La nozione del fantasma come figura dotata di una forte capacità di agire domina molti usi metaforici della spettralità. C’è, però, un altro lato della metafora spettrale dove la sua associazione con l’invisibilità non è un segno di potere – come nell’«effetto visiera» di Derrida – ma un segno di sfruttamento e di deprivazione. Questa seconda faccia della metafora spettrale è messa in luce dal lavoro di Achille Mbembe sui «morti viventi» che abitano il mondo globale solo per essere logorati e consumati, senza alcuna considerazione o rimpianto. In questo saggio, mi occupo delle vite spettrali dei migranti privi di documenti e dei rifugiati in quanto figure umiliate, insieme temute e considerate sacrificabili. Esaminando la rappresentazione dei migranti privi di documenti nei film Ghosts (Nick Broomfield, 2006) e Dirty Pretty Things (Stephen Frears, 2002), nonché in immagini ampiamente diffuse dell’attuale “emergenza immigrazione” in Europa, mi chiedo quale forma di azione la condizione spettrale conceda ai migranti e quali forme di rappresentazione possano rendere le loro vite spettrali percepibili in modo non degradato: come vite sprecate nel senso di perdute e abusate (capaci, cioè, di suscitare rammarico e forse persino vergogna).
Mangini Angelo M. (2018). Fantasmi a perdere. Le vite spettrali dei migranti. Bologna : il Mulino.
Fantasmi a perdere. Le vite spettrali dei migranti
Mangini Angelo M.
2018
Abstract
La nozione del fantasma come figura dotata di una forte capacità di agire domina molti usi metaforici della spettralità. C’è, però, un altro lato della metafora spettrale dove la sua associazione con l’invisibilità non è un segno di potere – come nell’«effetto visiera» di Derrida – ma un segno di sfruttamento e di deprivazione. Questa seconda faccia della metafora spettrale è messa in luce dal lavoro di Achille Mbembe sui «morti viventi» che abitano il mondo globale solo per essere logorati e consumati, senza alcuna considerazione o rimpianto. In questo saggio, mi occupo delle vite spettrali dei migranti privi di documenti e dei rifugiati in quanto figure umiliate, insieme temute e considerate sacrificabili. Esaminando la rappresentazione dei migranti privi di documenti nei film Ghosts (Nick Broomfield, 2006) e Dirty Pretty Things (Stephen Frears, 2002), nonché in immagini ampiamente diffuse dell’attuale “emergenza immigrazione” in Europa, mi chiedo quale forma di azione la condizione spettrale conceda ai migranti e quali forme di rappresentazione possano rendere le loro vite spettrali percepibili in modo non degradato: come vite sprecate nel senso di perdute e abusate (capaci, cioè, di suscitare rammarico e forse persino vergogna).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.