L’Italia e la sua cultura nella vita e nella formazione intellettuale di Anzelm Károly Berczeli Il poeta, scrittore, drammaturgo e traduttore ungherese Anzelm Károly Berczeli (Szeged, 1904 - Budapest, 1982) nutrì fin da giovane un grande amore per l’Italia. Terminato il liceo, raggiunse Roma, e, insieme con l’amico pittore György Békeffi, iniziò a piedi il cammino verso Napoli. Egli raccontò i particolari del lungo viaggio in un interessante taccuino, pubblicato più tardi, nel 1958, con il significativo titolo Kék ég alatt. Vándorút Olaszországban (Sotto il cielo azzurro. Vagabondaggio in Italia). Affascinato dalle bellezze naturali e artistiche dell’Italia del Sud Berczeli volle percorrere a piedi la penisola anche da Napoli a Reggio Calabria e da Messina a Siracusa. Su questo itinerario scrisse Vándorének (Regény) (Canzone di vagabondaggio [Romanzo]), che in parte pubblicò a puntate, anni dopo, sul «Délmagyarország» di Szeged. Soggiornò a Napoli per un anno e in quella città iniziò gli studi universitari. Mostrò un particolare interesse per la filosofia storica di Giambattista Vico, sulla quale scrisse, poi, la sua tesi di laurea, e per la poesia di Ugo Foscolo, specialmente per il carme Dei Sepolcri, che divulgò in patria attraverso la sua traduzione in ungherese. Di nuovo, per un intero anno, dal 1939 al 1940, soggiornò in Italia, a Roma, presso l’Accademia d’Ungheria. In quel periodo preparò un’antologia sulla poesia italiana del Novecento, uscita nel 1941, con traduzione in ungherese di liriche di Giovanni Pascoli, Domenico Giuliotti, Giovanni Cena, Vincenzo Gerace, Umberto Olobardi, Marino Moretti, Corrado Govoni, Paolo Buzzi, Aldo Palazzeschi e Giuseppe Ungaretti. Diverse sue opere, come il dramma grottesco Isteni színjáték (Divina commedia) o il mistero drammatico Uram irgalmazz! (Pietà, Signore!), rispecchiano l’influenza esercitata su Berczeli dalla letteratura italiana. Le esperienze vissute in Italia gli ispirarono alcune liriche, in parte pubblicate nella sua raccolta Ádám bukása. Versek (Caduta di Adamo. Poesie), che mettono in risalto il profondo amore del poeta per questo paese ricco di bellezze naturali e artistiche, e, al tempo stesso, specchio veritiero di un’epoca in cui le disparità sociali appaiono molto marcate. In Italia, nel periodo tra le due guerre mondiali, il Nostro delineò i tratti fondamentali della sua ars poetica, che fanno venire a galla i turbamenti e la disperazione di un’epoca difficile. A contatto diretto con la realtà della cultura italiana Berczeli maturò la convinzione che l’uomo vero era quello che sapeva intuire l’armonia dell’esistenza con le sue contraddizioni e i suoi drammi, relazionandosi con il mondo materiale e quello della natura in un insieme di bellezza artistica, che muove l’immaginazione con la sua forza catalizzatrice, e di dinamismo vitale. In Italia, Berczeli scoprì il potere salvifico della divina bellezza della poesia e della fantasia in un’epoca in cui i “nuovi barbari” del mondo industriale stavano distruggendo la vita spontanea e riducendo l’uomo a una macchina.
Carla Corradi Musi (2018). L’Italia e la sua cultura nella vita e nella formazione intellettuale di Anzelm Károly Berczeli. Roma-Budapest : MTA BTK, CISUECO.
L’Italia e la sua cultura nella vita e nella formazione intellettuale di Anzelm Károly Berczeli
Carla Corradi Musi
2018
Abstract
L’Italia e la sua cultura nella vita e nella formazione intellettuale di Anzelm Károly Berczeli Il poeta, scrittore, drammaturgo e traduttore ungherese Anzelm Károly Berczeli (Szeged, 1904 - Budapest, 1982) nutrì fin da giovane un grande amore per l’Italia. Terminato il liceo, raggiunse Roma, e, insieme con l’amico pittore György Békeffi, iniziò a piedi il cammino verso Napoli. Egli raccontò i particolari del lungo viaggio in un interessante taccuino, pubblicato più tardi, nel 1958, con il significativo titolo Kék ég alatt. Vándorút Olaszországban (Sotto il cielo azzurro. Vagabondaggio in Italia). Affascinato dalle bellezze naturali e artistiche dell’Italia del Sud Berczeli volle percorrere a piedi la penisola anche da Napoli a Reggio Calabria e da Messina a Siracusa. Su questo itinerario scrisse Vándorének (Regény) (Canzone di vagabondaggio [Romanzo]), che in parte pubblicò a puntate, anni dopo, sul «Délmagyarország» di Szeged. Soggiornò a Napoli per un anno e in quella città iniziò gli studi universitari. Mostrò un particolare interesse per la filosofia storica di Giambattista Vico, sulla quale scrisse, poi, la sua tesi di laurea, e per la poesia di Ugo Foscolo, specialmente per il carme Dei Sepolcri, che divulgò in patria attraverso la sua traduzione in ungherese. Di nuovo, per un intero anno, dal 1939 al 1940, soggiornò in Italia, a Roma, presso l’Accademia d’Ungheria. In quel periodo preparò un’antologia sulla poesia italiana del Novecento, uscita nel 1941, con traduzione in ungherese di liriche di Giovanni Pascoli, Domenico Giuliotti, Giovanni Cena, Vincenzo Gerace, Umberto Olobardi, Marino Moretti, Corrado Govoni, Paolo Buzzi, Aldo Palazzeschi e Giuseppe Ungaretti. Diverse sue opere, come il dramma grottesco Isteni színjáték (Divina commedia) o il mistero drammatico Uram irgalmazz! (Pietà, Signore!), rispecchiano l’influenza esercitata su Berczeli dalla letteratura italiana. Le esperienze vissute in Italia gli ispirarono alcune liriche, in parte pubblicate nella sua raccolta Ádám bukása. Versek (Caduta di Adamo. Poesie), che mettono in risalto il profondo amore del poeta per questo paese ricco di bellezze naturali e artistiche, e, al tempo stesso, specchio veritiero di un’epoca in cui le disparità sociali appaiono molto marcate. In Italia, nel periodo tra le due guerre mondiali, il Nostro delineò i tratti fondamentali della sua ars poetica, che fanno venire a galla i turbamenti e la disperazione di un’epoca difficile. A contatto diretto con la realtà della cultura italiana Berczeli maturò la convinzione che l’uomo vero era quello che sapeva intuire l’armonia dell’esistenza con le sue contraddizioni e i suoi drammi, relazionandosi con il mondo materiale e quello della natura in un insieme di bellezza artistica, che muove l’immaginazione con la sua forza catalizzatrice, e di dinamismo vitale. In Italia, Berczeli scoprì il potere salvifico della divina bellezza della poesia e della fantasia in un’epoca in cui i “nuovi barbari” del mondo industriale stavano distruggendo la vita spontanea e riducendo l’uomo a una macchina.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.