Il saggio analizza il processo compositivo del "Nerone" che impegnò Arrigo Boito dal 1862 alla morte (1918). Esaminati i documenti del lavoro boitiano, le testimonianze sulle sue fasi di svolgimento e stasi, le dichiarazioni dell'autore e le fonti del "Nerone" si suggerisce di considerare il corpus complessivo delle diverse versioni approntate dal drmmatuergo/compositore in quanto ipertesto. Boito non ragionava in termini di ipertesto, tuttavia si accorse che la composizione del "Nerone" non assomigliava a niente di esistente. Fra pratica artistica e quotidiano esistere si era prodotto in lui un doloroso equilibrio statico, che già nel 1884 gli appariva "incubico", "asfissiante" e "allucinato". Afflitto da questo anomalo blocco creativo internamente brulicante e febbrile, Boito prese l'eroica decisione di coltivarlo e approfondirlo ulteriormente, programmandone, non tanto lo sbocco, quanto l'indefinita durata. L'ipertesto neroniano non è una disposizione scenica proliferata anzitempo sul gracile corpo d'una musica in parte solo abbozzata. I suoi materiali non s'inquadrano in una dinamica assiale che attaversa le diverse fasi del soggetto, del libretto, della partitura e dell'allestimento scenico. L'ipertesto neroniano sostituisce i procedimenti della composizione drammatica con ricerche e drammatizzazioni fini a sé stesse, che, invece di risolversi in risultanti estetiche d'insieme, moltiplicano i singoli blocchi informativi e le loro possibilità d'interazione, facendo dell'autore una sorta di lettore propositivo e dialettico dell'opera in fieri.

Gerardo Guccini (2016). Sul 'Nerone' di Boito. DRAMMATURGIA, n.s. 3, 7-36 [10.13128/Drammaturgia-22030].

Sul 'Nerone' di Boito

Gerardo Guccini
2016

Abstract

Il saggio analizza il processo compositivo del "Nerone" che impegnò Arrigo Boito dal 1862 alla morte (1918). Esaminati i documenti del lavoro boitiano, le testimonianze sulle sue fasi di svolgimento e stasi, le dichiarazioni dell'autore e le fonti del "Nerone" si suggerisce di considerare il corpus complessivo delle diverse versioni approntate dal drmmatuergo/compositore in quanto ipertesto. Boito non ragionava in termini di ipertesto, tuttavia si accorse che la composizione del "Nerone" non assomigliava a niente di esistente. Fra pratica artistica e quotidiano esistere si era prodotto in lui un doloroso equilibrio statico, che già nel 1884 gli appariva "incubico", "asfissiante" e "allucinato". Afflitto da questo anomalo blocco creativo internamente brulicante e febbrile, Boito prese l'eroica decisione di coltivarlo e approfondirlo ulteriormente, programmandone, non tanto lo sbocco, quanto l'indefinita durata. L'ipertesto neroniano non è una disposizione scenica proliferata anzitempo sul gracile corpo d'una musica in parte solo abbozzata. I suoi materiali non s'inquadrano in una dinamica assiale che attaversa le diverse fasi del soggetto, del libretto, della partitura e dell'allestimento scenico. L'ipertesto neroniano sostituisce i procedimenti della composizione drammatica con ricerche e drammatizzazioni fini a sé stesse, che, invece di risolversi in risultanti estetiche d'insieme, moltiplicano i singoli blocchi informativi e le loro possibilità d'interazione, facendo dell'autore una sorta di lettore propositivo e dialettico dell'opera in fieri.
2016
Gerardo Guccini (2016). Sul 'Nerone' di Boito. DRAMMATURGIA, n.s. 3, 7-36 [10.13128/Drammaturgia-22030].
Gerardo Guccini
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