Nell’opera multiforme di Giovanni Testori si coniugano la pittura e la scrittura, come due versanti inscindibili di una medesima ricerca sull’uomo e sulla rappresentazione del corpo. In particolare, gli interessi di Testori sono rivolti ai «segreti della carne» (Bazzocchi, 2015), ai tormenti insiti nel corpo che svelano la condizione di precarietà dell'uomo. La simbiosi tra le due produzioni diviene assai intensa negli anni Settanta, quando Testori dipinge la serie dei ‘Nudi di donna’ (1972-73) e, al medesimo tempo, dà vita alla cosiddetta ‘prima trilogia’ teatrale, che comprende ‘L’Ambleto’ (1972), ‘Macbetto’ (1974) e l’‘Edipus’ (1977). Per Testori la rappresentazione del corpo femminile non è solo un modo per riallacciarsi a una tradizione figurativa italiana (si era formato sui saggi di Roberto Longhi sul Caravaggio, aveva studiato i pittori manieristi del Seicento ed era amico del pittore informale Ennio Morlotti), ma soprattutto un modo per sondare la materia viva del mondo, l’insanabile frattura tra individuo e natura. L’analisi del ‘pastiche’ linguistico shakespeariano-milanese dei testi teatrali e le materialità delle pennellate dei nudi femminili mettono in evidenza l’ossessione per la carnalità dei corpi su cui si fondano sia la pittura, sia la scrittura.
filippo milani (2018). Testori e i corpi femminili. Roma : Adi editore.
Testori e i corpi femminili
filippo milani
2018
Abstract
Nell’opera multiforme di Giovanni Testori si coniugano la pittura e la scrittura, come due versanti inscindibili di una medesima ricerca sull’uomo e sulla rappresentazione del corpo. In particolare, gli interessi di Testori sono rivolti ai «segreti della carne» (Bazzocchi, 2015), ai tormenti insiti nel corpo che svelano la condizione di precarietà dell'uomo. La simbiosi tra le due produzioni diviene assai intensa negli anni Settanta, quando Testori dipinge la serie dei ‘Nudi di donna’ (1972-73) e, al medesimo tempo, dà vita alla cosiddetta ‘prima trilogia’ teatrale, che comprende ‘L’Ambleto’ (1972), ‘Macbetto’ (1974) e l’‘Edipus’ (1977). Per Testori la rappresentazione del corpo femminile non è solo un modo per riallacciarsi a una tradizione figurativa italiana (si era formato sui saggi di Roberto Longhi sul Caravaggio, aveva studiato i pittori manieristi del Seicento ed era amico del pittore informale Ennio Morlotti), ma soprattutto un modo per sondare la materia viva del mondo, l’insanabile frattura tra individuo e natura. L’analisi del ‘pastiche’ linguistico shakespeariano-milanese dei testi teatrali e le materialità delle pennellate dei nudi femminili mettono in evidenza l’ossessione per la carnalità dei corpi su cui si fondano sia la pittura, sia la scrittura.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.