Nel VII secolo, sulla scia della teoria dei segni secondo cui “il simile cura o colpisce il simile”, si sosteneva che il frutto del noce (Juglans regia) potesse curare i disturbi del cervello perché ne era la riproduzione vegetale: l’involucro esterno verde carnoso rappresentava il cuoio capelluto, il guscio il cranio, la pellicola interna le meningi e la pia mater, mentre la parte commestibile, convoluta e divisa in due, simboleggiava gli emisferi del cervello. A parte questa affascinante evocazione medievale, il noce, albero amato ed apprezzato per la sua imponenza, è purtroppo soggetto a gravi malattie. Un serio “nemico” Fra quelle di origine fungina, la più pericolosa è l'“antracnosi", che provoca, oltre alla cascola dei frutti, una rapida defogliazione. Descritta in Italia per la prima volta nel 1921, è causata da Gnomonia leptostyla, fungo di cui viene data notizia nel nostro Paese già nel 1882. Il nome deriva dall’unione delle due parole greche “ἄνϑραξ –ακος” che significa “carbone” e “νόσος” che vuol dire “malattia”. Molto colpite sono le porzioni verdi come foglie (rachide e picciolo compresi), germogli e frutti; ma, occasionalmente anche rami, branche e tronco. Sulle foglie compaiono macchie tondeggianti bruno-nerastre, sparse o confluenti (e lacerate); sui frutti si hanno necrosi del mallo e atrofizzazione del seme; sugli organi legnosi tacche necrotiche depresse che degenerano in cancri centralmente fessurati, la cui profondità ed estensione dipende dalla precocità di attacco. Cosa fare? Il patogeno sverna sulle foglie cadute a terra sopravvivendo per lunghi periodi anche durante l’inverno: si propaga tramite le spore che aggrediscono la pianta nel periodo primaverile, mentre i rami più grossi possono essere colpiti in qualsiasi periodo dell’anno, grazie alle ferite prodotte da gelo, grandine e vento. L'antracnosi è favorita da un andamento climatico caldo-umido e da scarso arieggiamento, come si può verificare con l'eccessivo lussureggiamento della chioma, la vicinanza di boschi o di fasce frangivento fortemente ombreggianti. Alla comparsa dei primi sintomi occorre agire tempestivamente provvedendo a: - eliminare le foglie colpite (disinfettare le forbici tra un taglio e l’altro per evitare ulteriori contaminazioni); - potare durante le stagioni più fredde i rami malati (trattare con un prodotto a base di rame o zolfo); - bruciare i residui vegetali colpiti (trattare le piante con ossicloruro di rame o zolfo per evitare che le spore possano superare l’inverno).

Bellardi M.G. (2018). Un noce da preservare. GIARDINI, 288, 53-53.

Un noce da preservare

Bellardi M. G.
2018

Abstract

Nel VII secolo, sulla scia della teoria dei segni secondo cui “il simile cura o colpisce il simile”, si sosteneva che il frutto del noce (Juglans regia) potesse curare i disturbi del cervello perché ne era la riproduzione vegetale: l’involucro esterno verde carnoso rappresentava il cuoio capelluto, il guscio il cranio, la pellicola interna le meningi e la pia mater, mentre la parte commestibile, convoluta e divisa in due, simboleggiava gli emisferi del cervello. A parte questa affascinante evocazione medievale, il noce, albero amato ed apprezzato per la sua imponenza, è purtroppo soggetto a gravi malattie. Un serio “nemico” Fra quelle di origine fungina, la più pericolosa è l'“antracnosi", che provoca, oltre alla cascola dei frutti, una rapida defogliazione. Descritta in Italia per la prima volta nel 1921, è causata da Gnomonia leptostyla, fungo di cui viene data notizia nel nostro Paese già nel 1882. Il nome deriva dall’unione delle due parole greche “ἄνϑραξ –ακος” che significa “carbone” e “νόσος” che vuol dire “malattia”. Molto colpite sono le porzioni verdi come foglie (rachide e picciolo compresi), germogli e frutti; ma, occasionalmente anche rami, branche e tronco. Sulle foglie compaiono macchie tondeggianti bruno-nerastre, sparse o confluenti (e lacerate); sui frutti si hanno necrosi del mallo e atrofizzazione del seme; sugli organi legnosi tacche necrotiche depresse che degenerano in cancri centralmente fessurati, la cui profondità ed estensione dipende dalla precocità di attacco. Cosa fare? Il patogeno sverna sulle foglie cadute a terra sopravvivendo per lunghi periodi anche durante l’inverno: si propaga tramite le spore che aggrediscono la pianta nel periodo primaverile, mentre i rami più grossi possono essere colpiti in qualsiasi periodo dell’anno, grazie alle ferite prodotte da gelo, grandine e vento. L'antracnosi è favorita da un andamento climatico caldo-umido e da scarso arieggiamento, come si può verificare con l'eccessivo lussureggiamento della chioma, la vicinanza di boschi o di fasce frangivento fortemente ombreggianti. Alla comparsa dei primi sintomi occorre agire tempestivamente provvedendo a: - eliminare le foglie colpite (disinfettare le forbici tra un taglio e l’altro per evitare ulteriori contaminazioni); - potare durante le stagioni più fredde i rami malati (trattare con un prodotto a base di rame o zolfo); - bruciare i residui vegetali colpiti (trattare le piante con ossicloruro di rame o zolfo per evitare che le spore possano superare l’inverno).
2018
Bellardi M.G. (2018). Un noce da preservare. GIARDINI, 288, 53-53.
Bellardi M.G.
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