Il fenomeno della graffiti art (tuya yishu 涂鸦艺术) emerge in Cina intorno alla metà degli anni ’90 e, a partire dall’inizio del XXI secolo, si diffonde a macchia d’olio nelle sue principali metropoli. Tra le numerose crew che si formano in questi anni, una posizione di spicco è rappresentata dal Kwanyin Clan (观音), un gruppo di otto writer (AP, KENO, SCAR, JER, TIN, YUMI, VIGA e NAT) fondato nel giugno del 2006 a Pechino. La volontà programmatica di questa crew è quella di fondere la graffiti art con la cultura artistica cinese, in modo da creare uno stile la cui estetica riesca a mediare tra una riconoscibilità degli elementi, della costruzione, dalla concezione e della pratica artistica squisitamente cinesi all’adozione di una forma d’arte e una tecnica prese in prestito dall’occidente. Questa idea di mescolanza emerge dall’analisi di tutti i loro “pezzi” (pieces) e in particolar modo in quelli in cui si fa ricorso all’estetica della calligrafia e/o della pittura tradizionale. Per quanto riguarda il rimando alla calligrafia, l'opera maggiormente esemplificativa è intitolata "Shengong yijiang" 神工意匠 (Ars divina, 2010), in cui si dà vita a un vero e proprio lettering in cinese, riportato su una parete “pubblica” che, come un rotolo orizzontale, è arricchito di colofoni calligrafici ed elementi decorativi posti a loro corollario. Attraverso l’analisi di quest'opera in particolare, è possibile ricostruire a grandi linee quella che è la filosofia artistica del Kwanyin Clan, in cui segni grafici e calligrafici, immagini e suggestioni antiche e moderne danno vita a un nuovo tipo di estetica, estremamente contemporanea eppure profondamente radicata e stratificata nella cultura tradizionale cinese, che apre un nuovo filone all’interno di una forma d’arte pubblica e universale come la graffiti art, in grado di veicolare un’esigenza culturale diffusa di costruzione di un’identità globale nella sua riconoscibilità localizzata.
Iezzi, A. (2017). La graffiti art in Cina: il caso del Kwan-Yin Clan di Pechino. Venezia : Cafoscarina.
La graffiti art in Cina: il caso del Kwan-Yin Clan di Pechino
IEZZI, ADRIANA
2017
Abstract
Il fenomeno della graffiti art (tuya yishu 涂鸦艺术) emerge in Cina intorno alla metà degli anni ’90 e, a partire dall’inizio del XXI secolo, si diffonde a macchia d’olio nelle sue principali metropoli. Tra le numerose crew che si formano in questi anni, una posizione di spicco è rappresentata dal Kwanyin Clan (观音), un gruppo di otto writer (AP, KENO, SCAR, JER, TIN, YUMI, VIGA e NAT) fondato nel giugno del 2006 a Pechino. La volontà programmatica di questa crew è quella di fondere la graffiti art con la cultura artistica cinese, in modo da creare uno stile la cui estetica riesca a mediare tra una riconoscibilità degli elementi, della costruzione, dalla concezione e della pratica artistica squisitamente cinesi all’adozione di una forma d’arte e una tecnica prese in prestito dall’occidente. Questa idea di mescolanza emerge dall’analisi di tutti i loro “pezzi” (pieces) e in particolar modo in quelli in cui si fa ricorso all’estetica della calligrafia e/o della pittura tradizionale. Per quanto riguarda il rimando alla calligrafia, l'opera maggiormente esemplificativa è intitolata "Shengong yijiang" 神工意匠 (Ars divina, 2010), in cui si dà vita a un vero e proprio lettering in cinese, riportato su una parete “pubblica” che, come un rotolo orizzontale, è arricchito di colofoni calligrafici ed elementi decorativi posti a loro corollario. Attraverso l’analisi di quest'opera in particolare, è possibile ricostruire a grandi linee quella che è la filosofia artistica del Kwanyin Clan, in cui segni grafici e calligrafici, immagini e suggestioni antiche e moderne danno vita a un nuovo tipo di estetica, estremamente contemporanea eppure profondamente radicata e stratificata nella cultura tradizionale cinese, che apre un nuovo filone all’interno di una forma d’arte pubblica e universale come la graffiti art, in grado di veicolare un’esigenza culturale diffusa di costruzione di un’identità globale nella sua riconoscibilità localizzata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.