L’interesse suscitato dalla polizia come oggetto di studio e di dibattito, all’interno della comunità scientifica come dell’opinione pubblica, è ancora oggi piuttosto scarso, in particolare con riferimen-to al contesto italiano. Gli scritti che di rado appaiono sulle riviste scientifiche, infatti, sono generalmente autoreferenziali: scaturiscono dalle riflessioni di dirigenti o docenti di polizia e si rivolgono principalmente all’attività formativa o pratica degli operatori. Le notizie che dominano quotidianamente sui media, poi, risultano in sostanza autopromozionali: raccontano specialmente di brillanti operazioni, di eroismi individuali, di ricorrenze celebrative o di nuove iniziative. La ricerca sul campo, così come la discussione tra la gente, non è pratica diffusa, non produce reali cambiamenti, non lascia memoria comune. Eppure la polizia esiste, i poliziotti operano. Influiscono sulle scelte delle collettività, incidono sui comportamenti delle persone. Figure centrali nel grande progetto della prima modernità, come monopolisti pubblici della forza con la missione di difendere le istituzioni e i cittadini, sono ancora sicuri protagonisti nell’incerto scenario della società contemporanea. La riforma di polizia deve tornare con convinzione alla democrazia, come processo che non può avere una soluzione definitiva, ma che promuove azioni mirate a superare i limiti e i difetti dell’esistente, le inerzie e le resistenze al cambiamento. Va svelata la funzione mitologica assunta dai riformismi corporativi, con cui il ruolo istituzionale e la cultura professionale caratterizzati da feticci burocratici e paramilitari alimentano la conservazione e la normalizzazione dell’esistente. Occorre impegnarsi nella valorizzazione del pluralismo e nella minimizzazione della sofferenza rispetto all’attività di polizia, con alternative che siano vera espressione di localismo democratico, diano comunque segno di equilibrio sociale e siano sempre aperte alla revisione critica . La politica di polizia va restituita con fiducia alla società, al confronto pubblico sulle cause e le soluzioni della devianza, all’elaborazione collettiva sulle regole e le procedure della sicurezza, in cui il controllo di tipo coercitivo sia assunto concettualmente come antitetico, e venga modulato strategicamente quale subordinato e funzionale, al sostegno di natura sociale.
Davide Bertaccini (2011). Alla ricerca di una “nuova polizia” tra retorica e realtà. Padova : Casa Editrice Dott. Antonio Milani.
Alla ricerca di una “nuova polizia” tra retorica e realtà
Davide Bertaccini
2011
Abstract
L’interesse suscitato dalla polizia come oggetto di studio e di dibattito, all’interno della comunità scientifica come dell’opinione pubblica, è ancora oggi piuttosto scarso, in particolare con riferimen-to al contesto italiano. Gli scritti che di rado appaiono sulle riviste scientifiche, infatti, sono generalmente autoreferenziali: scaturiscono dalle riflessioni di dirigenti o docenti di polizia e si rivolgono principalmente all’attività formativa o pratica degli operatori. Le notizie che dominano quotidianamente sui media, poi, risultano in sostanza autopromozionali: raccontano specialmente di brillanti operazioni, di eroismi individuali, di ricorrenze celebrative o di nuove iniziative. La ricerca sul campo, così come la discussione tra la gente, non è pratica diffusa, non produce reali cambiamenti, non lascia memoria comune. Eppure la polizia esiste, i poliziotti operano. Influiscono sulle scelte delle collettività, incidono sui comportamenti delle persone. Figure centrali nel grande progetto della prima modernità, come monopolisti pubblici della forza con la missione di difendere le istituzioni e i cittadini, sono ancora sicuri protagonisti nell’incerto scenario della società contemporanea. La riforma di polizia deve tornare con convinzione alla democrazia, come processo che non può avere una soluzione definitiva, ma che promuove azioni mirate a superare i limiti e i difetti dell’esistente, le inerzie e le resistenze al cambiamento. Va svelata la funzione mitologica assunta dai riformismi corporativi, con cui il ruolo istituzionale e la cultura professionale caratterizzati da feticci burocratici e paramilitari alimentano la conservazione e la normalizzazione dell’esistente. Occorre impegnarsi nella valorizzazione del pluralismo e nella minimizzazione della sofferenza rispetto all’attività di polizia, con alternative che siano vera espressione di localismo democratico, diano comunque segno di equilibrio sociale e siano sempre aperte alla revisione critica . La politica di polizia va restituita con fiducia alla società, al confronto pubblico sulle cause e le soluzioni della devianza, all’elaborazione collettiva sulle regole e le procedure della sicurezza, in cui il controllo di tipo coercitivo sia assunto concettualmente come antitetico, e venga modulato strategicamente quale subordinato e funzionale, al sostegno di natura sociale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.