Se l’applicazione della megaforma, intesa come esito evolutivo della contaminazione tra megastrutture e bigness, risponde alle esigenze di ridurre il consumo del territorio preferendo l’alta concentrazione volumetrica della grande massa, nell’ambito smallness si risolvono le difficili situazioni connesse alle calamità naturali, con l’impiego di case a basso costo e veloci da realizzare, abitazioni temporanee d’emergenza, case provvisorie per utenze specializzate, dagli homeless ai clochard, a situazioni straordinarie come le case mobili legate al nomadismo urbano o alle case parassite per governare ed estetizzare l’abusivismo edilizio . Tali scenari sono rappresentati da modellazioni progettuali di tipo solipsistico: i gonfiabili, la casa-abito e la casa-abitacolo, le nuove forme di prefabbricazione ottenute con materiali riciclati si predispongono come i mezzi più adeguati di intervento, accomunati sul piano compositivo dallo sviluppo di uno spazio interno minimo, risolto il più delle volte da un unico ambiente protetto da un involucro variabile. Distinguendosi dalle precedenti manifestazione del movimento moderno o delle neoavanguardie radicali, l’unità base di queste nuove case non è più classificabile con schemi manualistici impostati sulla modularità astratta. Inoltre la microhouse, derivata prima della smallness, è del tutto autonoma rispetto a elaborazioni finalizzate alla costruzione dell’intera città, sospendendo ogni eventuale ragionamento speculativo sul suo controllo o sul ridisegno della sua forma. La peculiarità della smallness consiste proprio in tale atteggiamento di rinuncia ad ambire alla formazione di un altro sistema al di fuori di se stessa. Insediandosi negli interstizi della città esistente, adattandosi ai luoghi reali che incontra, esprimendosi attraverso principi non omologabili, la smallness è la riduzione a zero della ridondanza visiva, lo strumento di impiego per abbattere le forme gratuite di consumismo materiale, ricorrendo a soluzioni economiche e pratiche. Non sostenuta dalle scelte politiche che rifiutano di investire sull’architettura per controllare la situazione del territorio, a discapito di grandi operazioni immobiliari affidate alle regole dell’investimento economico piuttosto che ad iniziative realisticamente capaci di contribuire a risolvere la domanda della casa e salvaguardare al contempo la qualità del territorio, la smallness è una forma autodidatta di risposta alla devastazione culturale e ambientale in atto. In un momento storico che attende con ansia la crisi economica globale continuamente annunciata, i cui segnali sono concretamente connessi al problema dei bassi salari, insufficienti a far fronte al prezzo della casa, al valore crescente dei tassi di interesse sul mutuo bancario, alla mancanza di strategie politiche capaci di fronteggiare l’avanzata della speculazione immobiliare avvallata da banche e imprenditori, la smallness evidenzia al di là delle sue attuazioni architettoniche, una valenza di carattere prettamente sociale. Con la consapevolezza che per farsi realmente operativa e portatrice di una nuova idea di “casa per tutti”, la sua struttura deve interagire con il suo estremo opposto: senza la megaforma, destinata a risolvere le stesse problematiche su di un altro livello e ad una scala diversa, la smallness si ridurrebbe a semplice gesto artistico, performance priva di solidità architettonica.

M. Agnoletto (2008). Smallness. AREA, 98, 154-167.

Smallness

AGNOLETTO, MATTEO
2008

Abstract

Se l’applicazione della megaforma, intesa come esito evolutivo della contaminazione tra megastrutture e bigness, risponde alle esigenze di ridurre il consumo del territorio preferendo l’alta concentrazione volumetrica della grande massa, nell’ambito smallness si risolvono le difficili situazioni connesse alle calamità naturali, con l’impiego di case a basso costo e veloci da realizzare, abitazioni temporanee d’emergenza, case provvisorie per utenze specializzate, dagli homeless ai clochard, a situazioni straordinarie come le case mobili legate al nomadismo urbano o alle case parassite per governare ed estetizzare l’abusivismo edilizio . Tali scenari sono rappresentati da modellazioni progettuali di tipo solipsistico: i gonfiabili, la casa-abito e la casa-abitacolo, le nuove forme di prefabbricazione ottenute con materiali riciclati si predispongono come i mezzi più adeguati di intervento, accomunati sul piano compositivo dallo sviluppo di uno spazio interno minimo, risolto il più delle volte da un unico ambiente protetto da un involucro variabile. Distinguendosi dalle precedenti manifestazione del movimento moderno o delle neoavanguardie radicali, l’unità base di queste nuove case non è più classificabile con schemi manualistici impostati sulla modularità astratta. Inoltre la microhouse, derivata prima della smallness, è del tutto autonoma rispetto a elaborazioni finalizzate alla costruzione dell’intera città, sospendendo ogni eventuale ragionamento speculativo sul suo controllo o sul ridisegno della sua forma. La peculiarità della smallness consiste proprio in tale atteggiamento di rinuncia ad ambire alla formazione di un altro sistema al di fuori di se stessa. Insediandosi negli interstizi della città esistente, adattandosi ai luoghi reali che incontra, esprimendosi attraverso principi non omologabili, la smallness è la riduzione a zero della ridondanza visiva, lo strumento di impiego per abbattere le forme gratuite di consumismo materiale, ricorrendo a soluzioni economiche e pratiche. Non sostenuta dalle scelte politiche che rifiutano di investire sull’architettura per controllare la situazione del territorio, a discapito di grandi operazioni immobiliari affidate alle regole dell’investimento economico piuttosto che ad iniziative realisticamente capaci di contribuire a risolvere la domanda della casa e salvaguardare al contempo la qualità del territorio, la smallness è una forma autodidatta di risposta alla devastazione culturale e ambientale in atto. In un momento storico che attende con ansia la crisi economica globale continuamente annunciata, i cui segnali sono concretamente connessi al problema dei bassi salari, insufficienti a far fronte al prezzo della casa, al valore crescente dei tassi di interesse sul mutuo bancario, alla mancanza di strategie politiche capaci di fronteggiare l’avanzata della speculazione immobiliare avvallata da banche e imprenditori, la smallness evidenzia al di là delle sue attuazioni architettoniche, una valenza di carattere prettamente sociale. Con la consapevolezza che per farsi realmente operativa e portatrice di una nuova idea di “casa per tutti”, la sua struttura deve interagire con il suo estremo opposto: senza la megaforma, destinata a risolvere le stesse problematiche su di un altro livello e ad una scala diversa, la smallness si ridurrebbe a semplice gesto artistico, performance priva di solidità architettonica.
2008
M. Agnoletto (2008). Smallness. AREA, 98, 154-167.
M. Agnoletto
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