Le storie legate al 1968 canadese richiedono chiavi di lettura di quel momento storico-culturale un po’ diverse da quella che è diventata nel tempo – e in occidente – la narrazione dominante a livello transnazionale. Pur se inscritto nel ‘sistema mondo’, il 1968 a Nord degli USA segna un momento fondamentale più per la definizione dello stesso Canada che per la volontà di rinnovamento o di cambiamento di un dato ordine (politico, economico, culturale, sociale), che pure si registra. Toronto, Montreal o Vancouver non sono le prime città che ci vengono in mente quando si parla di quegli anni. Il Canada negli anni sessanta è, di fatto, una giovane nazione post-coloniale che sta ancora rivedendo la propria carta costituzionale, ovvero una nazione che si sta ridefinendo nel suo progetto politico, culturale e identitario. Ed è qui che diventa utile recuperare un paradigma letterario, che si configura come luogo simbolico per definire cosa sia stato soprattutto il 1968 (e tutto quel decennio) in Canada. Il decennio 1960-70, infatti, viene connotato nei manuali di letteratura canadese come “Rinascimento Letterario”, ovvero come il momento in cui il Canada inizia ad esprimere una letteratura davvero autonoma, capace di creare nuovi canoni e nuovi classici slegati dai modelli inglesi dominanti fino a quel momento. E’ una letteratura che segue perfettamente la storia del Canada, che si è trovato passare da una fase coloniale a una fase postcoloniale in un tempo piuttosto breve, passando, per dirla con il poeta Robert Kroetsch, da una fase di pre-nazione a una fase di post-nazione senza mai essere diventato veramente una nazione. E in effetti, il Rinascimento degli anni sessanta porta infine il Canada al centro dell’attenzione della comunità accademica quale nazione culturalmente contrapposta agli USA, capace di proporre progetti artistici in sintonia con il mondo libero e orientato a nuove forme di giustizia sociale, ecologica ed economica. Ovvero: romanzi e opere del postmoderno, che inglobano tutte le istanze di altri post dell’epoca, il post-coloniale in primis. Le rivoluzioni che hanno luogo in Canada in quel decennio sono così rivoluzioni un po’ diverse da quelle che hanno luogo nelle altre realtà occidentali, pur inscrivendosi in quel percorso di ribellione e protesta. Anche nella pacifica Toronto si trovano cartelli affissi nei negozi che pregano gli Hippies di entrare dalla porta sul retro. Ma la rivoluzione di cui ancora si parla in Canada quando si pensa al decennio 1960-70 non è tanto quella legata ai movimenti della protesta studentesca, quanto quella che ha avuto luogo in Québec, nel Canada francofono, e che è passata alla Storia come ‘rivoluzione tranquilla’, anche se in realtà ebbe onde di rimbalzo violente, sorprendenti per la nazione.
Elena Lamberti (2018). "Storie di un altro Sessantotto. Le rivoluzioni (più o meno) tranquille di Montreal". Milano : Edizione Unicopli.
"Storie di un altro Sessantotto. Le rivoluzioni (più o meno) tranquille di Montreal"
Elena Lamberti
2018
Abstract
Le storie legate al 1968 canadese richiedono chiavi di lettura di quel momento storico-culturale un po’ diverse da quella che è diventata nel tempo – e in occidente – la narrazione dominante a livello transnazionale. Pur se inscritto nel ‘sistema mondo’, il 1968 a Nord degli USA segna un momento fondamentale più per la definizione dello stesso Canada che per la volontà di rinnovamento o di cambiamento di un dato ordine (politico, economico, culturale, sociale), che pure si registra. Toronto, Montreal o Vancouver non sono le prime città che ci vengono in mente quando si parla di quegli anni. Il Canada negli anni sessanta è, di fatto, una giovane nazione post-coloniale che sta ancora rivedendo la propria carta costituzionale, ovvero una nazione che si sta ridefinendo nel suo progetto politico, culturale e identitario. Ed è qui che diventa utile recuperare un paradigma letterario, che si configura come luogo simbolico per definire cosa sia stato soprattutto il 1968 (e tutto quel decennio) in Canada. Il decennio 1960-70, infatti, viene connotato nei manuali di letteratura canadese come “Rinascimento Letterario”, ovvero come il momento in cui il Canada inizia ad esprimere una letteratura davvero autonoma, capace di creare nuovi canoni e nuovi classici slegati dai modelli inglesi dominanti fino a quel momento. E’ una letteratura che segue perfettamente la storia del Canada, che si è trovato passare da una fase coloniale a una fase postcoloniale in un tempo piuttosto breve, passando, per dirla con il poeta Robert Kroetsch, da una fase di pre-nazione a una fase di post-nazione senza mai essere diventato veramente una nazione. E in effetti, il Rinascimento degli anni sessanta porta infine il Canada al centro dell’attenzione della comunità accademica quale nazione culturalmente contrapposta agli USA, capace di proporre progetti artistici in sintonia con il mondo libero e orientato a nuove forme di giustizia sociale, ecologica ed economica. Ovvero: romanzi e opere del postmoderno, che inglobano tutte le istanze di altri post dell’epoca, il post-coloniale in primis. Le rivoluzioni che hanno luogo in Canada in quel decennio sono così rivoluzioni un po’ diverse da quelle che hanno luogo nelle altre realtà occidentali, pur inscrivendosi in quel percorso di ribellione e protesta. Anche nella pacifica Toronto si trovano cartelli affissi nei negozi che pregano gli Hippies di entrare dalla porta sul retro. Ma la rivoluzione di cui ancora si parla in Canada quando si pensa al decennio 1960-70 non è tanto quella legata ai movimenti della protesta studentesca, quanto quella che ha avuto luogo in Québec, nel Canada francofono, e che è passata alla Storia come ‘rivoluzione tranquilla’, anche se in realtà ebbe onde di rimbalzo violente, sorprendenti per la nazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.