Stime più o meno attendibili quantificano in circa 6.000-7.000 il numero delle lingue attualmente parlate al mondo. Si tratta di una quantità davvero considerevole ed è comunque ragionevole supporre che sia approssimata per difetto. Nonostante ciò, questa notevole varietà non è del tutto caotica; vale a dire: tra le diverse lingue del mondo vi sono sì differenze lampanti, ma anche analogie non trascurabili, che di fatto ci consentono di suddividere le lingue in raggruppamenti internamente piuttosto omogenei. In altri termini, tali somiglianze ci consentono di classificare le lingue. In questo contributo vengono passati in rassegna proprio i principali sistemi di classificazione delle lingue del mondo, per valutare, di ciascuno, le basi teoriche, i metodi operativi e gli eventuali problemi. La prima sezione è dedicata alla classificazione delle lingue in base al numero dei parlanti, indubbiamente il più noto al pubblico non specialista e il più citato nella pubblicistica di carattere divulgativo ma non rigidamente scientifica. Questo sistema si fonda sulla consistenza numerica delle comunità di parlanti (vale a dire sul numero di locutori che è possibile attribuire a ciascuna lingua) e sulla errata convizione che la diffusione di una lingua sia direttamente proporzionale alla sua “facilità". I problemi connessi a questo sistema di classificazione sono sostanzialmente due: a) la difficoltà di capire se e quando due diverse varietà di una medesima lingua, anche non contigue territorialmente (es. angloamericano e inglese britannico) possano essere considerate lingue diverse; b) la difficoltà nello stabilire con esattezza il numero di locutori di una lingua, soprattutto nei contesti in cui il plurilinguismo è la norma. La seconda sezione del contributo prende in esame la classificazione genetico-genealogica delle lingue, altrettanto nota al pubblico non specialista, ma di ben altra rilevanza nell’ambito degli studi scientifici. Questa classificazione è prodotta di norma dall’applicazione del metodo cosiddetto storico-comparativo ed ha nel concetto di 'famiglia' il suo elemento chiave. Le lingue vengono cioè collocate in raggruppamenti internamente omogenei in base ad una comprovata o supposta comune origine. Il limite più evidente del sistema di classificazione delle lingue su base genetica risiede nella difficoltà a dar conto di fenomeni determinati da un contatto interlinguistico pervasivo. In altri termini, cioè, stabilire una stretta connessione genetica tra due lingue diverse potrebbe sia indurre a sovrastimare il peso di analogie strutturali la cui presenza è tutt’altro che scontata, sia a non dare un’adeguata rappresentazione a fenomeni di interferenza che talvolta possono collocare le lingue a mezza via tra due diverse famiglie (es. il maltese, lingue semitica, ma che a prima vista potrebbe apparire assai più prossima all'italiano che all'arabo). La terza sezione del contributo è dedicata alla classificazione tipologica delle lingue. La tipologia si occupa essenzialmente dello studio della variazione interlinguistica, classificando le lingue storico-naturali in base ad affinità (o divergenze) strutturali sistematiche. I raggruppamenti nei quali le lingue vengono ripartite prendono il nome di tipi linguistici. L'ultimo paragrafo del contributo è dedicato alla classificazione delle lingue su base geografica. Essa si fonda sulla collocazione delle lingue nello spazio fisico e di fatto prevede due assunti di base. Il primo è solo in apparenza ovvio: ogni lingua ha una sua precisa collocazione geografica. In realtà l’idea che ogni idioma abbia una chiara collocazione nello spazio fisico è ampiamente illusoria, visto che i continui flussi migratori hanno anche l’effetto di modificare costantemente la mappa geolinguistica del globo. Questo argomento va dunque considerato solo come un’utile semplificazione della realtà. Il secondo assunto, invece, concerne il fatto che ogni lingua intrattiene rapporti con gli altri idiomi ...

