Pidgin e creoli traggono origine in situazioni di contatto, spesso forzato, tra gruppi umani con lingue madri differenti e non reciprocamente intelligibili, in cui, tuttavia, è indispensabile uno strumento condiviso di comunicazione. Un esempio tipico è dato dalle colonie, in cui una lingua occidentale (in genere inglese, francese, spagnolo, portoghese, nederlandese) si è sovrapposta, più o meno bruscamente, ad una serie di lingue indigene. Un pidgin è dunque una sorta di lingua occasionale, provvisoria, che costituisce appunto l’unico strumento di comunicazione tra due o più gruppi umani che non dispongono di una lingua comune. Esso di norma plasma la propria grammatica su quella delle lingue indigene e invece costruisce il proprio lessico attingendo massicciamente a quello della lingua che ad esse si è sovrapposta, in genere corrispondente al gruppo socialmente dominante. Un pidgin è quindi sempre una L2 ed ha un uso ed una diffusione limitati a pochissimi ambiti funzionali, cioè alle situazioni in cui i due gruppi umani devono effettivamente interagire. Esso, perciò, non verrà utilizzato nell’ambito familiare, che rimane di pertinenza delle lingue native. Ma se tale rapporto si prolunga nel tempo, se i diversi gruppi si integrano maggiormente (ad esempio anche a seguito di matrimoni misti), se gli ambiti di interazione aumentano e, soprattutto, se si verifica il passaggio da una comunicazione di tipo verticale (da un gruppo umano dominante ad uno subordinato) ad una di tipo orizzontale (tra gruppi umani senza differenze gerarchiche), allora il pidgin tende a stabilizzarsi e a sviluppare una “grammatica” più complessa. In questo caso, l’uso della lingua di contatto non è più strettamente confinato a poche attività di tipo lavorativo o commerciale, ma può penetrare anche nell’ambito familiare. In altri termini, il pidgin non è più solo il “ponte” tra due o più gruppi umani distinti, ma può essere adottato anche in scambi comunicativi tra membri del medesimo gruppo. Questa situazione di stabilizzazione e di espansione di un pidgin costituisce la premessa indispensabile per la comparsa di un creolo, che di fatto può essere definito come la “promozione” di un pidgin al rango di lingua nativa di una generazione. In altre parole, una lingua creola è la lingua madre di un bambino esposto, sin dalla nascita, ad un pidgin. Ovviamente questo processo non può non esplicarsi attraverso un progressivo adeguamento della lingua all’estensione dei suoi ambiti di impiego, attraverso un arricchimento del lessico (ed una sua differenziazione, con conseguente decremento della polisemia e una più precisa definizione delle categorie grammaticali) e un incremento dell’indice di complessità della grammatica (che produce una crescita del sistema fonologico, la comparsa di marche flessive e di affissi derivazionali e una maggiore strutturazione della frase, con l’immissione nel lessico di parole funzionali). In sostanza, i bambini, imparando il pidgin, lo dotano di una vera grammatica che, è bene precisarlo, non coincide necessariamente con quella della lingue che lo hanno generato. Il contributo in questione esplora i processi linguistici che portano alla ricostruzione di una grammatica nella genesi delle lingue di contatto, indagando, soprattutto, i processi che vengono di norma definiti come universali della creolizzazione. Il contributo contiene, in appendice, il più recente e completo censimento dei pidgin e dei creoli attualmente parlati, che di fatto aggiorna i dati dopo oltre 30 anni.
Grandi N. (2008). Pidgin e creoli. ROMA : Carocci.
Pidgin e creoli
GRANDI, NICOLA
2008
Abstract
Pidgin e creoli traggono origine in situazioni di contatto, spesso forzato, tra gruppi umani con lingue madri differenti e non reciprocamente intelligibili, in cui, tuttavia, è indispensabile uno strumento condiviso di comunicazione. Un esempio tipico è dato dalle colonie, in cui una lingua occidentale (in genere inglese, francese, spagnolo, portoghese, nederlandese) si è sovrapposta, più o meno bruscamente, ad una serie di lingue indigene. Un pidgin è dunque una sorta di lingua occasionale, provvisoria, che costituisce appunto l’unico strumento di comunicazione tra due o più gruppi umani che non dispongono di una lingua comune. Esso di norma plasma la propria grammatica su quella delle lingue indigene e invece costruisce il proprio lessico attingendo massicciamente a quello della lingua che ad esse si è sovrapposta, in genere corrispondente al gruppo socialmente dominante. Un pidgin è quindi sempre una L2 ed ha un uso ed una diffusione limitati a pochissimi ambiti funzionali, cioè alle situazioni in cui i due gruppi umani devono effettivamente interagire. Esso, perciò, non verrà utilizzato nell’ambito familiare, che rimane di pertinenza delle lingue native. Ma se tale rapporto si prolunga nel tempo, se i diversi gruppi si integrano maggiormente (ad esempio anche a seguito di matrimoni misti), se gli ambiti di interazione aumentano e, soprattutto, se si verifica il passaggio da una comunicazione di tipo verticale (da un gruppo umano dominante ad uno subordinato) ad una di tipo orizzontale (tra gruppi umani senza differenze gerarchiche), allora il pidgin tende a stabilizzarsi e a sviluppare una “grammatica” più complessa. In questo caso, l’uso della lingua di contatto non è più strettamente confinato a poche attività di tipo lavorativo o commerciale, ma può penetrare anche nell’ambito familiare. In altri termini, il pidgin non è più solo il “ponte” tra due o più gruppi umani distinti, ma può essere adottato anche in scambi comunicativi tra membri del medesimo gruppo. Questa situazione di stabilizzazione e di espansione di un pidgin costituisce la premessa indispensabile per la comparsa di un creolo, che di fatto può essere definito come la “promozione” di un pidgin al rango di lingua nativa di una generazione. In altre parole, una lingua creola è la lingua madre di un bambino esposto, sin dalla nascita, ad un pidgin. Ovviamente questo processo non può non esplicarsi attraverso un progressivo adeguamento della lingua all’estensione dei suoi ambiti di impiego, attraverso un arricchimento del lessico (ed una sua differenziazione, con conseguente decremento della polisemia e una più precisa definizione delle categorie grammaticali) e un incremento dell’indice di complessità della grammatica (che produce una crescita del sistema fonologico, la comparsa di marche flessive e di affissi derivazionali e una maggiore strutturazione della frase, con l’immissione nel lessico di parole funzionali). In sostanza, i bambini, imparando il pidgin, lo dotano di una vera grammatica che, è bene precisarlo, non coincide necessariamente con quella della lingue che lo hanno generato. Il contributo in questione esplora i processi linguistici che portano alla ricostruzione di una grammatica nella genesi delle lingue di contatto, indagando, soprattutto, i processi che vengono di norma definiti come universali della creolizzazione. Il contributo contiene, in appendice, il più recente e completo censimento dei pidgin e dei creoli attualmente parlati, che di fatto aggiorna i dati dopo oltre 30 anni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.