Nelle classi delle scuole italiane è sempre più frequente incontrare bambini e bambine esposti a due o più lingue. Seppure la storia linguistica e culturale di questi bimbi sia diversa, possiamo individuare dei tratti comuni: sono bambini che utilizzano e hanno bisogno di due (o più) lingue nella loro vita quotidiana, per questo motivo possono essere definiti bilingui (Grosjean, 1992). Spesso questi bambini parlano a casa una lingua minoritaria, e vengono esposti a scuola all’italiano come L2. La definizione “operativa” di bilinguismo proposta da Grosjean, ripresa anche nei più recenti studi internazionali (De Lamo White, Jin, 2011) verrà adottata in questo libro come espediente per non appesantire la trattazione evitando di parcellizzare ogni volta il costrutto del bilinguismo nelle numerose dimensioni che lo contraddistinguono. Oltre a essere una definizione operativa e funzionale la potremmo considerare anche una definizione “inclusiva”, in quanto si riferisce a tutti i bambini (e agli adulti) che per diversi motivi usano nella loro vita quotidiana due o più lingue. Un aspetto cruciale e importante di questa definizione è che, pur essendo molto ampia, fa riferimento specifico a chi ha bisogno di utilizzare più lingue nella vita quotidiana, sottolineando quindi la natura adattiva del linguaggio e il suo utilizzo a fini comunicativi, inscindibile dal contesto nel quale l’individuo vive e ha relazioni. Questa definizione inoltre permette di superare la dicotomia tra due concezioni estreme del bilinguismo.
Paola Bonifacci (2018). Bilinguismo: un costrutto dimensionale, relativo e dinamico. Roma : Carocci Editore.
Bilinguismo: un costrutto dimensionale, relativo e dinamico
Paola Bonifacci
Writing – Original Draft Preparation
2018
Abstract
Nelle classi delle scuole italiane è sempre più frequente incontrare bambini e bambine esposti a due o più lingue. Seppure la storia linguistica e culturale di questi bimbi sia diversa, possiamo individuare dei tratti comuni: sono bambini che utilizzano e hanno bisogno di due (o più) lingue nella loro vita quotidiana, per questo motivo possono essere definiti bilingui (Grosjean, 1992). Spesso questi bambini parlano a casa una lingua minoritaria, e vengono esposti a scuola all’italiano come L2. La definizione “operativa” di bilinguismo proposta da Grosjean, ripresa anche nei più recenti studi internazionali (De Lamo White, Jin, 2011) verrà adottata in questo libro come espediente per non appesantire la trattazione evitando di parcellizzare ogni volta il costrutto del bilinguismo nelle numerose dimensioni che lo contraddistinguono. Oltre a essere una definizione operativa e funzionale la potremmo considerare anche una definizione “inclusiva”, in quanto si riferisce a tutti i bambini (e agli adulti) che per diversi motivi usano nella loro vita quotidiana due o più lingue. Un aspetto cruciale e importante di questa definizione è che, pur essendo molto ampia, fa riferimento specifico a chi ha bisogno di utilizzare più lingue nella vita quotidiana, sottolineando quindi la natura adattiva del linguaggio e il suo utilizzo a fini comunicativi, inscindibile dal contesto nel quale l’individuo vive e ha relazioni. Questa definizione inoltre permette di superare la dicotomia tra due concezioni estreme del bilinguismo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.