La classificazione delle lingue del mondo

GRANDI, NICOLA
2008

Abstract

Stime più o meno attendibili quantificano in circa 6.000-7.000 il numero delle lingue attualmente parlate al mondo. Si tratta di una quantità davvero considerevole ed è comunque ragionevole supporre che sia approssimata per difetto. Nonostante ciò, questa notevole varietà non è del tutto caotica; vale a dire: tra le diverse lingue del mondo vi sono sì differenze lampanti, ma anche analogie non trascurabili, che di fatto ci consentono di suddividere le lingue in raggruppamenti internamente piuttosto omogenei. In altri termini, tali somiglianze ci consentono di classificare le lingue. In questo contributo vengono passati in rassegna proprio i principali sistemi di classificazione delle lingue del mondo, per valutare, di ciascuno, le basi teoriche, i metodi operativi e gli eventuali problemi. La prima sezione è dedicata alla classificazione delle lingue in base al numero dei parlanti, indubbiamente il più noto al pubblico non specialista e il più citato nella pubblicistica di carattere divulgativo ma non rigidamente scientifica. Questo sistema si fonda sulla consistenza numerica delle comunità di parlanti (vale a dire sul numero di locutori che è possibile attribuire a ciascuna lingua) e sulla errata convizione che la diffusione di una lingua sia direttamente proporzionale alla sua “facilità". I problemi connessi a questo sistema di classificazione sono sostanzialmente due: a) la difficoltà di capire se e quando due diverse varietà di una medesima lingua, anche non contigue territorialmente (es. angloamericano e inglese britannico) possano essere considerate lingue diverse; b) la difficoltà nello stabilire con esattezza il numero di locutori di una lingua, soprattutto nei contesti in cui il plurilinguismo è la norma. La seconda sezione del contributo prende in esame la classificazione genetico-genealogica delle lingue, altrettanto nota al pubblico non specialista, ma di ben altra rilevanza nell’ambito degli studi scientifici. Questa classificazione è prodotta di norma dall’applicazione del metodo cosiddetto storico-comparativo ed ha nel concetto di 'famiglia' il suo elemento chiave. Le lingue vengono cioè collocate in raggruppamenti internamente omogenei in base ad una comprovata o supposta comune origine. Il limite più evidente del sistema di classificazione delle lingue su base genetica risiede nella difficoltà a dar conto di fenomeni determinati da un contatto interlinguistico pervasivo. In altri termini, cioè, stabilire una stretta connessione genetica tra due lingue diverse potrebbe sia indurre a sovrastimare il peso di analogie strutturali la cui presenza è tutt’altro che scontata, sia a non dare un’adeguata rappresentazione a fenomeni di interferenza che talvolta possono collocare le lingue a mezza via tra due diverse famiglie (es. il maltese, lingue semitica, ma che a prima vista potrebbe apparire assai più prossima all'italiano che all'arabo). La terza sezione del contributo è dedicata alla classificazione tipologica delle lingue. La tipologia si occupa essenzialmente dello studio della variazione interlinguistica, classificando le lingue storico-naturali in base ad affinità (o divergenze) strutturali sistematiche. I raggruppamenti nei quali le lingue vengono ripartite prendono il nome di tipi linguistici. L'ultimo paragrafo del contributo è dedicato alla classificazione delle lingue su base geografica. Essa si fonda sulla collocazione delle lingue nello spazio fisico e di fatto prevede due assunti di base. Il primo è solo in apparenza ovvio: ogni lingua ha una sua precisa collocazione geografica. In realtà l’idea che ogni idioma abbia una chiara collocazione nello spazio fisico è ampiamente illusoria, visto che i continui flussi migratori hanno anche l’effetto di modificare costantemente la mappa geolinguistica del globo. Questo argomento va dunque considerato solo come un’utile semplificazione della realtà. Il secondo assunto, invece, concerne il fatto che ogni lingua intrattiene rapporti con gli altri idiomi ...
2008
Le lingue extraeuropee: Americhe, Australia e lingue di contatto
47
67
N. Grandi
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