Max Dudler, architetto e professore presso la Kunstakademie di Düsseldorf, è stato uno dei docenti invitati per chiara fama dalla Facoltà di Architettura "Aldo Rossi" dell’Università di Bologna a tenere il Laboratorio di Progettazione Architettonica del terzo anno. La sua attività professionale e accademica è poco nota in Italia, mentre nel proprio paese d’origine, la Svizzera e quello d’adozione, la Germania, sono molti i riscontri tangibili del suo operato in pubblicazioni e mostre a testimonianza del valore che a ragion veduta gli è tributato. Formatosi alla scuola di Oswald Mathias Ungers, universalmente considerato uno dei maestri dell’architettura contemporanea, ha partecipato, come suo assistente, ad importanti concorsi diventati in seguito opere tra le più significative della contemporaneità. Conclusa l’esperienza formativa, alla metà anni Ottanta apre un proprio atelier a Berlino e inizia così una fortunata stagione di realizzazioni, tanto da avere oggi studi impegnati alla realizzazione di diverse opere di grande respiro, oltre che nella capitale, anche a Francoforte e Zurigo. Il suo invito all’insegnamento presso l’istituzione cesenate non è casuale, né è legato a scelte opportunistiche di “cassetta” o dettate da ipotesi estemporanee avulse dall’indirizzo formativo che programmaticamente la Facoltà si è prefissa: infatti ha cercato, non senza poche situazioni di sofferenza e attraverso diverse asperità, di fondare la propria didattica su ricerche che, nel campo architettonico, avessero dei fondamenti comuni o, se vogliamo, degli statuti discorsivi omologhi ad altre realtà di ricerca europee. Studi in cui il continuo divenire dell’architettura della città e del suo territorio sono studiati e analizzati a partire dai fenomeni urbani tangibili, reali, misurabili attraverso dati quanto più possibilmente descrivibili e trasmissibili, nel tentativo di individuare quei processi costitutivi che progressivamente hanno formato le città che oggi abitiamo. Questa impostazione della nostra scuola non di rado ci ha portato ad essere accusati di attività di retroguardia o peggio di tradizionalismo, critiche che ovviamente respingiamo con forza perché frutto più di approssimazione d’osservazione che di circostanziate motivazioni, sovente dettate da poca conoscenza di altre ricerche in atto presso paesi straneri e di fatto simili a quelle sviluppate nella nostra scuola, pur se sviluppate con declinazioni differenti. All’interno di questa linea teorica, brevemente delineata, è stato concepito e ideato il conferimento della Laurea ad Honorem ad Ungers, avvenuta nel 2004 e ricordata nella pubblicazione promossa dalla Facoltà stessa in cui sono raccolti una serie di scritti e interviste agli allievi dell’architetto di Colonia , tra cui appunto figura il nostro attuale professore incaricato. La sua visione d’architettura fortemente legata alla conoscenza del fatto architettonico reale e non astratto, trova nella città costruita, ovvero all’interno della sua logica costruttiva, la sua fonte di continua ispirazione e di stimolo per nuove prefigurazioni urbane che ad essa rimandano, senza per questo sembrarne la copia o, al contrario, corpo estraneo. Scene urbane capaci di cogliere costantemente il segreto impalpabile delle relazioni presenti tra i dispositivi urbani della città e le sue architetture.

F. S. Fera (2008). La ripetizione della forma come invenzione. GRAPHIE, Numero speciale, 46-49.

La ripetizione della forma come invenzione

FERA, FRANCESCO SAVERIO
2008

Abstract

Max Dudler, architetto e professore presso la Kunstakademie di Düsseldorf, è stato uno dei docenti invitati per chiara fama dalla Facoltà di Architettura "Aldo Rossi" dell’Università di Bologna a tenere il Laboratorio di Progettazione Architettonica del terzo anno. La sua attività professionale e accademica è poco nota in Italia, mentre nel proprio paese d’origine, la Svizzera e quello d’adozione, la Germania, sono molti i riscontri tangibili del suo operato in pubblicazioni e mostre a testimonianza del valore che a ragion veduta gli è tributato. Formatosi alla scuola di Oswald Mathias Ungers, universalmente considerato uno dei maestri dell’architettura contemporanea, ha partecipato, come suo assistente, ad importanti concorsi diventati in seguito opere tra le più significative della contemporaneità. Conclusa l’esperienza formativa, alla metà anni Ottanta apre un proprio atelier a Berlino e inizia così una fortunata stagione di realizzazioni, tanto da avere oggi studi impegnati alla realizzazione di diverse opere di grande respiro, oltre che nella capitale, anche a Francoforte e Zurigo. Il suo invito all’insegnamento presso l’istituzione cesenate non è casuale, né è legato a scelte opportunistiche di “cassetta” o dettate da ipotesi estemporanee avulse dall’indirizzo formativo che programmaticamente la Facoltà si è prefissa: infatti ha cercato, non senza poche situazioni di sofferenza e attraverso diverse asperità, di fondare la propria didattica su ricerche che, nel campo architettonico, avessero dei fondamenti comuni o, se vogliamo, degli statuti discorsivi omologhi ad altre realtà di ricerca europee. Studi in cui il continuo divenire dell’architettura della città e del suo territorio sono studiati e analizzati a partire dai fenomeni urbani tangibili, reali, misurabili attraverso dati quanto più possibilmente descrivibili e trasmissibili, nel tentativo di individuare quei processi costitutivi che progressivamente hanno formato le città che oggi abitiamo. Questa impostazione della nostra scuola non di rado ci ha portato ad essere accusati di attività di retroguardia o peggio di tradizionalismo, critiche che ovviamente respingiamo con forza perché frutto più di approssimazione d’osservazione che di circostanziate motivazioni, sovente dettate da poca conoscenza di altre ricerche in atto presso paesi straneri e di fatto simili a quelle sviluppate nella nostra scuola, pur se sviluppate con declinazioni differenti. All’interno di questa linea teorica, brevemente delineata, è stato concepito e ideato il conferimento della Laurea ad Honorem ad Ungers, avvenuta nel 2004 e ricordata nella pubblicazione promossa dalla Facoltà stessa in cui sono raccolti una serie di scritti e interviste agli allievi dell’architetto di Colonia , tra cui appunto figura il nostro attuale professore incaricato. La sua visione d’architettura fortemente legata alla conoscenza del fatto architettonico reale e non astratto, trova nella città costruita, ovvero all’interno della sua logica costruttiva, la sua fonte di continua ispirazione e di stimolo per nuove prefigurazioni urbane che ad essa rimandano, senza per questo sembrarne la copia o, al contrario, corpo estraneo. Scene urbane capaci di cogliere costantemente il segreto impalpabile delle relazioni presenti tra i dispositivi urbani della città e le sue architetture.
2008
F. S. Fera (2008). La ripetizione della forma come invenzione. GRAPHIE, Numero speciale, 46-49.
F. S. Fera
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