Tali microrganismi possono penetrare attraverso ferite e abrasioni cutanee provocando la formazione di granulomi a carico della cute e non sono da escludere forme linfonodali, polmonari ed ossee ad andamento molto più drammatico, soprattutto nei soggetti giovani e in quelli immunodepressi. (2, 3). Il riscontro di casi da micobatteri ittici, riguardante i proprietari di un acquario, sottolinea la necessità di far luce su una patologia di interesse ispettivo finora poco considerata, anche in virtù del fatto che il settore acquariofilo ha raggiunto una grande importanza commerciale in tutti i paesi industrializzati e, in particolar modo in Italia, dove i pesci ornamentali rappresentano gli animali da compagnia più comuni (10). Il quadro, già complesso per la concorrenza di molte specie nel determinismo della malattia, è complicato dalla alta resistenza di tali specie ai comuni farmaci anti-tubercolari. La terapia lunga e difficile nell’uomo, è, al momento, impraticabile nei pesci (1, 7, 9). In questi episodi assume, quindi, fondamentale importanza l’isolamento e la tipizzazione del micobatterio coinvolto, necessaria per ottenere un esito corretto e soprattutto con il giusto significato diagnostico. Scopo del presente lavoro è quello di evidenziare la presenza di tali patologie nei pesci ornamentali d’importazione durante il triennio preso in considerazione, confrontandoli con i dati dei monitoraggi precedenti effettuati sul territorio nazionale
Giorgi I., Pezzolato M., Florio D., Arsieni P., Fioravanti M.L., Varello K., et al. (2008). Micobatteriosi atipiche in pesci ornamentali d’importazione: nuovi dati relativi al triennio 2006-2008. s.l : s.n.
Micobatteriosi atipiche in pesci ornamentali d’importazione: nuovi dati relativi al triennio 2006-2008
FLORIO, DANIELA;FIORAVANTI, MARIALETIZIA;ZANONI, RENATO GIULIO;
2008
Abstract
Con il termine di Micobatteriosi o Tubercolosi ittica viene indicato un complesso di malattie sistemiche ad andamento cronico, sostenute da batteri acido-alcool resistenti (BAAR) appartenenti al genere Mycobacterium. Essi colpiscono numerose specie ittiche d'acqua dolce e salata, sia di allevamento che delle acque libere, sono diffusi nel suolo, nei pascoli e nelle paludi (6). I micobatteri sono germi molto resistenti agli agenti fisici e sono in grado di permanere e sopravvivere molti mesi nell’ambiente. Le Micobatteriosi atipiche sono state segnalate soprattutto in pesci d'acquario tropicali, ma anche in pesci allevati da consumo; non si conoscono specie refrattarie a questa infezione, naturale o sperimentale (1, 4, 8). Presentano un andamento enzootico e un decorso cronico. La sintomatologia dei pesci affetti da micobatteriosi appare aspecifica: si manifesta con ritardo della crescita e/o dello sviluppo sessuale, anoressia ed emaciazione, tachipnea, apatia, letargia, lepidortosi, atassia natatoria, esoftalmo, melanosi, distensione addominale. (4, 8). Sulla cute, quando coinvolta, si osservano ulcere e tumefazioni, associate a sfilacciamento delle pinne ed emorragie diffuse. In alcuni casi l'infezione può estendersi al sistema scheletrico, causando deformità. Nei soggetti colpiti si ha un progressivo indebolimento e caduta delle difese organiche, questo processo ha come esito la morte del pesce (8, 10). All'esame anatomopatologico si osservano versamenti in cavità celomatica, presenze di pseudomembrane sui visceri, e splenomegalia, noduli biancastri diffusi in milza, fegato e rene (1, 8, 10); molto frequenti sono i portatori asintomatici. Le specie di micobatteri maggiormente coinvolte nel determinismo della tubercolosi ittica sono Mycobacterium marinum, M. fortuitum e M. chelonae, ma ad esse si affiancano altre specie, quali M. abscessus, M. peregrinum, M. gordonae, M. kansasii e M. nonchromogenicum ritenute ad oggi specie patogene emergenti (8, 10). L’interesse per questa patologia nasce dal fatto che essendo considerata una “zoonosi minore”, può essere trasmessa all’uomo, rappresentando un reale rischio soprattutto per gli operatori del settore ittico. Tali microrganismi possono penetrare attraverso ferite e abrasioni cutanee provocando la formazione di granulomi a carico della cute e non sono da escludere forme linfonodali, polmonari ed ossee ad andamento molto più drammatico, soprattutto nei soggetti giovani e in quelli immunodepressi. (2, 3). Il riscontro di casi da micobatteri ittici, riguardante i proprietari di un acquario, sottolinea la necessità di far luce su una patologia di interesse ispettivo finora poco considerata, anche in virtù del fatto che il settore acquariofilo ha raggiunto una grande importanza commerciale in tutti i paesi industrializzati e, in particolar modo in Italia, dove i pesci ornamentali rappresentano gli animali da compagnia più comuni (10). Il quadro, già complesso per la concorrenza di molte specie nel determinismo della malattia, è complicato dalla alta resistenza di tali specie ai comuni farmaci anti-tubercolari. La terapia lunga e difficile nell’uomo, è, al momento, impraticabile nei pesci (1, 7, 9). In questi episodi assume, quindi, fondamentale importanza l’isolamento e la tipizzazione del micobatterio coinvolto, necessaria per ottenere un esito corretto e soprattutto con il giusto significato diagnostico. Scopo del presente lavoro è quello di evidenziare la presenza di tali patologie nei pesci ornamentali d’importazione durante il triennio preso in considerazione, confrontandoli con i dati dei monitoraggi precedenti effettuati sul territorio nazionaleI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.