Durante gli ultimi anni l’attenzione verso la possibilità di atti di sabotaggio o terrorismo che coinvolgano industrie di processo è molto cresciuta. I siti industriali che detengono sostanze pericolose (infiammabili e/o tossiche) rappresentano un possibile obiettivo per azioni di questo tipo. Tuttavia, mentre la mappatura del rischio chimico convenzionale è ormai formalizzata ed ampiamente utilizzata per la pianificazione di emergenza, minore attenzione è stata data finora alla mappatura del rischio chimico associato a fattori esterni. La specificità degli scenari potenziali d’altronde richiede, come nel caso del rischio d’area, un approccio specifico alla pianificazione, di cui la mappatura del rischio potenziale è il presupposto. Nel presente lavoro è stato elaborato un metodo di mappatura del rischio associato a fattori esterni derivanti da atti intenzionali di interferenza. Il metodo è basato su due categorie di indici: la prima quantifica la pericolosità intrinseca del sito in esame ed è legata alla quantità di sostanze pericolose detenute (combinata con le rispettive soglie indicate nella legislazione vigente), la seconda si riferisce alla vulnerabilità territoriale dell’area di impatto (che deve pertanto essere identificata) ed è da ricondursi alla densità di popolazione e al numero di centri di vulnerabilità presenti. Queste due categorie di indici, combinate tra loro, forniscono un indice finale che è stima della “criticità” dell’installazione nei confronti di fattori di rischio esterni. Sulla base dei risultati è stato quindi possibile applicare un’analisi di dettaglio alla determinazione dei raggi di danno attesi, basata sull’analisi delle conseguenze delle diverse modalità di interferenza ipotizzabili. Il metodo è stato applicato all’esame di alcune aree del territorio italiano. I risultati hanno evidenziato che è possibile individuare i “punti critici”, intesi come siti industriali vulnerabili sia dal punto di vista dell’esposizione a fattori esterni di rischio che della vulnerabilità del territorio intorno allo stabilimento. L’approccio sviluppato, attraverso una scalatura dei livelli di rischio, ha inoltre permesso di identificare livelli di priorità utilizzabili sia in funzione della pianificazione delle emergenze che per ottimizzare la distribuzione delle risorse disponibili per gli interventi di mitigazione e soccorso.
M. Sabatini, S. Ganapini, S. Bonvicini, G. Spadoni, S. Zanelli, V. Cozzani (2008). Mappatura della vulnerabilità territoriale per l’identificazione di installazione critiche in relazione a fattori esterni di rischio. PISA : DIMNP.
Mappatura della vulnerabilità territoriale per l’identificazione di installazione critiche in relazione a fattori esterni di rischio
BONVICINI, SARAH;SPADONI, GIGLIOLA;COZZANI, VALERIO
2008
Abstract
Durante gli ultimi anni l’attenzione verso la possibilità di atti di sabotaggio o terrorismo che coinvolgano industrie di processo è molto cresciuta. I siti industriali che detengono sostanze pericolose (infiammabili e/o tossiche) rappresentano un possibile obiettivo per azioni di questo tipo. Tuttavia, mentre la mappatura del rischio chimico convenzionale è ormai formalizzata ed ampiamente utilizzata per la pianificazione di emergenza, minore attenzione è stata data finora alla mappatura del rischio chimico associato a fattori esterni. La specificità degli scenari potenziali d’altronde richiede, come nel caso del rischio d’area, un approccio specifico alla pianificazione, di cui la mappatura del rischio potenziale è il presupposto. Nel presente lavoro è stato elaborato un metodo di mappatura del rischio associato a fattori esterni derivanti da atti intenzionali di interferenza. Il metodo è basato su due categorie di indici: la prima quantifica la pericolosità intrinseca del sito in esame ed è legata alla quantità di sostanze pericolose detenute (combinata con le rispettive soglie indicate nella legislazione vigente), la seconda si riferisce alla vulnerabilità territoriale dell’area di impatto (che deve pertanto essere identificata) ed è da ricondursi alla densità di popolazione e al numero di centri di vulnerabilità presenti. Queste due categorie di indici, combinate tra loro, forniscono un indice finale che è stima della “criticità” dell’installazione nei confronti di fattori di rischio esterni. Sulla base dei risultati è stato quindi possibile applicare un’analisi di dettaglio alla determinazione dei raggi di danno attesi, basata sull’analisi delle conseguenze delle diverse modalità di interferenza ipotizzabili. Il metodo è stato applicato all’esame di alcune aree del territorio italiano. I risultati hanno evidenziato che è possibile individuare i “punti critici”, intesi come siti industriali vulnerabili sia dal punto di vista dell’esposizione a fattori esterni di rischio che della vulnerabilità del territorio intorno allo stabilimento. L’approccio sviluppato, attraverso una scalatura dei livelli di rischio, ha inoltre permesso di identificare livelli di priorità utilizzabili sia in funzione della pianificazione delle emergenze che per ottimizzare la distribuzione delle risorse disponibili per gli interventi di mitigazione e soccorso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.