L'articolo riflette intorno alla questione di se e come cambia l’interno dello spazio pubblico con il fascismo, provando a rispondere ad alcune domande ad essa collegate: Come si organizza il rapporto tra cittadino e servizio pubblico? Cambiano le modalità di relazione tra cittadino, istituzioni, servizi? L’edificio pubblico fascista si attesta come presenza e presidio sul territorio? Come cambiano gli edifici di servizio per adeguarsi alle necessità della “nuova vita fascista”? Indubbiamente, il progetto politico del fascismo ebbe tra i suoi strumenti più importanti l’architettura. E gli architetti, come altre categorie tecnico-specialistiche, furono pienamente integrati nella mobilitazione voluta dal regime, che trovava espressione nelle forme molteplici dell’intervento pubblico. La “civiltà fascista” prediligeva una “funzione monumentale” degli edifici pubblici, perché “nell’architettura monumentale, che dura attraverso i secoli, è il simbolo della permanenza dello Stato”. A essere esplicitamente richiamata è una funzione politico-pedagogica in grado di agire nel tempo grazie “all’atmosfera che gli edifici pubblici monumentali creano intorno a sé”, modificando a poco a poco “il carattere delle generazioni”. Lo spazio urbano del fascismo, dunque, è da intendersi come principio attivo, protagonista dei processi di costruzione delle identità sociali. È uno spazio che educa, che irreggimenta, dove entrano in gioco forze sia materiali che simboliche. La struttura, la collocazione urbanistica e l’estetica degli edifici pubblici erano definite non solo ai fini della loro funzionalità burocratica, ma anche della loro funzionalità pedagogica e propagandistica.

L’interno pubblico nella città del fascismo: quali trasformazioni nel rapporto tra funzione e cittadini / Carlo De Maria. - In: CLIONET. - ISSN 2533-0977. - STAMPA. - 1:(2017), pp. 11-23.

L’interno pubblico nella città del fascismo: quali trasformazioni nel rapporto tra funzione e cittadini

Carlo De Maria
2017

Abstract

L'articolo riflette intorno alla questione di se e come cambia l’interno dello spazio pubblico con il fascismo, provando a rispondere ad alcune domande ad essa collegate: Come si organizza il rapporto tra cittadino e servizio pubblico? Cambiano le modalità di relazione tra cittadino, istituzioni, servizi? L’edificio pubblico fascista si attesta come presenza e presidio sul territorio? Come cambiano gli edifici di servizio per adeguarsi alle necessità della “nuova vita fascista”? Indubbiamente, il progetto politico del fascismo ebbe tra i suoi strumenti più importanti l’architettura. E gli architetti, come altre categorie tecnico-specialistiche, furono pienamente integrati nella mobilitazione voluta dal regime, che trovava espressione nelle forme molteplici dell’intervento pubblico. La “civiltà fascista” prediligeva una “funzione monumentale” degli edifici pubblici, perché “nell’architettura monumentale, che dura attraverso i secoli, è il simbolo della permanenza dello Stato”. A essere esplicitamente richiamata è una funzione politico-pedagogica in grado di agire nel tempo grazie “all’atmosfera che gli edifici pubblici monumentali creano intorno a sé”, modificando a poco a poco “il carattere delle generazioni”. Lo spazio urbano del fascismo, dunque, è da intendersi come principio attivo, protagonista dei processi di costruzione delle identità sociali. È uno spazio che educa, che irreggimenta, dove entrano in gioco forze sia materiali che simboliche. La struttura, la collocazione urbanistica e l’estetica degli edifici pubblici erano definite non solo ai fini della loro funzionalità burocratica, ma anche della loro funzionalità pedagogica e propagandistica.
2017
L’interno pubblico nella città del fascismo: quali trasformazioni nel rapporto tra funzione e cittadini / Carlo De Maria. - In: CLIONET. - ISSN 2533-0977. - STAMPA. - 1:(2017), pp. 11-23.
Carlo De Maria
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