I Romani chiamavano il nocciolo “abellana”, dal nome della città di Abella i cui ruderi esistono ancora nei pressi di Avella, in provincia di Avellino, probabilmente perché la zona era ricca di questi alberi. Negli Erbari del Rinascimento si usava ancora chiamare la pianta del nocciolo “avellana”, termine poi adottato in botanica dove il nocciolo è detto Corylus avellana; il nome del genere deriva dal greco córys che significa “casco” poiché il frutto è racchiuso in una brattea verde simile ad un copricapo. E’ una pianta molto elegante, la cui chioma spicca in un qualsiasi giardino perché si allarga, grazie ai tanti polloni, da un unico ceppo. Dal suo legno i pastori abruzzesi ricavavano il proprio bastone, come ricorda G.d’Annunzio: “Settembre, andiamo, è tempo di migrare….i miei pastori…rinnovato hanno verga d’avellano”. Ma come avrebbero fatto questi pastori se avessero avuto a diposizione solo noccioli infestati da insetti o affetti da micosi? Cimici, curculionidi (il ben noto “balanino”), eriofidi, ecc. stanno purtroppo intaccando il nostro patrimonio di noccioli in molte regione italiane, costringendo alla messa in atto di piani strategici di difesa mirati e complessi. Un grave infezione fungina poi, la “gleosporiosi”, è sufficiente a deabilitare un qualsiasi esemplare. GLEOSPORIOSI La gleosporiosi, causata da Piggotia coryli, costituisce una delle principali micosi del nocciolo, ma solo in annate con andamento stagionale piovoso ed elevato tasso di umidità può richiedere interventi specifici. Presenta due manifestazioni annuali. La prima, in primavera, è caratterizzata dal disseccamento delle gemme dei rami dell’anno; la seconda si evidenzia all’inizio dell’estate e riguarda le foglie, su cui compaiono macchie necrotiche che portano ad un progressivo ingiallimento fino al disseccamento del lembo. Il danno più grave rimane quello a carico delle gemme che, disseccando, compromettono la futura formazione della chioma. LA DIFESA Anche da lontano, una pianta affetta da gleosporiosi si riconosce facilmente a causa del forte disseccamento del fogliame. Se si tratta di noccioleti, occorre uniformarsi ai piani di difesa regionali eseguendo interventi di contenimento laddove siano state rilevate infezioni nell’anno precedente (si interviene prima della caduta delle foglie). Se si tratta di una pianta del nostro giardino, procediamo con la raccolta e distruzione delle foglie, magari diradando la chioma per favorire un buon arieggiamento, evitando anche che la pianta sia sovrastata da quelle circostanti. A volte bastano pochi interventi preventivi per scongiurare danni anche gravi.
Maria Grazia Bellardi (2018). Disseccamento del nocciolo. GIARDINI, 290, 51-51.
Disseccamento del nocciolo
Maria Grazia Bellardi
2018
Abstract
I Romani chiamavano il nocciolo “abellana”, dal nome della città di Abella i cui ruderi esistono ancora nei pressi di Avella, in provincia di Avellino, probabilmente perché la zona era ricca di questi alberi. Negli Erbari del Rinascimento si usava ancora chiamare la pianta del nocciolo “avellana”, termine poi adottato in botanica dove il nocciolo è detto Corylus avellana; il nome del genere deriva dal greco córys che significa “casco” poiché il frutto è racchiuso in una brattea verde simile ad un copricapo. E’ una pianta molto elegante, la cui chioma spicca in un qualsiasi giardino perché si allarga, grazie ai tanti polloni, da un unico ceppo. Dal suo legno i pastori abruzzesi ricavavano il proprio bastone, come ricorda G.d’Annunzio: “Settembre, andiamo, è tempo di migrare….i miei pastori…rinnovato hanno verga d’avellano”. Ma come avrebbero fatto questi pastori se avessero avuto a diposizione solo noccioli infestati da insetti o affetti da micosi? Cimici, curculionidi (il ben noto “balanino”), eriofidi, ecc. stanno purtroppo intaccando il nostro patrimonio di noccioli in molte regione italiane, costringendo alla messa in atto di piani strategici di difesa mirati e complessi. Un grave infezione fungina poi, la “gleosporiosi”, è sufficiente a deabilitare un qualsiasi esemplare. GLEOSPORIOSI La gleosporiosi, causata da Piggotia coryli, costituisce una delle principali micosi del nocciolo, ma solo in annate con andamento stagionale piovoso ed elevato tasso di umidità può richiedere interventi specifici. Presenta due manifestazioni annuali. La prima, in primavera, è caratterizzata dal disseccamento delle gemme dei rami dell’anno; la seconda si evidenzia all’inizio dell’estate e riguarda le foglie, su cui compaiono macchie necrotiche che portano ad un progressivo ingiallimento fino al disseccamento del lembo. Il danno più grave rimane quello a carico delle gemme che, disseccando, compromettono la futura formazione della chioma. LA DIFESA Anche da lontano, una pianta affetta da gleosporiosi si riconosce facilmente a causa del forte disseccamento del fogliame. Se si tratta di noccioleti, occorre uniformarsi ai piani di difesa regionali eseguendo interventi di contenimento laddove siano state rilevate infezioni nell’anno precedente (si interviene prima della caduta delle foglie). Se si tratta di una pianta del nostro giardino, procediamo con la raccolta e distruzione delle foglie, magari diradando la chioma per favorire un buon arieggiamento, evitando anche che la pianta sia sovrastata da quelle circostanti. A volte bastano pochi interventi preventivi per scongiurare danni anche gravi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


