Lo Stato di diritto. Quale costituzionalismo durante il fascismo?

In questo contributo l'autore sottopone ad esame il tema complesso, da tempo sondato, per il quale tuttavia non sono ancora rinvenibili risposte univoche, della sussistenza o meno dei presupposti dello "Stato di diritto" durante il periodo fascista, traendo le basi dal "costituzionalismo durante il fascismo". La complessità dell'analisi dipende dal fatto che l'autore ha dovuto operare non solo un'analisi d'insieme dell'ordinamento, peraltro nello svolgersi delle diverse e variegate fasi storiche che hanno attraversato il fascismo, ripercorrendo i punti di vista dei più attenti giuspubblicisti di quel periodo, ma ha dovuto analizzare nel dettaglio le tendenze della legislazione e della giurisprudenza, soprattutto delle Supreme Magistrature (Corte di Cassazione e Consiglio di Stato). Interessanti spunti sono emersi soprattutto con riferimento alla problematicità e maturità di approccio alle tematiche delle fonti del diritto, non solo da parte dei maggiori costituzionalisti dell'epoca, ma anche da parte dei Giudici ordinari e amministrativi. In particolare, a fronte della crescente complessità ordinamentale, era evidente la tensione tra un sistema costituzionale ancora caratterizzato da una Costituzione flessibile e sistema normativo che avvertiva le insufficienze di quell'assetto, dotandosi di leggi "sostanzialmente", ma non anche formalmente, sovraordinate a quelle ordinarie. In sostanza, l'analisi si muove tutta e sempre lungo il filo di una continua tensione tra "forma", che evidenziava il rispetto dei principi dello "Stato di diritto", e "sostanza", che invece ne evidenziava un palese scollamento.