Sarà forse perché, ai suoi esordi, la fotografia suscita inquietudine e sconcerto misti a stupore e meraviglia, apparendo come una sorta di magia perturbante, il linguaggio usato per definirla dai primi praticanti e teorici è quanto di più visionario – e, a tratti, meno scientifico – si possa immaginare. Se scopo della fotografia è evocare l’inesprimibile, sua più immediata realizzazione è cogliere il mai visto nelle cose viste da sempre: pertanto, più che concentrarsi sulle specificità tecniche del mezzo, i primi estimatori ne sottolineano le magiche potenzialità. Fin dagli esordi, la fotografia appare un’arte più immaginifica che scientifica, che si presta più al linguaggio della letteratura (e magari anche alle facili lusinghe della letteratura popolare) che non al gergo esoterico della scienza. Non stupisce pertanto il massiccio ricorso all’aforisma per cercare di fissare in parole la natura evanescente del mezzo, la sua componente portentosa e fantasmatica, che mal si adatta ai tecnicismi. Dal 1839 – anno in cui si situa, per convenzione, la nascita della fotografia – ad oggi, teorici e fotografi hanno continuato a inanellare seducenti aforismi per definire l’arte fotografica e le sue specificità. Nel saggio si prendono in esame aforismi di critici, saggisti e fotografi famosi, per dimostrare che non è certo un caso che, per parlare della fotografia, dagli stessi fotografi intesa spesso più come dono del caso che risultato dell’ingegno, magia quotidiana piuttosto che frutto di disciplina tecnica, si ricorra così spesso alla forma aforistica, ovvero a un linguaggio capace di esprimere in poche parole, pregnanti parole disposte con arguzia ed eleganza, la verità di una magnifica menzogna.

Fotorismi: aforismi e fotografia

Silvia Albertazzi
2017

Abstract

Sarà forse perché, ai suoi esordi, la fotografia suscita inquietudine e sconcerto misti a stupore e meraviglia, apparendo come una sorta di magia perturbante, il linguaggio usato per definirla dai primi praticanti e teorici è quanto di più visionario – e, a tratti, meno scientifico – si possa immaginare. Se scopo della fotografia è evocare l’inesprimibile, sua più immediata realizzazione è cogliere il mai visto nelle cose viste da sempre: pertanto, più che concentrarsi sulle specificità tecniche del mezzo, i primi estimatori ne sottolineano le magiche potenzialità. Fin dagli esordi, la fotografia appare un’arte più immaginifica che scientifica, che si presta più al linguaggio della letteratura (e magari anche alle facili lusinghe della letteratura popolare) che non al gergo esoterico della scienza. Non stupisce pertanto il massiccio ricorso all’aforisma per cercare di fissare in parole la natura evanescente del mezzo, la sua componente portentosa e fantasmatica, che mal si adatta ai tecnicismi. Dal 1839 – anno in cui si situa, per convenzione, la nascita della fotografia – ad oggi, teorici e fotografi hanno continuato a inanellare seducenti aforismi per definire l’arte fotografica e le sue specificità. Nel saggio si prendono in esame aforismi di critici, saggisti e fotografi famosi, per dimostrare che non è certo un caso che, per parlare della fotografia, dagli stessi fotografi intesa spesso più come dono del caso che risultato dell’ingegno, magia quotidiana piuttosto che frutto di disciplina tecnica, si ricorra così spesso alla forma aforistica, ovvero a un linguaggio capace di esprimere in poche parole, pregnanti parole disposte con arguzia ed eleganza, la verità di una magnifica menzogna.
2017
Silvia, Albertazzi
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