L'articolo tratta le competenze di scrittura formale di studenti universitari italofoni e alloglotti, focalizzandosi in particolare sulla redazione di testi di natura non accademica come la lettera formale. Oggetto di indagine è la capacità di distanziarsi correttamente da un italiano di uso comune e di sapersi muovere efficacemente e coerentemente fra i diversi registri della lingua italiana. I rilievi dei due autori mostrano come la gestione del registro formale nello scritto non sia migliore nel pubblico italofono: ai discenti stranieri, infatti, è ascrivibile una maggiore capacità di tenuta di tale registro, molto probabilmente perché questi apprendenti, contrariamente ai loro colleghi italiani, hanno ricevuto, in merito, un’istruzione esplicita che ha favorito non solo l’esposizione a modelli testuali adeguati, ma che ha anche promosso la loro attiva ideazione e redazione. I risultati di questo lavoro sono discussi alla luce di un dibattito storico ma sempre attuale sulle (in)competenze di scrittura degli studenti italiani fra scuola superiore e università; inoltre, in virtù di alcuni rimandi teorici pertinenti a tale dibattito, in questo contributo viene discussa la figura del parlante nativo che, eccessivamente “mitizzata”, dovrebbe essere de-costruita, proprio al fine di favorire una pedagogia linguistica più attenta e meno dissociata, nelle sue prassi e nelle analisi dei suoi bisogni, fra didattica dell’italiano come lingua materna e come lingua non materna.
R.Pugliese, P.P. (2017). ‘Il mio ragazzo è italiano B1’. Sulle competenze di scrittura formale degli studenti universitari. LEND. LINGUA E NUOVA DIDATTICA, 4, 83-110.
‘Il mio ragazzo è italiano B1’. Sulle competenze di scrittura formale degli studenti universitari
R. Pugliese
;DELLA PUTTA, PAOLO ANTONIO
2017
Abstract
L'articolo tratta le competenze di scrittura formale di studenti universitari italofoni e alloglotti, focalizzandosi in particolare sulla redazione di testi di natura non accademica come la lettera formale. Oggetto di indagine è la capacità di distanziarsi correttamente da un italiano di uso comune e di sapersi muovere efficacemente e coerentemente fra i diversi registri della lingua italiana. I rilievi dei due autori mostrano come la gestione del registro formale nello scritto non sia migliore nel pubblico italofono: ai discenti stranieri, infatti, è ascrivibile una maggiore capacità di tenuta di tale registro, molto probabilmente perché questi apprendenti, contrariamente ai loro colleghi italiani, hanno ricevuto, in merito, un’istruzione esplicita che ha favorito non solo l’esposizione a modelli testuali adeguati, ma che ha anche promosso la loro attiva ideazione e redazione. I risultati di questo lavoro sono discussi alla luce di un dibattito storico ma sempre attuale sulle (in)competenze di scrittura degli studenti italiani fra scuola superiore e università; inoltre, in virtù di alcuni rimandi teorici pertinenti a tale dibattito, in questo contributo viene discussa la figura del parlante nativo che, eccessivamente “mitizzata”, dovrebbe essere de-costruita, proprio al fine di favorire una pedagogia linguistica più attenta e meno dissociata, nelle sue prassi e nelle analisi dei suoi bisogni, fra didattica dell’italiano come lingua materna e come lingua non materna.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.