L’analisi economica individua nel mercato il luogo elettivo per la soluzione di molti problemi allocativi, ma studiosi di altre discipline sociali sono spesso critici di tali soluzioni. In questo lavoro riconduco la dicotomia pro/contro il mercato a quella fra il pensiero economico (e astrattamente sociale) neoclassico e la tradizione socio-antropologica che origina con Karl Polanyi. Nella prima parte, suggerisco un parallelo tra tale dicotomia e quella tra fatti e valori, propria del pensiero (neo)positivista. Tale dicotomia, analizzata da Hilary Putnam, corrisponde all’immagine di sé che l’economia neoclassica ha voluto dare, con Pareto e Robbins. In questa prospettiva, nella seconda parte suggerisco che l’opera di Polanyi è interpretabile come reazione alla proposta neoclassica, ma d’altra parte si fonda su un’errata interpretazione della storia (sia fattuale che culturale) della società antiche. Infine osservo che, anche se alla luce delle ricerche più recenti è corretto definire (in accordo con Temin e contro Polanyi e Finley) le società antiche come “conglomerati di mercati interdipendenti”, la presenza e rilevanza dei mercati non giustifica una interpretazione de-socializzata delle antiche economie di mercato: al contrario, come è chiaro in una tradizione che idealmente corre da Omero ad Adam Smith, i mercati sono e dovrebbero essere interpretati come fatti densi di valori. Nella conclusione discuto alcune implicazioni di questa impostazione per lo studio della società contemporanea.
Rovelli R. (2008). Mercato: Fatto o valore? Oltre la dicotomia. SOCIOLOGIA DEL LAVORO, 111, 35-69.
Mercato: Fatto o valore? Oltre la dicotomia
ROVELLI, RICCARDO
2008
Abstract
L’analisi economica individua nel mercato il luogo elettivo per la soluzione di molti problemi allocativi, ma studiosi di altre discipline sociali sono spesso critici di tali soluzioni. In questo lavoro riconduco la dicotomia pro/contro il mercato a quella fra il pensiero economico (e astrattamente sociale) neoclassico e la tradizione socio-antropologica che origina con Karl Polanyi. Nella prima parte, suggerisco un parallelo tra tale dicotomia e quella tra fatti e valori, propria del pensiero (neo)positivista. Tale dicotomia, analizzata da Hilary Putnam, corrisponde all’immagine di sé che l’economia neoclassica ha voluto dare, con Pareto e Robbins. In questa prospettiva, nella seconda parte suggerisco che l’opera di Polanyi è interpretabile come reazione alla proposta neoclassica, ma d’altra parte si fonda su un’errata interpretazione della storia (sia fattuale che culturale) della società antiche. Infine osservo che, anche se alla luce delle ricerche più recenti è corretto definire (in accordo con Temin e contro Polanyi e Finley) le società antiche come “conglomerati di mercati interdipendenti”, la presenza e rilevanza dei mercati non giustifica una interpretazione de-socializzata delle antiche economie di mercato: al contrario, come è chiaro in una tradizione che idealmente corre da Omero ad Adam Smith, i mercati sono e dovrebbero essere interpretati come fatti densi di valori. Nella conclusione discuto alcune implicazioni di questa impostazione per lo studio della società contemporanea.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.